Partita per iniziativa di Gregorio Arena e del Laboratorio per la Sussidiarietà- LABSUS (www.labsus.org) in sordina e quasi come un’utopia, in pochi anni l’Amministrazione condivisa è divenuta una pratica che coinvolge centinaia di comuni e migliaia di cittadine e cittadini attivi che- grazie a nuovi strumenti giuridici- si prendono cura dei beni comuni, materiali e immateriali, dei propri territori. L’amministrazione condivisa dei beni comuni è un rapporto di collaborazione tra cittadini attivi e Amministrazione comunale, posti sullo stesso piano, che dà attuazione al principio di sussidiarietà orizzontale, scolpito dall’art. 118 della Costituzione, ultimo comma: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.”
La teoria su cui si fonda tale modello di amministrazione fu esposta per la prima volta in un saggio di Gregorio Arena intitolato “Introduzione all’amministrazione condivisa” pubblicato in Studi parlamentari e di politica costituzionale, n. 117–118, 1997, pag. 29–65.
L’introduzione in Costituzione nel 2001 del principio di sussidiarietà (art. 118, ultimo comma), consentì poi di dare un fondamento costituzionale a tale teoria che, nel frattempo, aveva avuto diverse conferme sul piano pratico. Successivamente, in occasione della PRIMA CONVENZIONE NAZIONALE DELLA SUSSIDIARIETA’, tenutasi a Roma il 12 marzo 2004, fu approvata la Carta della Sussidiarietà, ovvero il manifesto politico dell’Amministrazione condivisa, un decalogo sul quale si poggiano sostanzialmente tutte le esperienze di co-amministrazione nate in questi anni. La Carta è qui riprodotta con alcune integrazioni per aggiornarla alla luce degli sviluppi teorici e pratici intercorsi nel frattempo: https://www.labsus.org/la-carta-della-sussidiarieta/.
I soggetti dell’Amministrazione condivisa sono i cittadini attivi e le amministrazioni locali, in particolare i comuni. Per “cittadini attivi” si intendono tutti gli abitanti, singoli e associati, di un territorio che, a prescindere dai requisiti formali riguardanti la residenza o la cittadinanza, si attivano per la cura dei beni comuni, realizzando l’interesse generale di cui all’art. 118, ultimo comma della Costituzione.
L’Amministrazione condivisa è dunque fondata sulla condivisione di risorse e responsabilità fra cittadini e fra cittadini ed amministrazioni, realizzando forme di collaborazione per la cura dei beni comuni ispirate ad un complesso coerente di valori e principi generali, quali: la fiducia reciproca, la pubblicità e la trasparenza, la responsabilità, l’inclusività e l’apertura, le pari opportunità e il contrasto alle forme di discriminazione, la sostenibilità, la proporzionalità, l’adeguatezza e la differenziazione, l’informalità, l’autonomia civica, la prossimità e la territorialità.
L’Amministrazione condivisa, pertanto, si contrappone idealmente al modello di amministrazione tradizionale, basato sul tradizionale “paradigma bipolare” e, quindi, imperniato su rapporti asimmetrici, di tipo verticale, autoritativo e gerarchico, ma non si sostituisce affatto al modello di amministrazione tradizionale, che risulta comunque ineludibile per la configurazione dei poteri pubblici in genere, quali i poteri autorizzativi, concessori, sanzionatori e ordinatori.
Sono tre i passaggi fondamentali affinché i “cittadini attivi” possano prendersi concretamente cura dei beni comuni e per implementare nelle nostre città un’Amministrazione condivisa: l’articolo 118, ultimo comma, della Costituzione; il Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni (da approvare in Consiglio comunale); i patti di collaborazione.
Tre passaggi in una scala che va dal massimo di generalità ed astrattezza (la Costituzione) al massimo di specificità e concretezza (il singolo patto), passando per una fonte normativa (il Regolamento) i cui contenuti sono sostanzialmente uniformi per tutte le amministrazioni locali, ma in cui si esprime pur sempre l’autonomia regolamentare dei comuni. Ognuno di questi snodi è indispensabile e l’uno rinvia necessariamente all’altro, in una circolarità di relazioni che a sua volta è una delle caratteristiche principali della sussidiarietà orizzontale. Senza il Regolamento, infatti, il principio di sussidiarietà avrebbe continuato ad essere inapplicato, com’era successo dal 2001 al 2014, ma a sua volta il Regolamento è legittimato dall’essere fondato sulla Costituzione.
Senza i patti il Regolamento sarebbe inefficace, ma i patti di collaborazione senza il Regolamento sono per così dire “vulnerabili” perché manca loro quella infrastruttura di principi e regole contenuta nel Regolamento che li protegge e li rende realmente efficaci.
Di recente, la sentenza 131 della Corte costituzionale ha evidenziato come l’art. 55 del Codice del Terzo settore (dlgs 117/2017) “realizza per la prima volta in termini generali una vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria” delineata dall’art. 118 della Costituzione, aggiungendo così un altro importante mattoncino alla costruzione dell’Amministrazione condivisa e ampliandola- seppur soltanto in favore degli ETS- anche al complesso mondo del welfare territoriale, laddove ha stabilito che la co-progettazione con gli Enti del terzo settore è la soluzione ordinaria con cui dare vita ai rapporti di collaborazione delle pubbliche amministrazioni.
Ad oggi i Regolamenti per l’Amministrazione condivisa, redatti considerando- chi più e chi meno- il prototipo di Regolamento per l’Amministrazione condivisa dei beni comuni proposto nel 2017 da LABSUS e, soprattutto, la prima sperimentazione “pilota” del Comune di Bologna, venuta alla luce il 22 febbraio del 2014, sono stati approvati in 270 amministrazioni locali: https://www.labsus.org/i-regolamenti-per-lamministrazione-condivisa-dei-beni-comuni/.
Nei giorni scorsi LABSUS ha presentato i dati dell’ultima rilevazione fatta invece sui Patti di collaborazione sottoscritti tra “Cittadini attivi” ed Enti locali. L’indagine, svolta da ottobre 2021 a gennaio 2022, ha considerato un campione di 62 comuni nei quali sono stati sottoscritti con i cittadini ben 1001 Patti (parliamo di Patti dei quali è stato possibile consultare il testo ufficiale in quanto risulta pubblicato su siti istituzionali).
I Comuni che hanno adottato Patti sono distribuiti prevalentemente nell’Italia settentrionale: il 53% (33 Comuni) si colloca nel Nord, il 26% (16 Comuni) nel Centro e il 21% (13 Comuni) nel Mezzogiorno. Dei 1001 Patti analizzati, ben il 75% sono, infatti, ad opera di comuni settentrionali.
Tra questi, il comune di Genova è quello col maggior numero di patti attivi: 265, pari al 26% di tutti i Patti esaminati.
Seguono Bologna (14%), Pistoia e Torino (quasi 6%).
Da sottolineare che il numero di Patti di questi quattro comuni rappresenta il 51% del totale.
Le associazioni sono presenti nel 40% dei Patti sottoscritti, con tutto il loro bagaglio organizzativo e di competenze.
Segue un 22% di Patti sottoscritti da cittadini singoli con l’amministrazione, anche se in molti casi si tratta di Patti semplici, ma non per questo poco importanti (come per la manutenzione di aiuole).
Per ciò che riguarda l’oggetto del Patto, al primo posto troviamo la cura di beni comuni vegetali e ambientali, anche se è in forte crescita l’uso del Patto di collaborazione come strumento per prendersi cura di edifici.
Un dato, quest’ultimo, molto interessante e che ci dice che si sta muovendo qualcosa sul versante della cura e gestione condivisa del patrimonio immobiliare degli enti pubblici (e non solo) e di una crescente disponibilità a ripensare insieme le funzioni dei luoghi.
Quella presentata di recente è la terza mappatura dei Patti dopo i Rapporti 2019 e 2017 disponibili sul sito di LABSUS.
E confrontando i dati delle tre rilevazioni appare la sempre più larga diffusione di questo nuovo stile di governo, che spesso si accompagna anche a nuovi stili di vita.
Il Rapporto 2021 sui Patti di collaborazione è possibile scaricarlo qui: https://www.labsus.org/rapporto-labsus-2021/.
Negli ultimi tempi LABSUS ha promosso anche la “Scuola di cittadinanza e comunità” per dotare i cittadini di strumenti e competenze di cittadinanza democratica e di recente ha lanciato la proposta per un “Osservatorio dei Regolamenti e dei Patti di collaborazione”.
Scopo di questo osservatorio è di far sì che questo lavoro di analisi delle caratteristiche delle azioni di amministrazione condivisa nel territorio italiano diventi uno strumento attraverso il quale si possa non solo studiare l’evoluzione dei Patti di collaborazione, che ricordiamo sono lo strumento di un cambio epocale nei rapporti fra cittadini attivi e istituzioni, ma anche mettere a disposizione di studiosi, cittadini ed istituzioni una banca dati costantemente aggiornata e che permetta di comprendere non solo lo sviluppo dei Patti stessi, ma anche e soprattutto stimolarne la crescita e la diversificazione, facendo comprendere le molteplici possibilità di applicazione di questo strumento nella diffusione del concetto di Amministrazione condivisa.