Il 28 novembre si è tenuta a Roma, presso l’NH Midas Hotel, la Conferenza Ministeriale di lancio del Processo di Khartoum (EU-Horn of Africa Migration Route Initiative – HoAMRI), presieduta dal Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Paolo Gentiloni e dal Ministro dell’Interno Angelino Alfano, con la partecipazione dell’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, del commissario europeo per gli Affari interni e la Migrazione, Dimitris Avramopoulos, e dei rappresentanti di 38 paesi dell’Ue e del continente africano.
Nelle stesse ore si è tenuta, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati a Palazzo Montecitorio, un’altra conferenza per presentare la campagna “Giustizia per i nuovi desaparecidos” che ha l’obbiettivo di denunciare le continue morti e sparizioni di migranti nell’area mediterranea, e ricostruire la verità, sanzionare i responsabili e rendere giustizia a vittime e familiari.
Fuori dal palazzo tutta una serie di manifestazioni e flash-mob, tra cui quello di “Italians for Darfour“, che voleva denunciare lo stupro di massa di 210 donne in Darfur, regione occidentale del Sudan e quello di un gruppo di ragazze vestite da sposa, che voleva porre l’attenzione dei presenti sui temi dei rifugiati e delle tragedie del Mediterraneo in relazione al film documentario Io sto con la sposa.
La “Campagna per i nuovi desaparecidos” vuole sensibilizzare il Processo di Khartoum a una realtà che è ormai sempre più comune nel Mediterraneo e che coinvolge tutti i paesi da cui partoni i flussi migratori. “Khartoum” ha come obiettivo principale la promozione di progetti concreti per una più efficace gestione dei flussi migratori proprio nei paesi del Corno d’Africa e nei maggiori paesi di transito del Mediterraneo. Questo anche grazie all’adozione di politiche integrate che coinvolgano tutti i paesi membri dell’Ue e una più forte azione di contrasto della tratta di esseri umani e di tutela dei diritti umani.
Come spiega Tsegehans Weldeslassie, del Comitato “Giustizia per i nuovi desaparecidos”, a luglio scorso, il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli aveva incontrato ad Asmara il presidente eritreo Isaias Afewerki, con l’obiettivo di “ripartire dalla cooperazione“, ma come si può parlare di cooperazione quando questa coinvolge una dittatura de facto che dura da oltre 20 anni? Cooperare con questa dittatura, dice Weldeslassie significa supportarla ed essere complici delle sue azioni, come le continue violazioni dei diritti umani.
Il Processo di Khartoum, sul quale c’è ancora grande mistero e grande riservatezza, sembra non prendere in considerazione le questioni legate ai diritti umani, nonostante si preoccupi di trovare soluzioni al traffico di esseri umani. “Siamo alla riedizione degli accordi con Gheddafi, cerchiamo di curare i sintomi senza affrontare le cause reali del fenomeno migratorio, facciamo accordi con sanguinarie dittature, come quella eritrea e sudanese, che sono la causa principale dei flussi migratori da quei paesi”. Spiega Erasmo Palazzotto, del Comitato Africa della Commissione Affari Esteri. “Non c’è nell’agenda della conferenza il tema dei diritti umani e del contrasto alle organizzazioni criminali che al confine tra i due paesi hanno messo in campo uno dei più grandi traffici di esseri umani della storia. È ipocrisia di stato quella a cui stiamo assistendo, mentre spendiamo milioni di euro per salvare vite umane facciamo accordi con chi lucra sul traffico di esseri umani“, continua.
Se si vuole affrontare seriamente la questione migratoria dunque, bisogna prima di tutto contrastare le ragioni delle migrazioni mentre si garantiscono vie di accesso legali e si cambia la disciplina del diritto di asilo europeo. “Si spenderebbero meno soldi e si salverebbero più vite umane”, conclude Palazzotto.
Fonti: Askanews/AdnKronos