Con una decisione senza precedenti, le Nazioni Unite hanno approvato la notte scorsa una risoluzione di condanna della Corea del Nord per abuso dei diritti umani e di conseguenza posto le basi per l’incriminazione del regime di Pyongyang per crimini contro l’umanità. Centoundici i voti a favore, 19 i contrari e 55 le astensioni nel voto del comitato per i diritti umani Onu.
Toccherà ora all’Assemblea generale, nell’incontro il mese prossimo, confermare la richiesta e poi al Consiglio di sicurezza deferire il paese alla Corte penale internazionale. Il regime ha già annunciato la fine dei colloqui sui diritti umani con Unione Europea e Giappone, promotori dell’iniziativa sostenuta in fase di proposta da una sessantina di paesi-membri e avvisato di “azioni imprevedibili” se le Nazioni Unite proseguiranno verso il giudizio. Alla fine, però, a tutelare la leadership nordcoreana, più che le minacce e il suo deterrente militare, sono le possibilità di veto degli alleati Cina e Russia, a maggior ragioni e in un rinnovato clima di Guerra fredda.
Kim Jong-un, capo del regime ed erede della dinastia comunista fondata dal nonno Kim Il-Sung nel 1948, non visiterà mai una capitale straniera ostile e il rischio di arresto è pari quindi a zero, ma sarebbe l’avvio di un isolamento non da parte di nazioni considerate ostili ma da parte del mondo. Molto meno è bastato a ridurre alla ragione, formalmente almeno, con un percorso di anni il regime militare birmano, ma l’imprevedibilità, la chiusura e, infine, la mancanza totale di dibattito interno e di libertà rendono la Corea del Nord all’apparenza impermeabile, ma sempre aperta a una frattura interna del regime che potrebbe innescare un effetto a catena dagli effetti imprevedibili.
La risoluzione è basata sulle terrificanti testimonianze sui campi di lavoro e di prigionia nel paese presentato a febbraio. Un testo di 400 pagine ricco di testimonianze dirette e indirette che ha fatto luce come mai altri prima su una realtà definita “senza paragoni nel mondo contemporaneo” dal giudice australiano Michael Kirby che ha coordinato il lavoro della commissione d’inchiesta Onu.
Le responsabilità, si sottolinea nel rapporto, sono molteplici ma alla fine riconducibili ai più alti livelli del regime, che coscientemente pone in uno stato di sudditanze estrema la popolazione perseGuendo duramente e senza alcun rispetto per trattati e convenzioni internazionali ogni forma percepita di dissenso.
La decisione Onu ha raccolto l’approvazione incondizionata delle organizzazioni per i diritti umani, ma la presenza in questi giorni a Mosca di una delegazione di alto livello nordcoreana, sembra una mossa preventiva destinata a promuovere il veto russo in sede di Consiglio di sicurezza.