La Federazione Esperantista Italiana e il Gruppo Esperantista Bresciano ha organizzato l’89° Congresso Italiano di Esperanto, il più grande evento in Italia del movimento esperantista e uno dei più partecipati d’Europa. L’evento si è tenuto dal 20 al 27 agosto 2022, circa 200 persone da venti Paesi diversi (anche molto diversi, come: Cuba, Iran, Mali, Israele, Pakistan, Burundi…) dove è stato dibattuto il tema “La pace non capita per caso: il ruolo attivo delle relazioni tra città gemellate nella costruzione di un popolo europeo”, diventato attualmente ed inaspettatamente urgente e indifferibile. Ad un mese dalla fine del Congresso, ne parliamo con Luigi Fraccaroli, ex-Presidente del Gruppo Esperantista Bresciano ed eletto, durante la riunione telematica del 7 novembre 2020, Presidente della Federazione Esperantista Italiana per il triennio 2020-2023 dal Consiglio Nazionale della Federazione Esperantista Italiana.
Da quale esigenza nasce il Movimento Esperantista?
L’esperanto è stato ideato (nel 1887) in risposta alle tensioni etniche, evidenziate dalle diversità linguistiche, che rendevano difficile la convivenza nella città di Białystok (Impero Russo, oggi Polonia), luogo natale dell’inventore dell’esperanto Ludwik Lejzer Zamenhof. Subito molte persone si interessarono alla nuova lingua e crearono spontaneamente gruppi in varie città europee, dove si riunivano per testare le opportunità e l’usabilità della lingua. Da qui alla formazione di un movimento mondiale il passo è stato abbastanza breve: il primo Congresso Mondiale si svolse a Boulogne-sur-Mer (Francia) nel 1905.
Come si è consolidato nel tempo e come è arrivato in Italia?
La decisione di Zamenhof di cedere alla comunità mondiale qualsiasi diritto sulla lingua contribuì fortemente alla sua diffusione, in quanto ogni persona che la impari la apprende come “sua” lingua e non come lingua di qualcun altro.
Il primo esperantista italiano è Daniele Marignoni, di Crema, che già nel 1890 pubblicò il primo manuale di esperanto in italiano. Marignoni si avvicinò all’esperanto durante un soggiorno a Parigi, ed ebbe una corrispondenza con Zamenhof. Il gruppo esperantista di Milano fu fondato nel 1906 da Clarence Bicknell (di cui esiste il museo a Bordighera).
Cosa c’entra l’esperanto con il mito biblico della Torre di Babele?
L’esperanto si propone quale soluzione ideale al problema della diversità linguistica. A differenza di soluzioni basate su lingue etniche/nazionali, l’apprendimento dell’esperanto -ricordo, unica lingua internazionale non coloniale- non mette in pericolo la conoscenza della lingua madre, e permette quindi -anzi, favorisce- la protezione e il mantenimento anche delle lingue cosiddette minoritarie, che più hanno da temere dalla globalizzazione in atto su base economica. La Torre di Babele ci vorrebbe ammonire che basta confondere le lingue per affossare i progetti umani, mentre l’esperanto emerge come collante, discreto e ugualitario, per permettere a questi progetti di approdare alla méta.
Quest’anno si è svolto a Brescia l’89esimo Congresso della Federazione Esperantista Italiana, come è si è svolto?
L’89° Congresso Italiano di Esperanto (20-27 agosto 2022) ha avuto un grande successo di presenze (quasi 200 partecipanti -la metà stranieri- su oltre 220 iscritti) e di risonanza sui media. Durante la settimana si sono svolti seminari, sul tema (“La pace non capita per caso: il ruolo delle relazioni tra città gemellate nella costruzione di un popolo europeo”) e non, conferenze, dibattiti, riunioni delle associazioni di categoria. Ogni giorno erano previste due escursioni, per far conoscere il nostro territorio agli ospiti, e corsi di lingua base e avanzato, oltre agli esami; c’era anche un corso di italiano per stranieri. La sera, gli eventi teatrali e musicali sono stati accolti dal cortile del Palazzo Broletto nell’ambito del “Festival della cultura esperantista” patrocinato dal Comune. Presso l’auditorium San Barnaba si è svolta l’inaugurazione del Congresso, dove contemporaneamente si poteva usufruire dell’annullo filatelico speciale di Poste Italiane. Un autobus delle linee urbane circolava ogni giorno con la pubblicità del Congresso e del Festival. Su tutti i mezzi pubblici erano appese cartoline informative delle attività, così come nelle stazioni della metropolitana un video di trenta secondi riassumeva i momenti salienti del programma.
L’accoglienza della città è stata molto apprezzata. Gli alberghi scelti per gli ospiti (Ambasciatori, sede del Congresso, Master, Regal e Centro Paolo VI) sono stati all’altezza del nome e delle stelle.
Quali sono stati i principali temi trattati?
I seminari hanno trattato degli attuali conflitti nel Mediterraneo e delle reti sociali (come crearle e curarle). Le conferenze avevano temi vari: treni ibridi per migliorare l’ambiente; la storia culturale architettonica comune tra le città gemellate con Darmstadt (città gemellata con Brescia, con il cui Gruppo il Gruppo Esperantista Bresciano intrattiene rapporti molto stretti); esperanto e anarchismo: quando, dove, perché, come; la biochimica dell’innamoramento; la lingua italiana in Svizzera.
Una tavola rotonda bilingue sul tema “Quale ruolo delle città gemellate per cercare di ottenere la pace sul continente europeo?” si è svolta presso l’auditorium San Barnaba, con la partecipazione -fra gli altri- della Vicesindaco di Brescia Laura Castelletti e del presidente di Amnesty Italia Emanuele Russo.
Il film “Pino – vita accidentale di un anarchico” è stato proiettato in esperanto (prima proiezione assoluta) presso la sede del Congresso, e in italiano in una sala cittadina, con la partecipazione delle figlie di Giuseppe Pinelli, Claudia e Silvia.
Crede che un giorno le istituzioni internazionali riusciranno a liberarsi dell’inglese come “lingua ufficiale”, o vi è ancora una “geopolitica della lingua” troppo predominante?
Come presidente della Federazione Esperantista Italiana mi esprimo chiaramente a favore della soluzione linguistica basata sull’Esperanto, che rende “uguali” tutti gli uomini e le donne davanti alla comunicazione. Il tema politico della dipendenza delle istituzioni internazionali (e, più dolorosamente, soprattutto di quelle europee) dal predominio economico-militare degli Stati Uniti rimarrà, secondo me, ancora per qualche decennio nell’agenda pubblica. Finché le relazioni fra gli esseri umani saranno regolate dai rapporti di forza tra gli Stati, in barba a tutti i Trattati, le Convenzioni e le Dichiarazioni varrà la legge del più forte. L’esperanto è passato da essere conosciuto da una persona a essere parlato correntemente da due milioni di persone in poco più di 130 anni, un tempo brevissimo e soprattutto senza alcun aiuto da nessuna istituzione. A questo ritmo, tra 200 anni potrebbe essere parlato da un miliardo di persone, e allora potrebbe a buon diritto essere scelto quale lingua ausiliaria internazionale preferita.