Sembra oramai certo che il centrodestra si riprenderà Palermo e che – come ci si poteva aspettare – l’Orlandisme registrerà una vera e propria débâcle. Ma, al di là del risultato elettorale, bisogna dire che – soprattutto in funzione di quelle che potrebbero essere le prospettive politiche che si agitano nel campo delle varie “sinistre” cittadine – già prima dell’apertura delle urne in molti s’è incominciato ad interrogarsi sul ventennio orlandiano di governo cittadino, di cui gli ultimi dieci anni ininterrottamente condotti perlopiù con la stessa corte amministrativa. Questo decennio istituzionale, in particolare, sostenuto da consiliature municipali apparentemente a maggioranze bulgare (regolate perlopiù dalla competitività correntizia, in puro e classico stile democristiano) ha lasciato irrisolte la nutrita schiera di emergenze che attanagliano la capitale siciliana. Michele Ambrogio in modo preciso e puntuale ne traccia brevemente alcune, augurandoci che si possa riscrivere una narrazione storico-politica sull’Orlandisme, au–delà della cura dell’immagine agiografica del suo protagonista
Questo è il parcheggio all’ingresso della Ztl di Ballarò, ed è la norma. Dentro la Ztl (ho un pass da residente) devi entrarci facendo training autogeno.
Il mercato è scomparso, progressivamente sostituito da nuove, poche botteghe artigiane e tanti effimeri punti di ristoro. Il quartiere è stato parzialmente bonificato da cordate di investitori che hanno comprato e ristrutturato, ma resta saldo uno zoccolo duro di sottoproletariato dedito ad attività paralegali.
Se liberiamo il ragionamento da argomenti come “vi ricordate come era prima?”, o “sarà meglio con un’altra giunta?” (che tagliano ogni possibilità di cambiamento) rimane un problema: cosa è successo, cosa ha caratterizzato un governo della città durato 22 anni?
Difficile credere che non ci sia stato tempo sufficiente, o che si sia fatto tanto ma si cominciava da sotto zero. Difficile perché questa amministrazione ha goduto di un appoggio e di consensi degni di un autentico laboratorio populista. Si è varato un piano di grandi opere pubbliche senza precedenti (non guardiamole isolatamente ma come una “rete”, termine caro al sindaco uscente).
Si è dato lavoro, precario e sottopagato, ma lo si è dato. Si è accreditato sul proprio conto corrente la memoria dell’antimafia, la bandiera dell’inclusione e della tolleranza, delle battaglie per i diritti civili e l’antifascismo.
Della rete idrica, degli scarichi, dell’abusivismo e del lavoro nero, della microcriminalità e delle lobbies di grandi interessi?
Non c’è un’inchiesta o un libro, l’orlandismo e le sue pudenda resteranno mal di pancia, partito della scontentezza, filocuffariani o peggio, semmai fosse più possibile il peggio!
Se guardiamo la storia delle amministrazioni di Leoluca Orlando colpisce una costante: predecessore, commissario straordinario. Successore: commissario straordinario.
Articoli correlati:
La munizza nella calza. Un anno tra i rifiuti
Saldi di fine stagione (politica). L’attrattiva economica del centro storico di Palermo
La «bomba ecologica» sulla città. Ma Orlando il sindaco lo sa fare?