Per due anni i principali canali di informazione in Italia hanno parlato per l’80% di Covid. Adesso, lo stesso 80% è dedicato alla guerra in Ucraina.
Eppure, nel bene e nel male, di cose al mondo ne succedono tantissime e la realtà è molto più sfaccettata di quella che appare nei media.
Quello che avviene in Colombia è un esempio eclatante ed è indubbio che ne sappiamo troppo poco.
Si parlò di questo tormentato Paese quando più di un anno fa ci furono grandi manifestazioni come reazione ad un aumento delle tasse. La popolazione, i giovani soprattutto, scese in piazza e la repressione fu brutale. I colombiani emigrati manifestarono anche nelle piazze italiane, uniti nella solidarietà internazionale che cerca di accorrere ai tanti richiami che riceve.
La Colombia continua ad essere uno dei Paesi dove la violenza è più diffusa, spaventosa, feroce. “Secondo l’organizzazione Indepaz, dei 331 difensori dei diritti umani uccisi in tutto il mondo nel 2020, 177 sono stati uccisi in Colombia.” Mario Paciolla fu ucciso lì, in circostanze ancora oscure, eppure si parla pochissimo della sua vicenda, vergognosa e terribile come quella di Giulio Regeni e di altri. E i commerci di armi, anche dall’Italia, non mancano; quelli non mancano mai.
In questi giorni i colombiani e le colombiane cercano di voltare pagina. Domenica 13 marzo si vota in Colombia; sarà complicato farlo in un solo giorno, mentre all’estero c’è stata più “attenzione” e nei vari consolati si è votato per tutta la settimana. Ieri sono andato al consolato colombiano di Milano a vedere che aria tirava. Coloro che da decenni invocano un cambiamento temevano e temono brogli. Qualcosa pare sia successo in Argentina, ma a Milano tutto fila liscio.
Mi racconta Susana, una delle volontarie che seguono per la coalizione di sinistra il voto milanese, che ogni giorno alle 16 si chiude il seggio e si fa lo spoglio. Tutto avviene con la massima correttezza. Grandi sono le aspettative e il primo segnale sarà se voteranno in molti di più di quel misero 20% che nelle ultime tornate andava a votare, tanta era la sfiducia.
Non sono bastati gli accordi di pace avvenuti pochi anni fa tra governo e guerriglia delle FARC: la pace deve ancora venire. Susana in pochi minuti mi elenca una gran quantità di uccisioni e massacri e io mi vergogno a pensare che ne so così poco.
Quando si grida “pace in tutto il mondo”, non bisogna dimenticarsi della Colombia, il Paese di Garcia Marquez, bellissimo e martoriato.
“Potrebbe andare come in Cile” mi dice Susana con gli occhi che brillano.