A una settimana dalla pubblicazione della lista nel Corriere della Sera con i nomi dei non-allineati alla propaganda bellica, che lottano per una soluzione diplomatica in Ucraina, la giornalista e fotoreporter Sara Reginella ha invitato, dai suoi canali social, ad esprimere la nostra solidarietà agli intellettuali e giornalisti schedati, con la condivisione dell’hashtag: #AggiungetemiAllaLista
“Perché quanto accaduto non può essere considerato la normalità” – come ha ricordato Reginella.
Non dimentichiamoci che il 24 febbraio 2022, con l’invasione russa dell’Ucraina, è iniziata la seconda fase della guerra in Donbass, la cui prima fase è iniziata nel 2014. In questi anni, ed ancora oggi, le ingerenze occidentali non sono state un “errore”, ma una politica intenzione finalizzata ad interessi geostrategici e militari in quel territorio.
Il 13 febbraio 2022 è iniziata la fornitura occidentale di armi, missili e munizioni, prima che la Russia invadesse l’Ucraina e prima che l’esercito ucraino, tra il 20 e il 21 febbraio, bombdardasse per tutta la notte il territorio della Repubblica Popolare di Donetsk (DPR) inclusa la città principale dell’autoproclamata repubblica ed altri villaggi come Zaytsevo Yuzhnoye e Spartak, Dokuchayevsk e Yelenkovka, Pionerskoye (a sette chilometri dal confine con la Russia), le città di Dokuchayevsk, Oktyabr, Sosnovskoye, Aleksandrovka, Spartak e i villaggi di Petrovskoye, Staromikhailovka e Kommunarovka.
Da febbraio 2022, le ingerenze militari dei Paesi NATO sono state una pericolosa costante a partire dal rifornimento di armi per l’Ucraina. Fin da subito i missili antiaerei Stinger dalla Lituania hanno raggiunto l’Ucraina e circa 45 voli dal Pentagono hanno trasportato 2.000 tonnellate di armi ed equipaggiamento ricevuti dai vari alleati tra cui i missili anticarro Javelin, guidati a infrarossi e capaci di colpire a tre chilometri da un lanciatore a spalla.
Nelle armerie ucraine ci sono tonnellate di missili a corto raggio Nlaw e i micidiali droni turchi Bayraktar TB2, che l’Ucraina sta fabbricando in joint venture con il genero di Recep Tayyip Erdogan. Ci sono inoltre i missili anti-nave Neptune, nati in Ucraina, vecchi carri T64 e nuovi carri T84. Oltre a lanciagranate e munizioni, Inghilterra, Danimarca e USA hanno rifornito Kiev di sistemi di sminamento e di ricostruzione in terreno ostile; il Canada ha fornito armi di difesa, mentre dalla Germania sono arrivati ospedali militari, abiti e elmetti. Svezia e Norvegia hanno provveduto a fornire sistemi di protezione delle frontiere e della sicurezza nucleare. La Francia si è occupata dei sistemi di sminamento e dei mezzi della guardia costiera.
Dall’inizio dell’invasione russa, sono 30 i Paesi dell’Unione Europea che hanno inviato armi e altri equipaggiamenti militari all’Ucraina. L’Italia è uno dei maggiori fornitori, ma è tra i pochissimi Stati che non ha fatto sapere nulla su cosa è stato mandato a Kiev. Il terzo decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 13 maggio, contiene un allegato con la dicitura: “Se ne omette la pubblicazione in quanto documento classificato” – ovvero è secretato il documento contenente l’elenco elaborato dallo Stato Maggiore della Difesa dei “mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari” da cedere all’esercito ucraino.
Essendo contrari all’invio di armi all’Ucraina, contro la Guerra in Ucraina e contro le ingerenze militari occidentali, vogliamo essere aggiunti anche noi alla lista in solidarietà. Essere pacifisti non è un reato e nemmeno proporre soluzioni diplomatiche dovrebbe esserlo, al posto di tifare per uno o per l’altro schieramento.