Islam Murad Baloch, scappato dal Pakistan per salvarsi la vita, ha attraversato l’Iran e la Turchia ed i confini bulgaro e greco che si rivelano i più difficili da attraversare. Il suo difficile viaggio si avvia alla conclusione.
Dalla Grecia alla Macedonia
Per raggiungere la mia destinazione, io ed altri due amici abbiamo iniziato il viaggio verso la Macedonia.
Uno di questi due amici era cardiopatico e aveva già avuto due interventi chirurgici in Balochistan, nel 2001 e nel 2002, ma nonostante tutte le difficoltà, è stato coraggioso e non ha mai perso la speranza durante il viaggio; siamo sempre rimasti spalla a spalla e non ha mai smesso di motivarci ad andare avanti.
Il viaggio sarebbe stato difficile senza una guida che ci indicasse come arrivare nel paese successivo, così abbiamo contattato il trafficante successivo per attraversare il confine con la Macedonia.
Ci ha detto di andare a Salonicco e l’abbiamo raggiunto lì nella sua casa; ci ha poi detto di prendere un treno per attraversare il confine.
Non abbiamo preso i biglietti, ci hanno detto di sederci tra i vagoni quando il treno sarebbe partito dalla stazione e così abbiamo fatto, siamo saliti sul treno in corsa.
Nessuno sul treno sapeva che c’erano delle persone illegali sedute tra i vagoni, quindi ogni movimento era pericoloso, anche perché c’era il rischio di cadere.
Il trafficante ci aveva detto di saltare giù dopo tre ore di viaggio perché al confine con la Macedonia l’esercito controlla tutti i vagoni.
Sul treno c’erano tre aiutanti dei trafficanti, che ci hanno avvisato quando è stato il momento di saltare giù; alcuni di noi si sono fatti molto male.
Ci siamo nascosti nella jungle di giorno e ci muovevamo di notte per attraversare il confine.
I tre aiutanti sono venuti con noi: uno stava all’inizio, uno in mezzo al gruppo e uno alla fine, ci obbligavano a camminare veloci e punivano chiunque fosse troppo debole per proseguire.
Ogni volta che dovevamo attraversare una strada ci obbligavano a correre.
Eravamo provati e indeboliti dal viaggio ed era difficilissimo correre, ma eravamo costretti a farlo. Questo viaggio di due giorni senza mai fermarci ha messo a dura prova il mio amico cardiopatico, non riusciva più ad andare avanti; lui e un altro mio amico sono stati lasciati indietro dai trafficanti perché non riuscivano più a camminare.
Nei momenti difficili ero sempre rimasto con loro e li avevo accompagnati, ma l’ultima volta che sono rimasti indietro non mi sono fermato perché ho pensato che attraversare le Forestay Mountains era già difficile per una persona normale, figuriamoci per un cardiopatico.
Andando avanti, il mio amico si è perso e quando ho chiesto informazioni al trafficante mi ha risposto che lui non c’era più.
Ero scioccato e scoraggiato: volevo tornare indietro per cercare i miei amici, ma il trafficante non mi dava il permesso.
Insistendo mi ha detto che mi avrebbe lasciato tornare indietro se gli avessi dato 1000 euro: gli ho assicurato che avrei chiamato a casa per farmi mandare i soldi, ma non mi ha lasciato andare.
Mentre camminavo nel bosco ripido sono scivolato e mi sono fatto così tanto male che non riuscivo più a continuare il viaggio.
Il trafficante ha lasciato indietro anche me nella jungle.
Ho passato tutta la notte con un dolore fortissimo e il giorno dopo sono andato al mercato della città più vicina, dove ho comprato una SIM e del cibo.
Quando ho avuto accesso ad Internet ho ricevuto un messaggio dal mio amico cardiopatico che mi diceva che era sano e salvo e che erano al confine tra Macedonia e Serbia!
Ero così felice che non riesco ad esprimere a parole l’emozione che ho provato in quel momento: apprendere questa notizia mi ha fatto dimeticare il dolore e la stanchezza, anche se ero ferito ed esausto.
Ho camminato due giorni per raggiungere la città macedone di Belves, dove ho preso un taxi per andare a Skopje, la capitale della Macedonia.
Arrivato lì, ho chiamato un trafficante che mi facesse attraversare il confine.
È venuto a prendermi alle 11 di sera: era un viaggio di 10 minuti in macchina e il trafficante mi ha chiesto 1000 euro, più 50 per il tassista.
Li ho pagati e mi hanno portato fino ad una stazione dei bus in Serbia.
Essendo tarda notte era chiusa, quindi ho dormito fuori e il giorno dopo ho comprato un biglietto per Belgrado, la capitale della Serbia.
La fine del viaggio. Serbia, Bosnia, Croazia, Slovenia, Italia, Francia, Olanda
Arrivato lì mi sono ritrovato senza soldi.
Ho visto un ragazzo pakistano che aveva un passaporto e che poteva quindi prelevare i soldi dal mio conto senza problemi: mi ha detto che l’avrebbe fatto in cambio di metà della somma.
Non avevo altre opzioni quindi ho accettato l’accordo, ma poi ha preso tutti i soldi ed è scappato.
Sono rimasto lì due giorni senza sapere cosa fare, ma per fortuna il giorno dopo ho trovato un indiano che mi ha aiutato a prelevare i soldi senza volerne in cambio.
Ho insistito per dargli qualcosa ma non voleva niente, così gli ho offerto il pranzo.
Dopo aver mangiato ho comprato un biglietto per Ljubovija, una città tra Serbia e Bosnia.
Per passare il confine bisogna attraversare un fiume quindi ho contattato un trafficante con la barca.
Mi ha mandato la posizione del luogo in cui ci dovevamo incontrare quella notte.
Arrivato lì ho visto che c’erano anche altri rifugiati che aspettavano per attraversare il confine.
Il trafficante ha portato tutti oltre il fiume e poi siamo andati nella stazione più vicina che però era chiusa.
Abbiamo passato la notte lì e il giorno dopo ho preso un biglietto per la città bosniaca di Tuzla.
Da Tuzla ho preso un biglietto per raggiungere Sarajevo, la capitale della Bosnia, dove ho preso un altro taxi per arrivare al campo per i rifugiati della città.
Qui mi sono riposato qualche giorno e poi ho preso un bus per andare al campo di Kladusa Mirle, vicino al confine tra Bosnia e Croazia.
Il viaggio è stato lungo e, arrivato a Kladusa, mi sono fermato una settimana e mi sono preparato per la Croazia: ho comprato cibo, acqua e altre cose utili per il viaggio.
Siamo partiti in tre e ognuno di noi aveva tre bottigliette di acqua da mezzo litro.
La Croazia è uno dei confini più difficili da superare perché la polizia ha messo telecamere anche sugli alberi e sulle montagne per arrestare i rifugiati.
Ci siamo quindi organizzati per attraversare il confine partendo dalle montagne più alte, in modo che la polizia non ci vedesse, anche se era molto pericoloso e potevamo rischiare di morire.
Abbiamo intrapreso il viaggio con molto impegno e serietà, per essere pronti ad affrontare qualsiasi difficoltà, come avevamo fatto nei confini precedenti.
Il quarto giorno di cammino ha iniziato a piovere e ha continuato finché non siamo arrivati al confine con la Slovenia.
Sul confine c’era un fiume molto grande e molto difficile da superare perché l’acqua era molto alta a causa delle forti piogge. Eravamo esausti per i quindici giorni di viaggio, ma non potevamo dormire altrimenti avremmo rischiato di farci trovare dalla polizia croata ed essere deportati in Bosnia. Finalmente abbiamo trovato un punto in cui il fiume era un po’ più stretto e siamo riusciti a passare il confine. Da lì abbiamo camminato un altro giorno e siamo arrivati a Trieste, in Italia.
Dall’Italia ho preso un treno per la Francia e poi sono arrivato in Olanda, dopo un lungo viaggio tra la vita e la morte.
Non consiglio a nessuno di intraprendere questo viaggio, è meglio morire a casa piuttosto di affrontare un viaggio così difficile, umiliante e soffocante.
Sono stati i giorni più duri della mia vita, ma non avevo alternative, altrimenti sarei stato rapito dall’intelligence pakistana e il mio corpo sarebbe stato gettato nel deserto.
Siamo nati liberi e vivere in modo libero è un nostro diritto fondamentale.
Una delle mille storie lungo la rotta balcanica – prima parte
Una delle mille storie lungo la rotta balcanica – seconda parte