In questi due giorni mi sono dedicato a due cose: guardare telegiornali sul G20 e seguire le attività dei movimenti a Roma, in particolare le attività di Extinction Rebellion, essendo io un volontario dell’ufficio stampa di quella organizzazione.
Quest’attività ha generato in me sentimenti contraddittori: vedere l’imponente sistema di difesa dei potenti della terra descritto da elicotteri, le passerelle mediatiche dei leaders che si incontravano senza dire nulla, le dirette sulle first ladies in visita turistica da una parte; dall’altra essere in contatto diretto con tutta l’organizzazione, l’umanità, lo sforzo di comprendersi e di agire dei militanti per il cambiamento climatico ed ecologico, le difficoltà, i cambi di programma, i momenti di scoramento e di rabbia.
Due mondi paralleli. Quando abbiamo visto, in altre occasioni, Greta parlare con i potenti, dubbiosi sul perché l’avessero invitata, ma speranzosi che qualcuno l’ascoltasse, abbiamo creduto che ci fosse una possibilità di ascolto.
Questa volta è stato chiaro che l’ascolto non ci sarebbe stato, che l’agenda era piena di mediaticità e di poca sostanza, come hanno confermato le dichiarazioni finali; “la casa brucia” ma il G20 si preoccupa di far pagare la “minimum tax” (qual nome più significativo) nel 2022 ai colossi del web; il trend della fame è in rialzo ma il G20 vuole vaccinare il 70% del “terzo mondo”, sperando che serva a salvare la pelle del primo e senza nemmeno chiedere alle multinazionali di rinunciare ai brevetti e senza chiedersi come è possibile che non sappiamo nemmeno quando finirà la pandemia; e sul clima? “La presidenza italiana del G20 vuole spingere la crescita economica e renderla più sostenibile: lo dobbiamo ai cittadini, al pianeta e ai giovani” sottolineando poi che “molto dovranno fare i privati”, dice Draghi, come se non fosse la stesso concetto di crescita uno dei fattori decisivi del disastro. People, Planet, Prosperity recitava il lemma: quali persone, quale pianeta e per chi la prosperità?
Nell’altro mondo, quello delle persone e dei militanti, viveva l’allegria, la creatività, le mille iniziative del climate camp ma anche la decisione dei cortei e delle azioni di disobbedienza civile di Extinction Rebellion e degli altri movimenti; c’era, c’è preoccupazione basata sui dati della scienza, della scienza libera non condizionata dal profitto che ancora esiste; c’è urgenza perché il tempo è esaurito e la risposta inadeguata; ma soprattutto c’è speranza e voglia di costruire un futuro veramente differente, degno di un Essere Umano nonviolento, solidale, amico della sua casa, in armonia con tutti gli altri abitanti.
Cosa vogliamo? Giustizia climatica. Quando la vogliamo? Ora !!
I due universi abitano questo pianeta; sono persone, interessi umani, economici, sociali: anche qui non abbiamo un pianeta B tranne quello su Marte sognato da alcuni pericolosi transumanisti.
Abbiamo visto dallo spazio il nostro rotondo rifugio blu, velato dalle nubi: chi lo ha visto non solo in foto ci ha inequivocabilmente trasmesso amore per la piccola casa e desiderio che essa appartenga a tutti e che possa ospitare degnamente tutti: i 20 signori che erano nella loro splendida torre d’avorio, rigorosamente circondata di polizia e controlli non sembra che abbiano visto quel pianeta; o, se l’hanno visto, gli è apparso di colore verde, come i dollari e si sono subito chiesti se era quotato in Borsa.
Francamente non credo che i due mondi possano dialogare ed unirsi: ieri e oggi li ho visti molto distanti. Terribilmente distanti. Ho visto la torre d’avorio con un po’ di rabbia; e ho rinforzato il mio amore per l’altro mondo e la voglia di aiutarlo a dirigere le sorti di questa umanità e della sua unica e preziosa casa.