In ginocchio davanti a Dio, ma anche davanti agli uomini, impetriamo e supplichiamo che sia ascoltato l’invito di Papa Francesco per una tregua pasquale.
Sarebbe una benedizione per tutti !
Siamo consapevoli che una tregua non è una pace, ma costituirebbe il tempo più opportuno (kairòs) per riflettere, negoziare, incontrarsi, dialogare…
Il rischio concreto è che, al punto in cui siamo, il conflitto possa davvero estendersi.
Basterebbe poco perché un ordigno attraversi i confini geografici e della ragione.
Ancora una volta è il Papa a chiedere saggezza: “Che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?”. Ma sembra che la guerra trasporti sempre le peggiori scorie dell’intelligenza e della pietà umana e non spinga a fermarsi di fronte all’orrore ma piuttosto a trascinarsi fino al punto di degradazione dell’umanità stessa.
La condizione sub-umana non è dei torturati, ma dei loro torturatori, non dei civili uccisi a sangue freddo e sepolti nelle fosse comuni, ma di coloro che hanno voltato le spalle al sentimento di umanità che è scolpito nella dignità degli uomini e delle donne.
Si teme che persone che sembrano aver preso le distanze dal genere umano, non esiterebbero a coinvolgere il resto del mondo nell’orrore omicida e fratricida che chiamiamo guerra.
Non ci resta che unire la volontà dei popoli che la guerra la subiscono e non la scelgono.
Prima che le bombe, facciamo che a sporgersi oltre i confini sia la volontà di pace.
(Tonio Dall’Olio)