Il 24 dicembre 2014, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi annunciava in conferenza stampa i contenuti del settimo decreto Salva-Ilva. Quel giorno, in realtà, il decreto ancora non esisteva. E’ stato infatti scritto successivamente e non corrispondeva, nei suoi punti essenziali, a quei proclami. Dopo essere passato dalle mani del Senato – che ha apportato alcune modifiche per livellare le parossistiche divergenze tra ciò che era stato detto e che poi è stato scritto – il testo del decreto è giunto alla Camera.
Oggi, martedì 3 marzo 2015, siamo alle dichiarazioni finali di voto su un testo blindato.
Anche oggi Peacelink non resta in silenzio e sottolinea i seguenti punti:
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Siamo ufficialmente entrati nella fase dell’amministrazione straordinaria. I tre commissari straordinari sono stati posti al di sopra della Legge: la nuova legge “Salva-Ilva”, infatti, esclude la responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario “e dei soggetti da questo funzionalmente delegati” all’attuazione delle misure ambientali. Questa sospensione del diritto penale costituisce una scelta inammissibile in uno stato di diritto.
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La nuova legge “Salva-Ilva” legittima Ilva a continuare la produzione, nonostante il sequestro penale degli impianti dell’area a caldo disposto dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Taranto nel luglio 2012. La facoltà d’uso degli impianti sequestrati era stata concessa dalla Corte Costituzionale solo a patto che fosse rispettato il cronoprogramma previsto dall’A.I.A. 2012 (l’autorizzazione a produrre approvata dal Ministero dell’Ambiente a ottobre di quell’anno). Il cronoprogramma non è stato rispettato. E’ gravissimo che Ilva continui a produrre non rispettando il cronoprogramma ritenuto imprescindibile dalla Corte Costituzionale.
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La nuova legge “Salva-Ilva” testimonia dell’ostinato sostegno del Governo a un’azienda che produce perdite, una strategia fallimentare. Per di più – in modo del tutto anomalo – dal 2012 il bilancio di Ilva non è pubblico.
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Ilva non ha presentato un piano industriale e non è solvibile. Tuttavia, le banche presteranno denaro alla società. La nuova legge “Salva-Ilva” non fa che prolungarne l’agonia in una logica contraria ad ogni forma di economia sana. Riteniamo che questo sia finalizzato a soddisfare le banche creditrici di Ilva.
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Ilva ha un debito quantificato dal Tribunale fallimentare di Milano in 2,91 miliardi di euro, che la nuova legge “Salva-Ilva” scarica sulla collettività.
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La nuova legge “Salva-Ilva” è un malcelato aiuto di Stato in forma di crediti. Questo provocherà un intervento della Commissione Europea, dal momento che gli aiuti di Stato non sono consentiti dalla normativa europea (Art. 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea). Prestiti ad aziende non solvibili, nella legislazione vigente, sono equivalenti a reati.
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La nuova legge “Salva-Ilva” non scongiura il fallimento. Semplicemente lo procrastina un po’ più in là nel tempo, indebitando ulteriormente Ilva.
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La nuova legge “Salva-Ilva” fa riferimento alla messa a norma dello stabilimento (la Procura di Taranto aveva stimato una cifra di 8,1 miliardi di euro per realizzarla), ma nella realtà non assicura risorse finanziarie. La nuova legge autorizza il commissario straordinario a sottoscrivere con Fintecna S.p.A. un atto convenzionale di liquidazione dell’obbligazione di cui si occupa una clausola del contratto di cessione dell’Ilva Laminati Piani (oggi Ilva S.p.A.), pari a 156 milioni di euro; sono partite che comparivano come titoli di Stato tanti anni fa (al tempo della vendita dello stabilimento); quindi sono già debiti contratti dallo Stato. Il commissario è poi autorizzato a contrarre finanziamenti fino a 400 milioni di euro, con garanzia dello Stato. E’ una partita destinata al risanamento ambientale e alla ricerca, a sviluppo, innovazione, formazione e occupazione. Ma va restituita. La nuova Ilva si indebita già da ora per produrre in perdita (e la fermata dell’Altoforno 5 renderà impossibile il raggiungimento del punto di pareggio, già prima lontano).
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Non risulta predisposto alcun “piano B” dei lavoratori, non si assume alcun impegno per la formazione e l’impiego alternativo. Considerata la grave situazione finanziaria in cui versa Ilva, è irresponsabile.
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In realtà, ogni dettaglio della manovra prevista dalla nuova legge è pensato per l’interesse dei creditori dell’Ilva e scarica sul fisco gli oneri di mantenimento di un’azienda al collasso.
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Quanto all’indotto ILVA, le garanzie sono di carta. I creditori non avranno nulla, se Ilva continua a produrre in perdita.
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La nuova legge “Salva-Ilva” afferma che l’A.I.A. si intende rispettata se entro il 31 luglio 2015 sarà realizzato l’80% (rispetto al numero totale) di prescrizioni in scadenza a tale data. Ma è una proclamazione non credibile, nel momento in cui le risorse per adeguare gli impianti non ci sono e non è previsto un piano industriale che programmi investimenti in tal senso.
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La nuova legge “Salva-Ilva” vanifica gli scopi della Valutazione del Danno Sanitario (VDS). L’ISDE (Associazione Italiana Medici per l’Ambiente) aveva chiesto che la VDS fosse la base per rivedere in senso restrittivo le prescrizioni previste dall’A.I.A., persistendo un inaccettabile rischio cancerogeno.
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Il Presidente del Consiglio aveva promesso, nel presentare il decreto il 24 dicembre scorso, 30 milioni di euro da destinare alla ricerca sui tumori infantili. Nella nuova legge “Salva-Ilva” non ve n’è traccia: un emendamento autorizza la regione Puglia a spendere 0,5 milioni di euro per l’anno 2015 e 4,5 milioni di euro per l’anno 2016 per il “potenziamento della prevenzione e della cura nel settore della onco-ematologia pediatrica”. E’ una cifra deludente e comunque enormemente inferiore rispetto a quella promessa. Ed è paradossale, mentre si riconosce la necessità della prevenzione nell’ambito della onco-ematologia pediatrica, cercare di tenere in vita a qualunque prezzo l’azienda collegata a tale problema. Intanto, i risultati dello studio epidemiologico S.E.N.T.I.E.R.I. in siti industriali vengono ignorati, nonostante sofferenza e rischi accertati per 6 milioni di cittadini (il 10% della popolazione italiana).
Siamo quindi in presenza di una legge insensata che non offre un futuro all’ILVA ma una iniezione di morfina a un’azienda in fin di vita.
Quale logica e quale morale portano a sostenere una produzione siderurgica che soffre di un eccesso di capacità produttiva pari a 300 milioni di tonnellate/anno nel mondo, e a proseguire in una delle più massicce sperimentazioni che ha per oggetto la popolazione?