Ma davvero non possiamo far nulla di fronte al continuo fallimento delle conferenze internazionali sul clima? Condannati all’impotenza di fronte al rischio sempre più alto che il pianeta venga sconvolto da cataclismi causati dagli stravolgimenti climatici prodotti dalle tante forme di inquinamento? No, rispondono le università di Cagliari e Auckland. Bisogna approntare sistemi di autodifesa in particolare contro i rischi delle inondazioni che diverranno sempre maggiori a causa del massiccio scioglimento dei ghiacciai.
I risultati della collaborazione su questo tema tra i due atenei sono stati resi pubblici nel corso di una conferenza tenuta a Cagliari pochi giorni dopo la conclusione dell’ennesima passerella mondiale di Scharm El Sheik denominata COP 27, finita nel peggiore dei modi: un nulla di fatto.
Le facoltà di scienza del mare della città più popolosa neozelandese e del capoluogo sardo hanno illustrato in qual modo diventa sempre più urgente intervenire per evitare che entro la fine del secolo il mare invada chilometri e chilometri di tratti costieri con inondazioni che causeranno enormi danni alle popolazioni residenti.
Il professor Giovanni Coco, dell’Università di Auckland ha detto che i fenomeni, attualmente sporadici, si intensificheranno sempre più con la possibilità che nell’arco di mezzo secolo possano diventare quotidiani.
Stessa sorte può determinarsi per le coste sarde, come ha riferito il professor Sandro Demuro, dell’Università di Cagliari, che coordina i progetti scientifici NEPTUNE 2 e dell’osservatorio MEDCOAST LAB. Uno studio degli arenili che ha tenuto conto anche di quanto sta accadendo sull’Adamello, nelle Alpi Retiche, con il progressivo e inarrestabile scioglimento di quel ghiacciaio.
Entrambe le ricerche hanno indicato come unica possibilità di autodifesa contro le inondazioni una radicale riduzione del peso antropico, in particolare delle costruzioni, e il rispetto della vita degli arenili, senza soffocarli utilizzando mezzi meccanici per la rimozione di rifiuti, procedimento che causa un pericoloso depauperamento della sabbia.
Le due università hanno avviato una collaborazione intensa, data la similitudine delle spiagge dei due territori così distanti fra loro. Nel Coastlab di Cagliari, diretto dal professor Demuro, vengono formati tanti giovani ricercatori che poi vengono impiegati anche negli interscambi scientifici con l’ateneo di Auckland. Ora la speranza è che il sasso lanciato nell’acqua stagnante delle misure di autodifesa naturalistica produca cerchi sempre più ampli, fino a sollecitare le istituzioni a maggiore attenzione e maggiori investimenti su programmi che possano garantire un pianeta ancora vivibile per le future generazioni.