“La guerra genera guerra, un terrorismo contro l’altro, tanto a pagare saranno poi civili inermi”. Gino Strada.

Afghanistan: cosa sta succedendo nel Paese?

L’immensa attenzione mediatica rivolta alla guerra in Ucraina, certamente dovuta anche alle varie dipendenze economiche dell’Europa e dell’Italia rispetto a quell’area geografica, ha messo in secondo piano le notizie dall’Asia Centrale.

Manifestazione per l’Afghanistan a Roma il 21 Agosto 2021

Un anno fa, il 15 agosto del 2021, i Talebani prendevano il potere conquistando Kabul e rovesciando il governo. Dopo 20 anni, una nuova generazione di integralisti islamici si insediava, dichiarando al mondo che nessun diritto acquisito fino a quel momento sarebbe stato cancellato o messo in pericolo. Ci tenevano, i nuovi Talebani, a marcare la differenza con quelli precedenti.

Il presidente Ghani prendeva la via della fuga insieme a decine di funzionari governativi, lasciando un Paese a se stesso. Prima della fine del mese, gli USA si ritiravano, insieme al Regno Unito, all’Italia e a tutte quelle missioni che fino a quel momento erano state in essere. Iniziava la diaspora di intellettuali, artisti, sportivi, e gente comune che assaltava l’aeroporto di Kabul in preda al panico.

Quella che era, a detta dei Talebani, quasi una rivoluzione gentile, si è trasformata in una regressione in nome dell’islamismo più estremo, e forse le prime a pagarne le conseguenze sono state le donne.

Diritti umani violati, Covid, terremoto, carestia, estromissione dai rapporti internazionali: questa è la situazione dell’Afghanistan oggi. Senza contare la repressione verso i giornalisti e gli attivisti. Proprio in questi giorni poi, con un’azione di precisione chirurgica, gli USA hanno eliminato Al Zawahiri, leader di Al Qaida, colpito sul balcone di casa da droni della CIA.

Cosa sta succedendo nel Paese? E soprattutto, cosa i nostri occhi occidentali non riescono o non vogliono vedere?

Essere donna in Afghanistan

Il rapporto di Amnesty International intitolato “Morte al rallentatore: le donne e le bambine sotto il regime dei Taleban”, dipinge la situazione attuale nel Paese. “Da quando, nell’agosto 2021, hanno assunto il controllo dell’Afghanistan, i Talebani stanno violando i diritti delle donne e delle bambine all’istruzione, al lavoro e alla libertà di movimento, azzerando il sistema di protezione e sostegno per le donne che fuggono dalla violenza domestica, arrestando donne e bambine per minime infrazioni a norme discriminatorie e contribuendo all’aumento dei matrimoni infantili, precoci e forzati”, è dichiarato sul rapporto. Il ripristino del burqa, il divieto di accesso all’istruzione, l’obbligo di uscire accompagnate da un uomo sono solo alcune delle limitazioni imposte da regime. Le proteste delle donne, laddove sono state coraggiosamente fatte, hanno portato alla repressione. Sempre Amnesty, che ha intervistato 90 donne e 11 bambine tra i 14 e i 74 anni nel periodo settembre 2021/giugno 2022, ha riportato una testimonianza tra le tante.

Loro (le guardie talebane, ndr) venivano nella mia stanza e mi mostravano fotografie dei miei familiari, ripetendo: “Possiamo ucciderli e tu non potrai fare nulla. Non piangere, non fare la scena. Dopo che avevi preso parte alle proteste, dovevi aspettartelo. Poi hanno chiuso la porta dietro le loro spalle e uno di loro ha iniziato a urlare: “Donna spregevole. L’America non ci dà i soldi per colpa di puttane come te. Poi mi ha preso a calci, ferendomi alla schiena e al mento. Mi fa ancora male la bocca, provo dolore appena inizio a parlare”.

Inoltre, è bene ricordare il divieto per le donne di guidare l’automobile; il “consiglio” di restare in casa invece di lavorare e non da ultimo, l’istituzione del Ministero per la soppressione del vizio e la promozione della virtù, che ha sostituito il dicastero per gli Affari femminili. E’ tuttavia indicativo il fatto che questo ministero era già attivo negli anni ’90 e venne chiuso nel 2001, a significare che un Paese deve essere capace di cambiamento e non di un abile camouflage. 

Covid, terremoto e carestia

Secondo il sito della Difesa, la situazione economica in Afghanistan sarebbe gravissima. Il rapporto UNAMA (United Nations Assistance Mission in Afghanistan), parla di un Paese nel quale “circa 24,4 milioni di persone, ovvero il 59% della popolazione, hanno bisogno di assistenza umanitaria, rispetto ai 18,4 milioni dell’inizio del 2021.”

Il 3 aprile di quest’anno, i Talebani avevano vietato l’uso di oppiacei; sembra però che invece sia aumentata la produzione di metanfetamine ricavate dall’efedra, vegetale molto diffuso sul territorio e con maggior facilità di lavorazione. Anche il mercato dell’oppio pare abbia aumentato il suo volume d’affari, se è vero che la guerra in Ucraina ne abbia richiesto grosse quantità che, ovviamente, rappresentano un forte guadagno per i Talebani.

Il terremoto dello scorso giugno, di magnitudo 6,1, ha provocato il crollo delle case e la morte di oltre 250 persone. Una tragedia sull’altra, insomma. Senza parlare del Covid o di altre malattie delle quali si muore vista anche la situazione sanitaria afghana.

Ma in tutto questo, chi ci guadagna?

Assange affermava che “l’obiettivo in Afghanistan era sempre stato quello di lavare il denaro degli introiti fiscali di USA ed Europa tramite l’invasione del Paese, per poi metterlo nelle mani di un’elite di sicurezza transnazionaleQuel che è certo, però, è che le ricchezze minerarie afghane fanno gola a molti, disposti a far finta di non vedere ciò che accade. Intanto, continua l’opera diplomatica talebana per il riconoscimento del governo da parte degli Stati esteri: dall’incontro di Oslo nel marzo scorso nulla è cambiato, ossia l’Unione Europea non ha comunicato decisioni in merito e il Ministro degli Esteri Di Maio si è dichiarato contrario al riconoscimento da parte dell’Italia. Il pressing più forte è quello verso il Pakistan e l’Arabia Saudita, ma per ora non si hanno notizie ufficiali in merito.

Come diceva Gino Strada “Con un ventesimo di quei soldi, l’Afghanistan oggi sarebbe una nuova Svizzera”. E invece no, e la situazione è sotto gli occhi di tutti, o per lo meno di chi vuol davvero vederla.

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