L’emanazione del decreto attuativo del Job’s act, che elimina, in sostanza, la tutela dell’articolo 18 dello
Statuto per i futuri contratti a tempo indeterminato (dunque prevalentemente per i giovani) non chiude
affatto la partita, ma è solo la premessa del confronto vero che avrà per protagonisti i lavoratori, nelle
piazze e, se necessario, alle urne in un referendum abrogativo.
In cosa consiste, infatti, la pseudo «rivoluzione copernicana» di cui straparla il Tolemaico Matteo Renzi a
proposito dei contenuti del decreto attuativo? Puramente e semplicemente nel consentire al datore di
lavoro che voglia per qualsiasi motivo sbarazzarsi di un lavoratore, di «inventarsi» una inesistente ragione
economico produttiva per procedere al licenziamento, e di farlo senza timore che il suo carattere
pretestuoso venga smascherato in giudizio, perché anche in tal caso gli basterebbe pagare la classica
«multarella» (per ogni anno di servizio due mensilità con il massimo di 24) per lasciare comunque il
lavoratore sulla strada, nella condizione disperata discendente dalla disoccupazione di massa.
Con i provvedimenti odierni il governo Renzi ha cancellato il lavoro a tempo indeterminato, generalizzando
la precarizzazione dei rapporti di lavoro in Italia. Per la prima volta il governo rinuncia alla politica
economica appaltando alle imprese la ripresa, consentendo la libertà di licenziare sempre e comunque.
Non soddisfatto ha diviso ulteriormente i lavoratori penalizzando ancora una volta i giovani e i nuovi
assunti. Da oggi l’onere della prova ricadrà sulle spalle dei lavoratori, rendendo lecito un sopruso che
addossa alla parte più debole e ricattabile del rapporto di lavoro la dimostrazione della ingiustizia del suo
licenziamento.
Tutto il resto del decreto attuativo, compresa la dibattuta questione della reintegra nel caso di licenziamenti
disciplinari illegittimi, è soltanto fumo negli occhi, perché tutti i datori imboccheranno, invece, la
comodissima strada del «falso» motivo economico produttivo. Il Tolemaico «progressista» Renzi, il
«comunista» Poletti e tutti i loro accoliti dovranno spiegare un giorno che cosa vi sia di moderno, di
socialmente utile, di progressivo, di «copernicano» in questa sfacciata e disgustosa ingiustizia che ripugna
prima ancora che al diritto al comune senso etico.
Quella di Renzi è in realtà un’involuzione tolemaica: ci sta dicendo che il sole gira attorno alla terra – cioè
che flessibilità e precarietà favoriscono la crescita e fanno diminuire la disoccupazione – ma, come tutti
possono vedere, quello che dicono non è vero, come non è vero che il sole gira attorno alla terra!
La grande riuscita della manifestazione della CGIL del 25 ottobre e dello sciopero del 12 dicembre, con
l’affiancamento quanto mai importante – in occasione di quest’ultimo evento – della UIL alla CGIL,
costituiscono la premessa per un fine positivo e utile per i lavoratori: infatti per i contratti di lavoro già in
essere non cambia ancora nulla e l’articolo 18 intanto rimane, reintegra compresa, e occorrerà un bel po’ di
tempo perché i nuovi contratti, detti «a tutele crescenti» ma in realtà privi di tutela, prendano piede. Nel
frattempo sarà allora possibile sottoporre tempestivamente il decreto attuativo ad un referendum
abrogativo, e cioè al giudizio popolare e di quei lavoratori che di continuo il Signor Matteo Renzi cerca di
ledere e insieme di ingannare.
“Insieme Possiamo – Lavoro, Diritti e Beni Comuni” di Arezzo si opporrà in modo netto a queste norme
ingiuste, sbagliate e punitive nei confronti dei lavoratori, sostenendo tutte le lotte per riconquistare i diritti
dei lavoratori.
Ufficio Stampa Insieme Possiamo-Lavoro Diritti Beni Comuni