Domenica scorsa si sono tenute le elezioni presidenziali e parlamentari in Cile. Marianella Kloka ha parlato con Pía Figueroa, membro della nostra redazione cilena, per una prima valutazione del processo elettorale e dei risultati in vista del ballottaggio tra i due candidati presidente Gabriel Boric e José Antonio Kast, previsto per il 19 dicembre.
In che modo la redazione della Costituzione “dal basso” e l’Assemblea Costituente sono stati una richiesta del popolo che è insorto nel 2019?
Prima di tutto, chiariamo che il risveglio sociale cileno è stato il risultato della confluenza di molte lotte parziali e tematiche, in cui all’improvviso si è capito che la causa comune era lo stesso sistema. Così, si sono uniti quelli che si sono battuti per anni per un’educazione gratuita e di qualità, quelli che hanno sostenuto nelle strade che non si può continuare con il sistema pensionistico attuale, quelli che si sono mobilitati per il diritto all’acqua, quelli che si sono battuti contro le mega centrali idroelettriche nel sud del paese, quelli delle zone di sacrificio ambientale. Si sono unite anche le donne che hanno combattuto una lunga battaglia per ottenere l’aborto con solo tre motivazioni, così come tutte le varianti dell’ampio movimento femminista che hanno denunciato il patriarcato, quelli che proponevano un’Assemblea Costituente per riformare la Costituzione.
Insomma, con la protesta guidata dagli studenti delle scuole secondarie che hanno saltato i tornelli per evitare di pagare le tariffe della metropolitana aumentate di 30 pesos, tutte le diverse cause che da anni manifestavano con le loro richieste hanno capito che non si trattava più di un abuso particolare, ma degli usi stessi di questo sistema. Hanno capito che il problema era il neoliberismo, che abbiamo avuto 30 anni di individualismo, competizione, distanza sociale ed economica che segrega e discrimina. Ecco perché questo risveglio sociale è stato così inclusivo, paritario e solidale. Ci siamo difesi gli uni con gli altri, tutti ci siamo aiutati a vicenda di fronte alle aggressioni della polizia. Siamo stati solidali con le lotte altrui e ci siamo visti come un unico popolo, uniti, inseparabili, riprendendo in parte gli ideali che erano stati calpestati dalla nostra storia, oltre a suscitare la speranza di costruire un nuovo tipo di società.
In quell’atmosfera, la possibilità di cambiare la Costituzione era molto importante, ma le mobilitazioni che sono andate avanti per tre mesi senza interruzione non riguardavano solo questo tema. Si trattava di trasformare radicalmente il neoliberismo patriarcale e predatorio in tutte le sue manifestazioni.
Che cosa è successo allora?
La classe politica ha preso un ruolo da protagonista, senza che fosse stata chiamata a partecipare, proponendo il Plebiscito per decidere se si voleva o no una nuova Costituzione e come procedere. C’è stata una grande resistenza a questa proposta e diversi partiti si sono fatti addirittura da parte per non condividere le proposte dei vertici. Ma l’eco data dai media e la manipolazione politica hanno finito per incanalare la protesta dalle strade verso le urne; una larga maggioranza ha votato a favore di una Convenzione Costituente che ora sta elaborando una nuova carta per il Cile.
Qual è l’interesse politico in gioco in queste elezioni in Cile?
Ovviamente la Convenzione è stata molto osteggiata dalle forze conservatrici e non solo da loro. Ha incontrato difficoltà e ha subito diversi attacchi. Ma anche se sta andando avanti e probabilmente produrrà un documento fondatore molto interessante, aperto a nuove forme di convivenza politica e a un nuovo modello economico che ci permetterà di andare verso una società ecologica ed egualitaria, tutto questo dovrà essere ratificato da un nuovo plebiscito che la destra si prepara già a rifiutare.
Così le elezioni di domenica scorsa hanno mostrato una discussione di fondo sul modello di paese che si vuole. Non è più semplicemente la destra che si oppone alla sinistra, ma l’estrema destra si è tolta la maschera del pinochettismo, vincente in queste elezioni. Gabriel Boric, l’avversario di José Antonio Kast al secondo turno, è un leader studentesco che è arrivato in Parlamento e rappresenta le aspirazioni delle nuove generazioni e della sinistra. È certo che Gabriel Boric farà tutto il possibile – se arriverà al governo – per assicurarci una nuova Costituzione, convalidata da un’ampia vittoria alle urne.
Cosa mostrano gli attuali risultati elettorali?
Ci mostrano un paese diviso, con una destra che si ispira a Trump e Bolsonaro, molto più estrema di Piñera, che recupera l’eredità della dittatura per fermare il processo di progresso storico nelle mani delle nuove generazioni, delle donne e dei lavoratori. Non si tratta di una frattura minore, si tratta di forze opposte in una contesa senza centro politico, di una disputa per il potere in un mondo in cui le istituzioni si disintegrano sempre di più e la perdita di credibilità prende rapidamente il sopravvento.
Inoltre, le elezioni di domenica scorsa hanno creato degli schieramenti parlamentari che si opporranno all’uno o all’altro presidente. Nessuno dei due potrà governare, ma dovrà affrontare un’opposizione molto dura. Questa divisione in due campi principali è evidente nella composizione del Parlamento.
Quindi sembra che non ci sia da essere molto ottimisti per il futuro?
Credo che, nonostante tutto, i grandi processi storici stiano facendo progressi e che l’umanità, malgrado le crisi, stia andando in una direzione evolutiva, di trasformazione. Nutro questa convinzione sperando che sia davvero il momento dei giovani. Spero che le nuove generazioni possano prendere in mano il potere ed essere in grado di guidare questa società, trasformandola. Spero che i giovani possano assumere il nuovo governo in Cile, sostenere il lavoro della Convenzione Costituzionale, plasmare una nuova Costituzione e andare verso una forma diversa di società che decentri il potere politico, modifichi il sistema economico attraverso cambiamenti strutturali a favore dei più poveri, garantisca la sostenibilità delle risorse naturali e assicuri la continuità dell’ambiente nelle migliori condizioni possibili. Credo nei giovani, li vedo ben preparati, ma hanno bisogno di molto ingegno per superare l’inerzia delle tendenze più regressive e conservatrici.
Come interpreti il 52% di astensione nelle elezioni di domenica scorsa?
Mi sembra che da quando la classe politica si è impegnata a incanalare la protesta verso le urne, molte persone si siano ritirate dal processo di mobilitazione. La cosa è andata avanti e il discredito delle élite è un fattore immobilizzante, ma in Cile c’è anche molta apatia, ignoranza, disinteresse e questo fa sì che molte persone non votino alle elezioni. L’astensione può essere in parte un rifiuto intenzionale della classe politica, ma mi sembra che non sia tanto una repulsione quanto l’atonia di un popolo poco coerente e poco impegnato nella costruzione del suo futuro. Molti si lamentano di come vanno male le cose, ma non fanno nulla per contribuire ad uscire da questa situazione. Non credo che quelli che si sono mobilitati nelle strade siano esattamente gli stessi che si sono astenuti dal voto. La verità è che è molto difficile sapere perché c’è tanta astensione. Speriamo che possa ridursi nel ballottaggio tra Boric e Kast e che la gente capisca la necessità di optare per il nuovo che sta emergendo, superando il vecchio che si oppone ostinatamente alle forze dell’evoluzione.
Traduzione dallo spagnolo di Thomas Schmid.
Revisione di Anna Polo