Negli Stati Uniti, in questi mesi di fermento sindacale durante il quale grandi imprese ostacolano il voto democratico dei lavoratori pro-sindacato, ritorna sovente il richiamo a quanto avvenuto pochi anni fa presso la CableVision di New York. Una vicenda assai significativa di metodi, anche illegali, per impedire il diritto di contrattazione collettiva. Un modello che oggi è replicato da settori del padronato, non amati in genere per i loro proventi da Paperoni, in crescita anche durante la pandemia, che si trovano ad affrontare un’inconsueta fase di attivismo sindacale.

Prima di raccontare la vicenda, torniamo brevemente indietro nel tempo, agli albori del movimento sindacale statunitense, per farci un’idea della storia e della normativa sindacale in quella nazione.

Una storia difficile

Negli Stati Uniti non è mai stato facile organizzare un sindacato sul posto di lavoro. Nell’Ottocento e nel Novecento l’ostacolo iniziale alla sindacalizzazione era la diversa lingua, religione, cultura dei lavoratori immigrati via via negli USA. Una barriera che rendeva difficile azioni collettive e che veniva utilizzata dal padronato come strumento di divisione.

Ad esempio, quando nel 1909 la Pressed Steel Car di McKees Rock (Pennsylvania) decise un salario interamente a cottimo, i 40 rappresentanti dei 6.000 lavoratori, di 14 nazionalità diverse, furono immediatamente licenziati e la zona si trasformò in “una grande prigione industriale”. Tredici operai furono uccisi e 76 feriti in uno sciopero che durò 45 giorni. I proprietari delle fabbriche organizzarono una spietata polizia a cavallo, i cui membri venivano chiamati cosacchi dagli operai russi, che fu infine sconfitta, così come il sistema a cottimo.

Nel 1912, nel corso del famoso sciopero dei tessili di Lawrence nel Massachusetts, quello de “Il pane e le rose” (We Want Bread and the Roses, too”), assemblee e volantini sindacali dovevano essere tradotti in 25 lingue differenti. L’Industrial Workers of the World (IWW) organizzò picchetti, raccolte di fondi e di combustibili per il riscaldamento e 11 mense per 50.000 persone. Il tutto messo dal padronato sotto controllo di agenti Pinkerton. Il Governatore dello Stato proclamò la legge marziale e gli industriali, In aggiunta alle 22 compagnie della Guardia nazionale, assoldarono da un’agenzia di Boston una cinquantina di delinquenti per compiere danneggiamenti e creare scompiglio. Dopo due mesi di sciopero, il Congresso federale aprì un’indagine sulle condizioni di lavoro nella città-fabbrica e il padronato, preoccupato anche da un’inchiesta federale sugli alti prezzi dei tessuti, offrì un accordo, ratificato da un’assemblea di 10.000 lavoratori.

Nel 1932 alcune migliaia degli 85.000 operai che Ford, industriale reazionario e antisemita ammirato da Hitler, aveva licenziato dalla fabbrica, marciarono, organizzati dal Sindacato e da Associazioni di disoccupati, da Dearborn, un sobborgo di Detroit, verso lo stabilimento di River Rouge (che, coi suoi oltre 100.000 lavoratori, era la fabbrica d’auto più grande del mondo). Affrontati da polizia e guardie di fabbrica, che spararono sul corteo anche con mitragliatrici, ebbero cinque morti e un’ottantina di feriti. Ancora nel 1937, una serie di fotografie documenta il pestaggio dei dirigenti sindacali (che intendevano distribuire volantini del Sindacato UAW di fronte ai cancelli della stessa fabbrica), iniziato con l’arrivo minaccioso dei guardiani del Ford Service Department e finito con i lavoratori contusi nel reparto di un ospedale. Ford fu sindacalizzata solamente nel 1941.

Perché è stato (ed è) così tanto difficile fare una scelta di adesione al sindacato che in buona parte del mondo, salvo le dittature, è una scelta libera dei lavoratori?

Ci sono norme che negli USA garantiscono il diritto alla contrattazione collettiva?

Sì, ci sono. Nel 1935, nei primi anni, i più fecondi per i lavoratori, del New Deal di F.D. Roosevelt, fu varato il NLRA (National Labor Relaction Act) o Wagner Act, che sancì il diritto alla libera iscrizione al sindacato e l’elezione a scrutinio segreto di rappresentanze aziendali dei lavoratori, che dovevano essere accettate dal padronato come controparte per la stipula dei contratti. Un apposito Ente pubblico, il National Labor Relations Board (NLRB), doveva garantire la contrattazione collettiva e la libertà di associazione e di negoziazione dei lavoratori, esaminare ed eventualmente sanzionare, i ricorsi per azioni illecite in materia di lavoro. La procedura del NLRA, ricollegandosi alla tradizione politica maggioritaria anglosassone, prevede, dopo una raccolta di firme di almeno il 30% degli addetti, l’elezione di un unico sindacato delegato alle trattative con l’azienda, il quale, se ottiene almeno il 50% dei voti, stipula (cerca di stipulare) un contratto, valido anche per i non iscritti.

Il riferimento di legge è ancora quello del 1935. Tutto a posto, allora? Mica tanto. Il NLRA è stato progressivamente depotenziato da leggi successive e sempre più esautorato e sotto-finanziato, in ultimo durante la Presidenza Trump.

Azioni antisindacali

E poi oggi gli strumenti per ostacolare la sindacalizzazione sono molto più raffinati e invasivi. Grandi aziende, anche con oltre 1 milione di dipendenti, come Walmart e Amazon, e anche medie aziende come Starbucks e Apple (per citarne solo alcune), assoldano spesso studi legali specializzati in union busting (azioni antisindacali), chiedono una presenza obbligatoria a riunioni di propaganda antisindacale, monitorano nei reparti l’attività lavorativa dei propri dipendenti con telecamere diffuse e la possibilità di riunioni o azioni sindacali con rilevazione delle mappe di calore e controllano anche le opinioni dei lavoratori scritte sui social media. Alcune aziende impongono ritmi di lavori partoriti con algoritmi che prosciugano tutte le pause umane e infine licenziano coloro che si espongono a perorare la necessità del sindacato.

Nell’ultimo biennio ha conquistato le pagine dei mezzi di comunicazione la crescita di iniziative sindacali  ben al di là dei tradizionali settori dove persiste una ridotta adesione al sindacato (solo il 6% dei lavoratori del settore privato è oggi iscritto negli USA). Queste iniziative, favorite anche dalla situazione di relativa forza dovuta alla diminuzione della disoccupazione e dall’ondata di abbandoni volontari dal lavoro salariato (la c.d. Great Resignation: 4,5 milioni di dimissioni nel solo novembre 2021), così come dalla necessità di proteggersi dall’epidemia covid e dall’aumento dell’inflazione (dovuto anche all’impegno militare indiretto in Ucraina), sono promosse soprattutto da giovani e donne. Starbucks ha ormai più di 150 negozi sindacalizzati, ma non è ancora iniziata una trattativa, perché l’azienda gioca sulla dilazione sperando nell’abbandono dei dipendenti dovuto al consueto altissimo turnover, tipico dei settori della distribuzione di merci.

Di converso, sono cresciute le denunce per ostacoli e/o forti condizionamenti padronali al voto dei lavoratori per sindacalizzarsi e centinaia di licenziamenti, a cui cerca di fronte il NLRB, che sovente dà ragione ai lavoratori. Ad esempio, la proprietà delle caffetterie Starbucks ha incassato in due anni 300 accuse di pratiche sleali adottate e una sconfitta nella decisione di dare aumenti solamente ai dipendenti di negozi non sindacalizzati.

Mentre nascono richieste di voto sindacale nei suoi stabilimenti, Amazon ha dichiarato che impugnerà fino all’estrema Corte la sua prima sconfitta nella sede di Staten Island (New York). Nel frattempo, ristagna da mesi in Parlamento la legge Protect the Right to Organize PRO Act, che renderebbe più facile la costruzione del sindacato, imporrebbe sanzioni ai datori di lavoro fuorilegge e una vera contrattazione in buona fede con mediazione e arbitrato come sostegno quando questa è ostacolata.

Il caso CableVision

E veniamo infine a CableVision (ora Optimum) di New York, una società televisiva via cavo, connessioni internet e telefoniche, ora incorporata nel gruppo olandese Altice. Utilizziamo, per narrare la sua lunga vertenza, vari articoli, citati in calce e il sito del Sindacato CWA, in cui compare una foto dei lavoratori che festeggiano la vittoria dopo tre anni di ostracismo padronale.

La vicenda sindacale iniziò nel gennaio 2012, quando 180 (su 226) tecnici della Brooklyn Cablevision, ispirati da un massiccio sciopero dei lavoratori telefonici di New York e del New England contro Verizon, votarono sì per aderire al Communications Workers of America (CWA) Local 1109, dopo che, nei precedenti 20 anni, erano falliti altri tentativi di sindacalizzazione.  Il Comitato organizzativo si riuniva in un garage di Brooklyn. Alcuni dei presenti erano anche attivi in Black Lives Matter e in Occupy Wall Street. Le questioni in ballo non erano solo l’aumento salariale, ma anche la sicurezza sul lavoro e la trasparenza sulle carriere e sui reclami.

L’azienda ha speso allora milioni di dollari in annunci antisindacali pubblicati sulla stampa, elargito aumenti da 2 a 9 dollari l’ora a 17.000 lavoratori al di fuori di Brooklyn, assoldato studi legali per screditare il sindacato e praticare una finta contrattazione in malafede (pagando il negoziatore principale 1.000 dollari all’ora), ha licenziato e poi ha dovuto riassumere 22 lavoratori quando, di fronte alle pressioni sindacali e alle centinaia di minacce di disdetta del servizio da parte della clientela, è intervenuto il NLRB per sanzionare l’intimidazione aziendale. I 22 furono accompagnati al posto di lavoro da membri della comunità, laici e religiosi e da quasi tutti i candidati sindaco dell’epoca, tra cui il futuro Sindaco di New York Bill de Blasio, testimonianza di un forte sostegno pubblico per i lavoratori, anche da parte della maggioranza del Consiglio Comunale della città.

Contemporaneamente ai licenziamenti, il proprietario si era presentato in azienda comunicando ai dipendenti rimasti che era possibile, passato un anno dal voto,  decertificare, ossia rinnegare, il Sindacato.  Una petizione in tal senso, presentata da un gruppo di lavoratori antisindacali, fu respinta dal NLRB per irregolarità; allora l’azienda non trovò di meglio che promuovere una propria votazione (illegittima, anche perché il voto non fu segreto) seguita da un altro annuncio a pagamento sui giornali per annunciare la propria vittoria (seppure per soli 14 voti).

Nel frattempo, gli organizzatori sindacali tenevano i contatti per telefono con i colleghi, molti dei quali lavorano da soli, viaggiando di casa in casa per installare e riparare i cavi. Vennero organizzate  manifestazioni e aleggiarono pure ipotesi di proteste pubbliche in occasione delle partite delle squadre di pallacanestro del proprietario di CableVision. I sindacalisti denunciarono al NLRB la manovra che prometteva aumenti ai lavoratori per convincerli a votare contro il sindacato.

Infine, dopo tre anni, i lavoratori hanno potuto valutare e approvare il loro primo contratto collettivo.  Il testo, validato dal NLRB, riassumeva le fasi della vertenza ed era lungo più di 70 pagine. L’accordo prevedeva aumenti salariali, giusta causa dei licenziamenti, procedure di reclamo e arbitrato e limitazioni all’utilizzo di personale precario. Con ciò questi 200 lavoratori dettero un contributo indiretto al miglioramento delle condizioni di lavoro di 15.000 colleghi a livello nazionale.

Restavano aperti i problemi dei dipendenti licenziati durante la vertenza: i 22 poi reintegrati non avevano ancora avuto i dovuti arretrati e il lavoratore che durante una riunione antisindacale aveva paragonato CableVision a una “nave di schiavi”, era ancora fuori. Nel 2019 un’altra sede aziendale ha votato per la sindacalizzazione.

La proprietà di CableVision comunque ha speso (inutilmente) un sacco di quattrini, così come stanno facendo Amazon e Starbucks e molte altre aziende, perché voleva riservarsi l’organizzazione del lavoro e anche il salario, l’orario, l’organico (e i relativi periodici licenziamenti). La costanza dei lavoratori però ha finito per costituire un esempio di come anche poche persone motivate possano organizzare una vertenza vittoriosa contro gli ostacoli che molte grandi aziende statunitensi mettono in atto per impedire una contrattazione collettiva, anche con metodi illegali.

Le richieste di rappresentanza sindacale aumentano

Nell’ultimo anno i lavoratori hanno vinto elezioni sindacali in tutti gli USA ed è cresciuta la credibilità del sindacato, soprattutto se nato e gestito dal basso. Nei primi nove mesi dell’anno fiscale 2022, dal 1° ottobre al 30 giugno, le richieste di rappresentanza sindacale presentate al NLRB sono aumentate del 58% rispetto all’analogo periodo fiscale precedente. Aziende mai sindacalizzate vedono le prime adesioni e nel pubblico impiego la presenza dei sindacati aumenta. Si assiste anche a più iniziative comuni tra sindacati, che spesso nel passato, alla sola ricerca di iscritti, avevano portato tra i lavoratori la concorrenza tipica degli imprenditori.

Il sindacato statunitense ha una ricca storia di lotte sociali che sono costate sacrifici e vittime e può dunque tornare protagonista e portatore di valori di solidarietà in una società sempre più divisa, in cui sono presenti inquietanti segnali di arretramento dei diritti.

Articoli di riferimento:

https://jacobin.com/2022/09/union-busting-amazon-nlrb-cablevision

https://www.laborpress.org/cablevision-s-union-busting-must-be-addressed/

https://www.thenation.com/article/archive/how-262-cable-technicians-defeated-union-busting-giant/