Salutiamo con sollievo le dimissioni di Draghi, un presidente che non ci mancherà. Ci preoccupa solo che ci ripensi. Il bilancio del suo governo è fallimentare come il complesso di una carriera costruita con la svendita del nostro paese e poi lo strangolamento della Grecia.
Anche nella scelta di dimettersi evidenzia la solita malcelata arroganza e il suo disprezzo per la democrazia costituzionale. Già è accaduto che altri partiti – Lega e Italia Viva – non votassero importanti provvedimenti. Perché non si è dimesso allora? Evidentemente ora usa M5S come scusa per lasciare.
La caduta del governo della guerra è una buona notizia. Rimangono i problemi che il governo Draghi non ha voluto affrontare: carovita, precarietà del lavoro, bassi salari, crescita della disuguaglianza e della povertà, questione ambientale, mancato rilancio del settore pubblico a partire da sanità e scuola. Il M5S ora sia coerente e rompa col Pd, che è il partito più guerrafondaio e draghiano.
Il casus belli è stato l’inceneritore di Gualtieri su cui si è compattata tutta la coalizione di governo, ma va ricordato che Draghi e Orlando hanno anche di fatto detto no al salario minimo.
Lavoriamo per un’alternativa popolare e pacifista a questa classe dirigente che ha impoverito il paese e ci ha portato in guerra. Il percorso verso l’Unione Popolare avviato con De Magistris e le parlamentari di ManifestA il 9 luglio è sempre più necessario.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europa