In Mozambico è stata promulgata una Costituzione che promuove la parità di genere, e cresce il numero degli incarichi politici affidati alle donne nei settori strategici come la Giustizia, l’Ambiente, e perfino le Risorse Minerarie. In Sudafrica, invece, la tradizione femminile in posizioni di potere si è consolidata grazie a decenni di lotte e rivendicazioni, mentre il paese celebra oggi il primo ventennale di democrazia con Mandela primo presidente. Questo e molto altro nelle testimonianze delle ambasciatrici dei due paesi, Carla Elisa Mucavi e Nomatemba Tambo, che hanno partecipato all’incontro intitolato “Quando l’Africa è donna”, in chiusura della grande manifestazione romana dell’Ottobre Africano. Lo scopo: ribadire le conquiste e i traguardi che le donne del continente hanno raggiunto, oltre che uscire finalmente dalla retorica della compassione e dallo stereotipo della donna africana come vittima.
“Una nuova classe dirigente femminile si sta facendo largo in Mozambico – spiega Mucavi – con il governo che ha approvato una politica in linea con questi obiettivi e ha posto le basi necessarie perché la donna possa partecipare a tutte le attività del paese. Certo, se sulla carta i risultati si vedono, ora dobbiamo verificare nella pratica”. L’ambasciatrice del Mozambico non dimentica le problematiche ancora irrisolte, come l’alto tasso di analfabetismo e l’accesso limitato alle risorse, in particolare nelle zone rurali. Proprio l’istruzione è vista come lo strumento chiave per l’elevazione della donna: “Educare una donna significa educare tutta la famiglia: dobbiamo potenziare le campagne per incoraggiare i genitori a mandare a scuola anche le figlie femmine”. L’istruzione dev’essere gratuita e obbligatoria, così da sconfiggere piaghe quali i matrimoni precoci, la mortalità infantile, le malattie infettive”.
Promuovere le politiche giuste, la trasparenza, amare la propria terra come si amano i propri figli: questo secondo le partecipanti al convegno dovrebbe fare la donna come elemento chiave della vita politica e civile, e che in Africa non può essere più ignorata. Il continente, infatti, si sta costellando di esempi illustri sempre più numerosi: dalla giornalista eritrea Elisa Kidane ai due premi Nobel per la Pace nel 2011 – l’economista liberiana Ellen Johnsos Sirleaf e l’attivista Leymah Gbowee – tante infatti sono le donne africane che negli ultimi anni, con sempre maggiore forza e determinazione, hanno voluto e saputo portare al mondo un messaggio di speranza e di opportunità, sdoganando finalmente ruoli tradizionalmente maschili in ogni campo. Anche se, naturalmente, le nomine sono tutt’altro che il traguardo finale.
Per quanto riguarda la politica, ricordiamo Catherine Samba-Panza, prima donna al vertice della tormentata Repubblica Centrafricana con il difficile compito di placare la guerra civile e portare il paese alle elezioni, Aminata Touré, premier senegalese in carica dal settembre dell’anno scorso, Joyce Banda, presidente del Malawi. Per non parlare del Rwanda, che è riuscito ad avere ben oltre il 50% di donne nel suo Parlamento (situazione inedita ovunque), o il Sud Africa, in cui oggi è “rosa” oltre il 40% dei seggi parlamentari. L’ambasciatrice Nomatemba Tambo ha ricordato con partecipazione le lotte e le manifestazioni femminili dagli anni ’50 in poi, in cui le donne sudafricane, con la creatività e la tenacia che le contraddingue, hanno saputo trasformare perfino l’abbigliamento, i loro abiti tradizionali elegantissimi, vivaci e stravaganti, in un’arma di resistenza e di coraggio. “Oggi la mia generazione vive grazie all’aiuto di quelle donne coraggiose – ha commentato Tambo – Le loro battaglie sono le nostre battaglie, ci hanno insegnato che quando vogliamo abbiamo la forza di muovere le montagne”.
Nonostante sia ancora lunga la strada da percorrere, questi numeri e personaggi sono indice di un forte cambiamento in atto nel continente africano, a cui l’Italia dovrebbe guardare con occhi diversi. “L’Africa di oggi ha una struttura sociale matura, i parlamenti dei governi africani devono avere la possibilità di sedersi alla pari con i rappresentanti dei governi del vecchio continente” ha detto il deputato Pd Khalid Chaouki in apertura della seconda parte del convegno dedicata proprio alle donne africane che qui da noi, in Italia, stanno dando un contributo importante. “A volte non ci rendiamo conto dell’effetto a lungo termine delle nostre attività nel paese d’accoglienza – ha commentato l’europarlamentare Cécile Kyenge, attuale vice presidente della delegazione ACP-UE, che ha presenziato all’intera mattinata – I nostri progetti e lavori diventano infatti una scuola di idee e di formazione per le altre donne, per le seconde e terze generazioni che ancora oggi non hanno la possibilità di crescere facilmente e a cui spesso le istituzioni non danno retta”.
Concetti ribaditi anche da Suzanne Diku, medico italo-congolese che ha affermato: “Le donne africane sono forti, determinate, decise a ribaltare i cliché che sono stati cuciti loro addosso. Non si accontentano di uscire dalla povertà, vogliono la prosperità. Sono ambiziose e, malgrado le difficoltà, sono la chiave della crescita, del cambiamento e dello sviluppo. Dal sindacalismo alla professione liberale, sono dinamiche, senza complessi, hanno energia, danno la nota della modernità del domani”. E termina: “Sono madri, non rinunciano alla maternità per il lavoro. In una società come quella italiana dove le donne decidono di ritardare la maternità per mancanza di strutture adeguate, le donne africane danno il loro esempio e il loro contributo”.