Il diritto alla casa è senz’altro uno tra i diritti più negati nel nostro Paese. Ad una parte sempre più significativa della nostra popolazione viene negato il diritto ad avere un’abitazione e, di conseguenza, a poter vivere dignitosamente. Sempre più cittadini e famiglie non avendo la possibilità di garantirsi stabilmente una casa decente sono così costretti a fare i conti con privazioni e situazioni di disagio grave, temporaneo o stabile. L’attuale offerta pubblica di abitazioni è –come è noto– del tutto insufficiente e le politiche correlate alla casa risultano da tempo del tutto inadeguate. Il patrimonio abitativo pubblico (ERP) esistente è storicamente esiguo, appena il 4% del numero totale di abitazioni rispetto a valori quattro volte superiori in Francia o in Gran Bretagna e riesce a soddisfare solo una piccolissima percentuale, stimata tra il 3 e il 5%, delle domande ora presenti nelle graduatorie. A questa atavica carenza si aggiunge poi l’assenza di iniziative volte a favorire l’accesso ad abitazioni in affitto a costi economicamente sostenibili, chiudendo così il cerchio della perenne emergenza abitativa.
Qualche settimana fa l’Osservatorio nazionale sulle politiche abitative e di rigenerazione urbana ha presentato un interessante documento dal titolo: “Rilanciare le politiche pubbliche per l’abitare”, frutto di un lavoro collettivo promosso dal Forum Disuguaglianze e Diversità e da altri soggetti, che ha coinvolto nei mesi da gennaio a giugno 2022 un gruppo di esperti, organizzazioni sindacali, associazioni, operatori e operatrici del settore, studiosi e ricercatori, analisti di politiche della casa, tutti spinti dalla necessità di affrontare con urgenza, sistematicità e pragmatismo la questione dell’abitare (fanno parte dell’Osservatorio: Forum Disuguaglianze e Diversità, Caritas, Legambiente, Unione Inquilini, Sunia, UNIAT, Cgil, Cisl, Uil, Sicet, Forum Terzo Settore Lazio, Rete Numeri Pari, Libera, VAS-Verdi Ambiente e Società, Università La Sapienza, Politecnico di Milano, Politecnico di Bari, IUAV, Università di Catania, Università di Trieste).
I dati sulla precarietà abitativa riportati nel documento danno plastica evidenza delle conseguenze delle scelte nefaste che sulla casa che si sono succedute nel tempo: in Italia ci sono 650 mila famiglie nelle graduatorie comunali per l’accesso ad una casa popolare (circa 1,4 milioni di persone); ogni anno vengono emesse tra le 40.000 e le 50.000 sentenze di sfratto che coinvolgono almeno 120.000 persone con almeno 30.000 minori; ogni anno vengono eseguiti con la forza pubblica tra i 25.000 e i 30.000 sfratti che vedono coinvolti almeno 15/18.000 minori; mai, nei casi di esecuzione degli sfratti, si assiste ad un passaggio da casa a casa, quasi mai sono presenti assistenti sociali o rappresentanti dei Comuni; al massimo e raramente si propone alle famiglie a tempo determinato alberghi o case famiglie, sempre dividendo le famiglie, in evidente violazione della Convenzione internazionale sull’infanzia e l’adolescenza; sono almeno 50.000, in Italia, ma è un dato sottostimato, le persone senza dimora; in Italia ci sono almeno 48.000 case popolari non utilizzate per mancata manutenzione; il 41% (866.000) delle famiglie in povertà in Italia abitano in affitto contro la media nazionale del 18% e per questa categoria la voce affitto rappresenta il 35,9% della spesa familiare rispetto al 22,3% dei non poveri.
L’Osservatorio per cercare di superare la gravissima crisi dell’abitare che va avanti da decenni chiede innanzitutto “il rilancio dell’Edilizia Residenziale Pubblica con un programma pluriennale, che possa sanare una carenza che le stime più accreditate indicano in 500mila alloggi”. Un obiettivo da raggiungere però “senza ulteriore consumo di suolo, partendo dal recupero e dal riuso del patrimonio edilizio esistente e dismesso, privato e pubblico, aggredendo così anche uno tra i primi fattori di degrado nelle nostre città. I dati ISTAT -si precisa nel documento- parlano di un numero che si aggira tra 1 e più di 2 milioni di edifici abbandonati su 40 milioni”. Il documento indica 4 leve da utilizzare: riadattare, riqualificandole, le abitazioni ERP alle nuove dimensioni dei nuclei familiari; recuperare il patrimonio pubblico dismesso e inutilizzato, operazione non semplice ma, come dimostrato da diverse esperienze, fattibile in presenza di una forte volontà politica; recuperare il patrimonio privato inutilizzato, attraverso la leva della fiscalità, rendendo oneroso, al pari di molti paesi europei, il mantenimento di case vuote e sfitte; diffondere e rendere più sistematico l’autorecupero.
Per l’Osservatorio nazionale sulle politiche abitative “occorre poi dare una risposta anche a coloro che non hanno i requisiti per accedere alle case popolari, e che sono una fascia di persone molto diversificata nella sua composizione e sempre più ampia, per l‘intensità e durata della crisi e per la limitatezza del patrimonio pubblico”. E, a tal fine, sottolinea che “bisogna superare le ambiguità e contraddizioni che caratterizzano l’interpretazione dell’edilizia residenziale sociale, attraverso un intervento normativo che ne chiarisca in modo univoco i diversi parametri (individuazione dell’utenza, fissazione dei canoni, ecc…), superando opacità e distorsioni, stimolando e supportando i Comuni nella ricerca delle soluzioni, anche spingendo verso il riuso del patrimonio pubblico inutilizzato e con un ineludibile ruolo del pubblico che richiederebbe specifiche misure in questo comparto”. L’Osservatorio considera anche il mercato dell’affitto privato – che per effetto della liberalizzazione intervenuta in via definitiva con la legge 431/98 e della scarsità di alloggi di edilizia pubblica o a canoni sociali produce costantemente nuova povertà ed emarginazione sociale– prevedendo la valorizzazione e diffusione della contrattazione sindacale e l’eliminazione della cedolare secca sui canoni a libero mercato, assieme al rafforzamento degli altri due istituti previsti dalla legge 431 (fondo affitti e fondo morosità incolpevole). E, infine, propone le Agenzie per la casa, quale snodo territoriale in grado di coordinare i diversi interventi che a livello locale fronteggiano la povertà abitativa: informazione sul sostegno all’affitto, sulle misure e al tempo stesso luogo di acquisizione di dati e di elaborazione di proposte.
La condizione per l’effettiva messa a terra di nuove politiche per la casa, oltre ad una riqualificazione complessiva della PA, non può non prevedere- secondo l’Osservatorio– una governance multilivello che garantisca la regia, il coordinamento, l’armonizzazione dell’operato dei diversi livelli istituzionali coinvolti nell’implementazione delle politiche (livello centrale, regioni e ed enti locali) attraverso cabine di regia (ai diversi livelli) che compattino l’intera filiera attuativa.
Qui il documento “Rilanciare le politiche pubbliche per l’abitare” (.pdf).