11 giorni di attacchi turchi contro i curdi nel nord est della Siria. L’ammassamento di truppe sul confine è pronto, secondo quanto scrive la stampa di Ankara. I comandanti delle milizie dell’opposizione siriana hanno svolto una riunione con i comandanti delle truppe d’occupazione turche e sostengono che l’ennesima “offensiva di terra sarà condotta tra qualche giorno, sarà limitata nel tempo ma durissima”, come ha affermato il capo dell’esercito libero siriano.
I comandanti statunitensi in Siria continuano ad escludere che Ankara decida un’operazione militare in questa fase, ma non si sa su quale base siano arrivati a questo convincimento. I militari russi negli incontri bilaterali con i comandanti curdi hanno avanzato la proposta del ritiro dei combattenti curdi a 30 km dal confine turco e l’entrata in quel territorio delle truppe di Damasco, con il mantenimento dell’amministrazione autonoma dei consigli locali.
Le Forze democratiche siriana (SDF) hanno rivolto un appello all’esercito di Damasco di difendere i confini della Siria dall’invasione turca, ma i generali di Assad hanno risposto con la solita retorica parolaia di “opporsi ad ogni invasione illegale e violazione della sovranità”, ma hanno declinato la richiesta di schierare i loro carri armati in difesa dei confini e chiesto, invece, lo scioglimento delle SDF e l’arruolamento dei combattenti curdi nell’esercito come soldati, e non come unità combattenti organizzate.
Di fronte ai comandanti ed ai capi politici curdi siriani ci sono scelte difficili da compiere, una più amara dell’altra: combattere contro il secondo esercito della NATO, con il rischio di migliaia di morti e centinaia di migliaia di sfollati, oppure consegnarsi nelle mani del regime dopo 10 anni di autonomia, democrazia dal basso e libertà.