Un grande regalo per la società civile internazionale che da anni lavora per rendere vincolante ed efficace un controllo sul commercio di armamenti: da oggi infatti entra in vigore il Trattato Internazionale sugli armamenti già ratificato da oltre 60 paesi (tra cui l’Italia). Dal 24 Dicembre nuove regole e controlli potranno nascere per mettere un freno alle transazioni irresponsabili di un mercato che vale circa 100 miliardi di dollari all’anno.
Il Trattato internazionale sugli armamenti (ATT) che è entrato in vigore alla vigilia di Natale, segna un passaggio epocale importantissimo per il controllo e il monitoraggio dei sistemi d’arma convenzionali. Con esso si introdurrà la possibilità di far prevalere considerazioni legate ai diritti umani e alla sicurezza delle popolazioni sugli affari ed i guadagni legati a questo tipo di produzione.
L’entrata in vigore del Trattato corona gli sforzi di due decenni della società civile internazionale, tra cui anche la Rete italiana per il Disarmo, riunita sotto la campagna Control Arms. Da oggi in poi – per la prima volta – nella legislazione internazionale troverà posto il testo di un Trattato che esplicitamente inserirà i diritti umani e l’impatto sociale tra le valutazioni necessarie per concludere transazioni di armi. Almeno mezzo milione di persone muore ogni anno e molte di più sono ferite, torturate, violentate come risultato di un commercio globale scarsamente regolato di armi e munizioni. Un commercio circondato da opacità segretezza ma che è stimato circa in 100 miliardi di dollari all’anno.
Pur nella limitatezza di alcune prescrizioni, in attesa di un meccanismo di implementazione realmente efficace, il Trattato internazionale sugli armamenti include già un numero di regole forti in grado di fermare il flusso di armamenti verso Paesi nei quali si teme la possibilità che proprio tali armi possano essere usate per genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra o violazioni dei diritti umani.
Anche la Rete Italiana per il Disarmo ha lavorato lungamente, fin dalla raccolta dei volti per la “Petizione da un milione di facce” a metà degli anni 2000, per ottenere questo risultato: “Siamo sicuramente soddisfatti che l’Italia sia stata tra i primi Paesi a firmare e poi ratificare, con voto unanime del Parlamento, questo trattato – commenta Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – ben cinque dei 10 principali esportatori di armi, (Francia, Germania, Spagna e Regno Unito oltre all’Italia) sono tra gli oltre 60 Stati che hanno già ratificato questo testo di Trattato” conclude Vignarca. La società civile internazionale e la campagna Control, Arms continueranno a esercitare la più alta pressione a livello istituzionale affinché questo numero continui a crescere e comprenda altri tra i principali paesi protagonisti del commercio di armi.
“Come Rete Disarmo ha già sottolineato in numerose occasioni, il nostro giudizio sul Trattato non può essere completamente positivo poiché la sua adozione riguarda solo i principali sistemi d’arma più le armi leggere e di piccolo calibro – commenta Maurizio Simoncelli vicepresidente dell’Istituto di Ricerca Archivio Disarmo – In particolare permangono solo una serie di limitate forme di controllo sulle munizioni e sulle componenti di armi, mentre restano esclusi sia le armi da fuoco che non hanno un esclusivo uso militare sia i trasferimenti di armi all’interno di accordi governativi e programmi di assistenza e cooperazione militari”. Questi elementi convincono Rete Disarmo e le sue componenti a non accontentarsi del risultato ottenuto (che non è però di poco conto e che ci vede positivamente soddisfatti) ma a continuare il lavoro soprattutto in termini di miglioramento futuro del testo e di organizzazione adeguata dei meccanismi della sua implementazione.
In questa storica giornata molto importanti e significative sono le parole del Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon che celebra l’entrata in vigore sottolineando che questo Trattato porta “responsabilità, controllo e trasparenza” nel mercato degli armamenti. Il Segretario Generale aveva già in passato sottolineato il ruolo essenziale della società civile per il raggiungimento di questo risultato e ricorda come sia “fondamentale che si continui a promuovere la partecipazione universale all’ATT incoraggiando tutti gli Stati, in particolare i principali esportatori e importatori di armi, ad aderire (…) mi rivolgo a quegli Stati membri che non l’abbiano ancora fatto: aderite senza indugio”.
Questo importante momento non ci deve però allontanare dagli obiettivi concreti di lavoro per una migliore regolamentazione del commercio di armi che abbiamo di fronte anche nel nostro Paese.
“Se è stato un merito dell’intero Parlamento italiano aver promosso in tempi brevi e unanimemente la ratifica di questo Trattato internazionale, va però evidenziato che da sei anni le nostre Camere non stanno esaminando le Relazioni governative sulle esportazioni di sistemi militari italiani, venendo meno al fondamentale compito di controllo dell’attività dell’esecutivo in una materia che ha rilevanti implicazioni sulla politica estera e di difesa del nostro paese” commenta Giorgio Beretta analista della Rete Italiana per il Disarmo. La nostra Rete rinnova pertanto la richiesta alle competenti commissioni parlamentare di riprendere l’esame delle relazioni governative e di dedicare la dovuta attenzione a tutta la materia delle esportazioni militari italiane aprendo il confronto con le sue associazioni e centri di ricerca che da anni pubblicano puntuali e dettagliate analisi.
“Non va dimenticato – aggiunge Piergiulio Biatta, presidente dell’Osservatorio sulle Armi Leggere (OPAL) di Brescia – che l’Italia è il principale esportatore mondiale di armi leggere che, come ha evidenziato il precedente segretario dell’Onu Kofi Annan, sono le vere armi di distruzione di massa del nostro tempo. L’entrata in vigore del Trattato internazionale deve perciò diventare l’occasione anche per il nostro Paese di definire strumenti di maggior controllo e trasparenza sulle esportazioni di queste armi: sono infatti molte le armi esportate anche dalla provincia di Brescia verso le zone di conflitto e a corpi di polizia e di pubblica sicurezza di governi autoritari e le cui violazioni dei diritti umani e civili sono tristemente note ed accertate”.