Riscaldamento globale, sostenibilità, perdita di biodiversità: sono questi i temi di cui si è parlato al Ridotto del Regio di Parma in una conferenza pubblica che ha riunito politici e ricercatori con lo scopo di sviluppare percorsi comuni di azione rendendo partecipe lʼopinione pubblica su tematiche sempre più, nemmeno a dirlo, calde.
La temperatura si sta innalzando intorno ai livelli di guardia. Come afferma il direttore scientifico del WWF Italia, Gianfranco Bologna, se – comʼè plausibile – le tendenze economiche e lʼindotto relativo in atto proseguissero inesorabili, si avrebbe un incremento della temperatura media terrestre di 3 gradi centigradi, un valore, come attestano gli studi scientifici, mai stato raggiunto negli ultimi 3 milioni di anni di vita della Terra. Sono quindi le attività umane – dalla produzione industriale ai trasporti, dal consumo di cibo allʼedilizia, dalle economie domestiche allʼagricoltura meccanizzata – ad essere i fattori che influenzano lʼattuale andamento.
Ad oggi, non cʼè persona che non abbia sentito di parlare, almeno di sfuggita, di simili tematiche. Ma cosa si nasconde veramente dietro a termini che campeggiano sempre più frequentemente sulle pagine dei giornali e sulle bocche dei politici? Si tratta solo di chiacchiere o cʼè altro?
In effetti, tali tematiche si percepiscono spesso come se non ci riguardassero direttamente e come se la diretta ed unica interessata fosse una comunità scientifica elitaria accampata in una isolata torre dʼavorio. Comunità scientifica che lancia grida dʼallarme dando indicazioni concrete e circostanziate che vengono accolte con favore dai media e dai politici. Ma solo sulla carta.
Che senso ha rimandare responsabilità di tale portata attualmente? Nessuno a meno che non si vogliano sviluppare politiche economiche, ecologiche e sociali suicide. Il momento migliore per agire concretamente su tali aspetti era ventʼanni fa. Il secondo momento migliore è oggi. La priorità quindi è quella di coinvolgere tutti i cittadini a qualsiasi livello anche e soprattutto rispetto al ruolo che ricoprono allʼinterno della società: lʼobiettivo principale deve essere quello di ingegnerizzare nuovamente la cultura per rendere normale il concetto di sostenibilità.
È centrale quindi interloquire con le istituzioni, con le aziende, con le accademie, con gli studenti, con le associazioni per strutturare unʼazione programmatica e concertata. La sensibilità dei singoli è un ottimo punto da cui partire ma non è sufficiente. È necessario che le istituzioni politiche diano direttive, che le aziende siano creatrici di cambiamento sociale, che le accademie e la scuola ripensino alla sostanza educativa della propria attività. Inoltre, mai come oggi la necessità è quella di una mentalità glocal. Un pensiero globale corroborato da un agire locale, su base associativa, programmatica, costante.
È quello che è avvenuto a Parma, città che ha accolto negli spazi del teatro Regio un evento che ha celebrato lʼincontro tra chi pensa e chi agisce, tra ricercatori e politici, al cospetto delle aziende, dei cittadini e degli enti locali. Un buona prassi da imitare e riproporre in altre occasioni e in altri luoghi. Durante lʼevento, organizzato dallʼassociazione Zero Waste, sono intervenuti Federico Pizzarotti (sindaco di Parma), Erik Assadourian (co-direttore della pubblicazione State of the World 2013 della prestigiosa think tank statunitense Worldwatch Institute intitolata È ancora possibile la sostenibilità? e senior fellow presso la medesima organizzazione), Paul Connett (professore di Chimica Ambientale allʼUniversità St. Lawrence di Canton, New York) e Gabriele Folli (assessore allʼambiente del comune di Parma), moderati da È (presidente di Zero Waste International).
Quello che vi mostriamo qui di seguito è il trailer del documentario fortemente voluto dall’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore, An inconvenient truth (Una scomoda verità). Il messaggio è chiaro: il riscaldamento globale è un pericolo reale e attuale.
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