Un nuovo studio rivela come i Paesi ricchi si siano già assicurati il triplo delle dosi dell’antivirale Paxlovid prodotto da Pfizer e raccomandato dall’OMS rispetto ai Paesi a basso e medio reddito, pur rappresentando appena il 16% della popolazione mondiale
Per l’anno in corso l’Italia ha opzionato 600 mila trattamenti di Paxlovid, anche se finora ne ha utilizzati poco più di 82 mila.
Solo un quarto degli ordini è destinato ai Paesi a medio e basso reddito. La percentuale della popolazione vaccinata è ancora sotto il 20% nei Paesi poveri mentre in quelli ricchi si supera il 74%
Appello urgente alla vigilia della riunione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, per l’estensione dell’accordo de minimis sulla sospensione dei brevetti anche a terapie e test anti-Covid
Roma, 21 novembre 2022 – I Paesi ricchi si sono già assicurati il triplo delle dosi di Plaxovid – il principale anti-virale per il Covid-19 in commercio prodotto da Pfizer e raccomandato dall’Organizzazione mondiale della Sanità – rispetto ai Paesi a basso e medio reddito. Nonostante questi rappresentino l’84% della popolazione mondiale e abbiano un tasso di vaccinazione, e quindi di protezione dalla malattia grave, di gran lunga inferiore: la percentuale della popolazione vaccinata con ciclo primario completo è ancora sotto il 20% nei Paesi a basso reddito mentre in quelli ad alto reddito si supera il 74%.
L’Italia ad esempio – dove la percentuale di popolazione vaccinata con il ciclo iniziale completo supera l’81% – si è già assicurata 600 mila trattamenti, pur avendone utilizzate finora poco più di 82.000.
A rivelarlo è il nuovo studio realizzato dalla People’s Vaccine Alliance, di cui Oxfam e EMERGENCY sono membri, diffuso alla vigilia della riunione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, che discuterà ancora sulle regole di proprietà intellettuale relative a terapie e test COVID-19.
Un’analisi che – utilizzando i nuovi dati raccolti da Airfinity – evidenzia anche che solo un quarto degli ordini di Plaxovid andrà ai Paesi in via di sviluppo. E come allo stesso tempo alcuni Paesi a medio reddito potranno arrivare a pagare per un ciclo di Plaxovid fino 250 dollari a dose, ossia 10 volte il costo di un farmaco generico equivalente.
“Nella prima fase della pandemia, anteporre gli interessi economici del settore farmaceutico senza limitare i diritti legati alla tutela della proprietà intellettuale ha causato una enorme disuguaglianza nell’accesso ai vaccini tra Paesi ricchi e poveri, che è costata milioni di vite. Adesso si sta riproponendo lo stesso schema per i trattamenti antivirali. – hanno detto Sara Albiani, policy advisor su salute globale di Oxfam Italia e Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY – Ancora una volta Pfizer detiene un monopolio che impedisce ai Paesi più poveri di accedere alle cure, essenziali per salvare vite umane e ridurre l’impatto della pandemia su sistemi sanitari già fragili”.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha infatti raccomandato l’uso di Paxlovid per ridurre i tassi di ospedalizzazione e mortalità, chiedendo un accesso globale equo alle terapie come parte della strategia di mitigazione del long Covid: proprio il Paxlovid, secondo un recente studio, non ancora sottoposto a revisione, ne ridurrebbe infatti il rischio.
“I trattamenti anti-virali orali sono facili da somministrare e sarebbero fondamentali nei Paesi a basso reddito dove non ci sono strutture sanitarie in grado di fronteggiare nuovi picchi di contagi – aggiungono Albiani e Miccio – Eppure, al momento, sono accessibili quasi esclusivamente nei Paesi più ricchi, dove la popolazione è già significativamente protetta grazie ai vaccini e dove si può contare su diversi tipi di cure e un’assistenza sanitaria, che consente di sopravvivere in molti casi anche agli effetti più gravi che il virus può causare”.
Esistono altri 77 altri farmaci per la cura del Covid in fase di sperimentazione avanzata, ma i prezzi resteranno proibitivi
In più si deve considerare come al momento ci siano centinaia di altri potenziali farmaci per la cura del Covid-19, tra cui almeno 77 in fase avanzata di sperimentazione clinica, che potrebbero essere efficaci e avere un campo di applicazione più ampio. Tuttavia, le norme sulla proprietà intellettuale conferiscono a un ristretto numero di aziende il monopolio della fornitura, della distribuzione e del prezzo, con la conseguenza che i Paesi a basso e medio reddito non potranno usufruirne a prezzi accessibili.
L’appello all’Organizzazione Mondiale del Commercio
A giugno, dopo un anno e mezzo di negoziati, l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha respinto le proposte di deroga alle norme sulla proprietà intellettuale per tutte le tecnologie mediche Covid-19, adottando un testo di compromesso che riguarda solo i vaccini e i relativi brevetti.
“In vista dei colloqui che si terranno domani a Ginevra, lanciamo un appello urgente agli Stati membri dell’OMC, affinché concordino immediatamente un’estensione della deroga sulle norme di proprietà intellettuale che includa i trattamenti e i test, tale da consentire ai Paesi in via di sviluppo di produrre per i propri cittadini e di esportare, garantendo cure essenziali a prezzi contenuti.- concludono Albiani e Miccio – La salute pubblica deve prevalere sugli interessi commerciali, non si può consentire che siano le aziende a decidere chi debba vivere e chi debba morire”.