Negli ultimi mesi si sono moltiplicate in Guatemala le manifestazioni di protesta contro quella che viene considerata una vera e propria deriva totalitaria, caratterizzata dall’assalto alle istituzioni da parte del cosiddetto ‘patto dei corrotti’, che riunisce oligarchia e settori ultraconservatori della società guatemalteca.
L’escalation repressiva, che va di pari passo con la militarizzazione della vita civile, è caratterizzata dalla sistematica persecuzione di attivisti sociali, difensori della terra e dei beni comuni, studenti, comunicatori sociali, giornalisti, operatori di giustizia e oppositori politici.
La recente frode alle elezioni per la scelta delle nuove autorità dell’università pubblica San Carlos de Guatemala (USAC), così come gli attacchi furibondi a giudici e pubblici ministeri, sono segnali evidenti del deterioramento delle istituzioni democratiche del paese centroamericano.
Una situazione che è diventata ancora più drammatica con la crisi economica causata dalla pandemia, l’impatto di due uragani (Eta e Iota) e l’incapacità, negligenza e disinteresse delle autorità di far fronte alle avversità.
Per questo motivo, lo scorso 9 e 11 agosto, l’Assemblea sociale e popolare del Guatemala, un organismo che riunisce un ampio spettro di organizzazioni, ha indetto uno ‘sciopero plurinazionale’ contro l’alto costo della vita, la corruzione, l’impunità, la cooptazione delle istituzioni e la criminalizzazione di lotta sociale.
Dalla regressione al consolidamento autoritario
Dopo la firma degli accordi di pace (1996), il Guatemala ha promosso una serie di azioni che hanno consentito cambiamenti significativi nel sistema giudiziario.
Queste riforme hanno facilitato i procedimenti penali contro ex militari che hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani durante il lungo conflitto armato interno, nonché di membri dell’élite politica e dell’oligarchia nazionale coinvolti in casi di corruzione, traffico di influenza e impunità.
La reazione ai processi e alle condanne di soggetti che storicamente hanno goduto di totale impunità, non solo è stata immediata, ma ha anche generato un’accelerazione senza precedenti dell’autoritarismo nel paese.
“Durante gli ultimi quattro anni abbiamo assistito a un’intensificazione del processo regressivo, mentre ora siamo già entrati in una fase di consolidamento dello Stato autoritario”, spiega Jorge Santos, coordinatore generale dell’Unità per la protezione dei difensori dei diritti umani in Guatemala (Udefegua).
Per analizzare e capire meglio cosa stia accadendo in Guatemala, Udefegua ha sistematizzato alcuni indicatori.
“In pratica stiamo assistendo a una vera e propria cooptazione istituzionale e all’allineamento dei tre poteri dello Stato. La popolazione è del tutto indifesa davanti a istituzioni totalmente controllate dal ‘patto dei corrotti’.
Sta aumentando la militarizzazione della società, non solo in termini di controllo del territorio, ma anche dell’appropriazione di spazi e sfere che corrispondono alle autorità civili”, afferma il difensore dei diritti umani.
Allo stesso tempo, continua Santos, assistiamo all’aumento del conservatorismo estremo, della violenza e della repressione, in particolare contro i settori meno protetti della società guatemalteca.
“Le popolazioni indigene, l’infanzia e la gioventù, donne e bambine, la comunità LGBTI sono le principali vittime di queste politiche regressive, con un aumento significativo degli atti di violenza, in particolare della violenza politica contro tutti coloro che vengono identificati come oppositori del regime”.
Omicidi, aggressioni e persecuzioni
Nel suo rapporto più recente, Udefegua segnala che nel 2021 sono stati registrati 1.002 attacchi contro individui, organizzazioni e comunità che difendono i diritti umani, inclusi 11 omicidi, 5 tentati omicidi e 5 casi di tortura e trattamenti crudeli, disumani e degradanti.
Sono stati inoltre documentati almeno 211 attacchi contro operatori di giustizia, come parte della scalata repressiva e del processo di cooptazione del sistema giudiziario.
In particolare, spiega Udefegua, la Procura della Repubblica “ha abbandonato le sue funzioni di controllo sull’osservanza delle leggi e di repressione dei reati contro le persone, le comunità e le organizzazioni”, e preferisce “garantire l’impunità degli aggressori e la criminalizzazione di chi difende i diritti”.
Sono anche stati registrati 127 attacchi contro giornalisti e comunicatori sociali e 147 contro difensori della terra e dei beni comuni.
Nella maggior parte dei casi si è trattato di atti di diffamazione (385), molestie (158), denunce giudiziarie infondate (101), detenzioni illegali (57), intimidazioni (52) e minacce verbali (24).
Più di 500 attacchi sono attribuibili a pubblici ufficiali e funzionari di governo.
“Ci troviamo di fronte a un’alleanza tra l’élite economica, che controlla il ‘patto dei corrotti’, quella politica e militare, che realizza le azioni progettate dall’oligarchia, e la criminalità organizzata. Sono questi gli attori che dirigono e portano avanti il processo di consolidamento dell’autoritarismo in Guatemala”, assicura Santos.
Le vittime
Per il coordinatore di Udefegua, le principali vittime dell’escalation autoritaria sono proprio quei settori che subiscono le devastazioni derivate dall’imposizione di un modello economico neoliberista estrattivista, che cerca di dare nuova linfa ai privilegi storici dell’oligarchia.
Il perfezionamento del modello economico – spiega il rapporto – viene imposto a ferro e fuoco, commettendo illeciti e togliendo di mezzo coloro che si oppongono.
“È proprio nei luoghi in cui si impongono alle popolazioni i progetti minerari, di produzione di energia elettrica, l’espansione delle monocolture intensive, la distruzione delle foreste, che si registra la maggior parte delle aggressioni e delle violenze contro chi difende la terra e i beni comuni”.
Poiché la fase di consolidamento dello Stato autoritario implica l’assunzione del controllo assoluto delle istituzioni, la strategia dell’aggressione si è rivolta anche contro quegli operatori di giustizia che conducevano le indagini a carico di ex militari e oligarchi.
Attualmente si stima che siano almeno 24 i giudici e i pm che hanno dovuto abbandonare il Paese. Lo stesso sta accadendo con altri funzionari giudiziari e difensori dei diritti umani.
Allo stesso modo, Udefegua registra l’attacco sistematico contro quei mezzi di comunicazione che si dedicano in particolare alla denuncia di casi di corruzione e traffici di influenza, che coinvolgono tanto il presidente Alejandro Giammattei quanto persone di sua fiducia.
Il rapporto cita, tra gli altri, casi emblematici come gli attacchi contro i giornalisti Michelle Mendoza, Sonny Figueroa, Marvin del Cid, Juan Luís Font, Carlos Ernesto Choc e, più recentemente, contro José Rubén Zamora, editore di El Periódico.
Vittime degli attacchi sono anche organi di stampa come La Hora, Plaza Pública, Prensa Comunitaria, No Ficción, Quórum e lo stesso El Periódico.
“Aggressioni, diffamazione e stigmatizzazione di giornalisti e comunicatori sociali, nonché minacce, furto di attrezzature e incursioni violente fanno parte di questo ambiente che si sta installando nel Paese”, afferma Santos.
La stessa cosa accade al Procuratore per i diritti umani uscente (il suo mandato termina il prossimo 20 agosto) Jordán Rodas, che ha subito attacchi sistematici durante tutto il suo periodo e che ora sarà sostituito da una persona totalmente piegata agli interessi del ‘patto dei corrotti’.
“Faranno la stessa cosa che hanno fatto in Procura, ovvero annientare l’istituzionalità e clonarla a proprio piacimento. Quello che stanno cercando di fare è ripristinare il vecchio ordine violento e impune del passato che ha affamato milioni di famiglie”.
Unità, resistenza e azione
Finora, la mobilitazione di ampi settori della società guatemalteca non è stata in grado di generare cambiamenti sostanziali, né di mettere in scacco il ‘patto dei corrotti’.
Secondo Jorge Santos, esiste un fenomeno legato alle stesse espressioni democratiche, progressiste, di sinistra e persino rivoluzionarie della società guatemalteca, che, fino ad ora, ha reso impossibile la creazione di un’articolazione ampia che riunisca tutte queste forze vitali.
“Ci sono almeno cinque espressioni sociali e politiche con queste caratteristiche che, invece di unirsi, continuano a rimanere divise, a farsi concorrenza. Tra l’altro in uno scenario elettorale in cui tutto è predisposto affinché il cittadino non possa esercitare veramente il suo diritto di scelta, ma solo scegliere tra le opzioni politiche che l’oligarchia ha già definito. Si tratta quindi di una dittatura di nuovo tipo, con un’oligarchia che, a prescindere dall’attore politico al governo, è colei che esercita il potere reale”, spiega Santos.
L’anno prossimo si terranno nuove elezioni generali in Guatemala e sono già state denunciate tutta una serie di azioni delle autorità elettorali, tendenti a limitare o ostacolare la partecipazione di partiti che rappresenterebbero un cambiamento.
In questo contesto di cooptazione istituzionale, l’obiettivo è quello di favorire le opzioni delle destre, consolidando lo schema autoritario che si sta sperimentando nel Paese.
“Qui non si tratta di brogli elettorali durante e dopo il voto, ma di azioni fraudolente durante i mesi precedenti la data delle elezioni, per determinare chi saranno gli attori politici che avranno l’autorizzazione a partecipare come candidati.
Stiamo vedendo, spiega Santos, come la figlia del genocida Ríos Montt stia creando un’alleanza politica oligarchico-militare con il figlio dell’ex presidente Álvaro Arzu, principale promotore del modello neoliberista che ha privatizzato la cosa pubblica e saccheggiato le arche dello Stato e le risorse del Paese”.
Nonostante le difficoltà e lo scenario complesso in cui si sta muovendo il Guatemala, la resistenza continua e la gente è ancora in piazza.
“Ovunque vai, nei 22 dipartimenti e nei 340 comuni c’è resistenza e difesa dei diritti umani. Il regime ha dovuto imporre lo stato di emergenza e militarizzare il territorio per cercare di fermare la protesta. Le popolazioni si mobilitano permanentemente in difesa dei propri diritti e dei propri territori, cercando di ribaltare questo scenario.
Le persone vengono in tribunale per sostenere i pm e i giudici vittime di persecuzione. Lo stesso fanno per far sentire il loro appoggio ai difensori dei diritti umani e alle comunità criminalizzate.
Prima o poi, conclude il difensore dei diritti umani, ci renderemo conto che è necessario compiere il salto di qualità e creare una grande articolazione sociale e politica, indispensabile se si vuole sconfiggere il ‘patto dei corrotti'”.
Fonte: LINyM (spagnolo)