Rete 5G, elettrosensibilità, elettrosmog, rischi per la salute, per l’ambiente e per la biodiversità Un tema che, ancora spesso, in Italia viene sistematicamente banalizzato, ridotto ad argomento da “complottari” e da gente che non studia. Ancora una volta la realtà è ben diversa da come viene veicolata da social network e mass media. Di questo tema abbiamo parlato con il Dottor Agostino Di Ciaula, Presidente del Comitato Scientifico Nazionale di Medici per l’Ambiente ISDE e del Comitato Scientifico dell’International Society of Doctors for Environment (ISDE). Ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia nel 1989 e la specializzazione in Medicina Interna nel 1994 presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Svolge attività assistenziali in ambito ospedaliero e attività di ricerca, anche in collaborazione con università italiane ed estere, in ambito internistico, gastroenterologico, epidemiologico e sui rapporti tra ambiente e salute. È autore di numerose pubblicazioni in lingua inglese su riviste internazionali, di pubblicazioni in lingua italiana, di libri e contributi in lingua italiana e inglese. È, infine, relatore di numerosi convegni in ambito nazionale e internazionale e docente presso numerosi eventi formativi post–laurea.
In cosa consiste la Rete 5G?
Pensare che la rete 5G sia principalmente legata alla telefonia mobile sarebbe un errore e contribuirebbe a sottostimare fortemente l’entità del problema. Il network 5G servirà infatti a connettere, oltre alla rete di telefonia mobile, un’enorme varietà di dispositivi come contatori per telelettura, elettrodomestici, sistemi di telecontrollo industriale, professionale e domestico, dispositivi per controllo della mobilità veicolare, wearable, pannolini “intelligenti” e qualunque altra cosa la fantasia dei produttori possa associare alla cosiddetta IoT (“Internet of Things”).
La AGCOM, l’agenzia di controllo delle comunicazioni, stima che in fase di piena operatività saranno connessi al 5G, in Italia, circa un milione di dispositivi per Km2. Questo comporterà un preoccupante incremento della densità espositiva ad elettromagnetismo ad alta frequenza, soprattutto in aree urbane densamente popolate.
Per raggiungere questi obiettivi la rete utilizzerà frequenze e sistemi di trasmissione e ricezione complessi e in larga parte mai utilizzati prima. Inoltre, una delle caratteristiche principali del network 5G sarà la coesistenza di diverse gamme di frequenza. Il principale documento progettuale della rete 5G in Europa, “5G for Europe: an action plan”, prevede l’utilizzo delle cosiddette “bande pioniere” (700 MHz, 2.6GHz, 3.7GHz, 26 GHz) “prima di pervenire all’impiego … delle bande… identificate nelle gamme di frequenze più alte, … con particolare riferimento alle onde millimetriche… nella gamma tra 24.25 e 86 GHz”. La banda 700 MHz, in particolare, associata alle nuove tecnologie di trasmissione, avrà un’elevatissima capacità di penetrazione negli edifici e nel corpo umano. Le onde millimetriche, al contrario, hanno scarsa capacità di penetrazione (si fermano a livello di cute e sottocute) ma non per questo sono da ritenersi non pericolose per la salute, anche perché mai utilizzate su così larga scala e con una densità espositiva così ampia.
La combinazione tra elevatissimo numero di dispositivi, utilizzo di diverse frequenze operative, sovrapposizione tra vecchi e nuovi sistemi di trasmissione (in particolare micro-antenne, beamforming etc.), ridotta distanza tra dispositivi, antenne e corpo umano, determinerà un incremento della densità espositiva e, insieme, l’esposizione a frequenze (in particolare le onde millimetriche) mai utilizzate su così ampia scala, con effetti ambientali e sanitari difficilmente prevedibili e con un possibile incremento di rischi per la salute pubblica, anche in considerazione di diverse forme di vulnerabilità individuale.
Lo SCHEER, la Commissione Tecnico Scientifica della Comunità Europea, ha inserito il 5G tra i 14 massimi fattori di rischio emergenti per la salute e l’ambiente. Quali sono gli impattanti rischi per la salute umana?
Già nel 2017 oltre 350 scienziati di tutto il mondo, tra i quali i maggiori esperti sugli effetti biologici e sanitari dell’elettromagnetismo ad alta frequenza, hanno sottoscritto un appello che ricorda i rischi del 5G e richiama alla prudenza.
Nel 2019 lo SCHEER ha richiamato l’attenzione sulle incertezze legate al network 5G, soprattutto in termini di rischio sanitario e ambientale.
Più recentemente, a marzo 2020, il Parlamento Europeo ha pubblicato un documento (“Effects of 5G wireless communication on human health”) nel quale si sottolineano gli elevati costi di realizzazione delle infrastrutture, le incertezze sui possibili effetti ambientali e sanitari, la carente diffusione, da parte degli Stati membri, di informazioni adeguate sui rischi del 5G, il problema dei limiti normativi e la possibile alternativa, più sostenibile, della fibra ottica.
I rischi generici dell’elettromagnetismo ad alta frequenza (quelli delle esposizioni già ora presenti) sono ben noti e la possibilità di cancro, spesso unico argomento utilizzato, è quella che fa meno paura in termini epidemiologici. Altre possibili e in alcuni casi meglio documentate conseguenze sanitarie sono le alterazioni della riproduzione, del neurosviluppo in età pediatrica, del comportamento e del metabolismo.
La novità del 5G è che a tutto questo si aggiungeranno possibili rischi legati all’incremento della densità espositiva e all’utilizzo delle onde millimetriche. In riferimento a queste particolari frequenze, studi preliminari hanno mostrato conseguenze su espressione genica, capacità di stimolare la proliferazione cellulare, di alterare le proprietà delle membrane cellulari e dei sistemi neuromuscolari, di indurre stress ossidativo, capacità di indurre aneuploidia (fenomeno ben noto come predisponente al cancro) e possibili danni oculari. Tutte cose molto preoccupanti dal punto di vista biologico, che dimostrano come l’esposizione al 5G quasi sicuramente non avrà effetti inesistenti, come molti si affannano a sostenere.
È chiaro che molti di questi rischi andranno approfonditi con adeguati modelli di studio. Tuttavia, appare come un pericoloso e incosciente azzardo l’ignorare, come si sta facendo, le evidenze di rischio che emergono dalla letteratura scientifica internazionale e il procedere speditamente verso la piena realizzazione del network.
Cosa si intende per elettrosensibilità e quale legame ha con la Rete 5G?
L’elettrosensibilità è legata all’insorgenza di sintomi, alterazioni biologiche e, di conseguenza, compromissione dello stato di benessere e della qualità di vita in caso di esposizione ad elettromagnetismo, anche per livelli di esposizione compatibili con i limiti di legge.
L’aumentata densità espositiva legata al network 5G e l’introduzione, nella vita di tutti i giorni, di nuovi dispositivi e di sistemi di ricezione e trasmissione renderebbero praticamente impossibile, soprattutto in aree urbane e in ambienti di lavoro, impedire o ridurre volontariamente l’entità dell’esposizione ad elettromagnetismo ad alta frequenza e, dunque, potrebbero comportare un significativo peggioramento della qualità di vita nei soggetti riconosciuti come elettrosensibili.
Può un limite soglia dell’inquinamento elettromagnetico come quello dei 6 V/m (intensità di campo elettrico in luoghi abitati per almeno 4 ore al giorno) essere ritenuto idoneo per quasi vent’anni e poi, per favorire il 5G, essere cancellato da un emendamento blindato con la fiducia al governo? E’ sempre più prepotente la figura di Vittorio Colao all’interno del Governo Draghi?
La difesa della salute pubblica dovrebbe essere garantita da adeguati limiti di legge e da adeguate capacità tecniche di monitoraggio dell’esposizione umana. In questo momento questi due elementi sono entrambi ampiamente inadeguati ad affrontare il network 5G.
In Italia, i 6V/m rappresentano un limite molto più restrittivo rispetto ad altri Paesi ed è fondato sulle evidenze scientifiche disponibili. Questo limite rappresenta in questo momento una barriera allo sviluppo del 5G, in quanto non tecnicamente compatibile con lo sviluppo di un network ad elevata densità espositiva, per i motivi precedentemente descritti. Per questo c’è una forte pressione da parte delle compagnie telefoniche per adeguare i limiti attualmente esistenti in Italia a quelli di altri paesi, innalzandoli da 6 a 61 V/metro. La stessa AGCOM giudica esplicitamente i limiti italiani come un “ostacolo” all’implementazione del 5G. Questo perché, in uno scenario caratterizzato già ora dalla saturazione, soprattutto in ambito urbano, degli spazi espositivi per le emissioni da radiotelefonia, il 5G sarà aggiunto alla tecnologia esistente, creando enormi problemi. Nel “5G for Europe: an action plan” (settembre 2016) è chiaramente descritto che “Il 5G non è concepito come una tecnologia sostitutiva del 4G, ma piuttosto come complementare e integrativa dello stesso con nuove potenzialità”. L’utilizzo contemporaneo di vecchia e nuova tecnologia rappresenta, per motivazioni opposte, un grosso problema sia per i cittadini (in termini di aumento globale delle esposizioni) che per gli operatori, perché i limiti vigenti entro i quali sono ancora obbligati a muoversi hanno già “saturato” con la radiotelefonia buona parte delle aree urbane nel nostro Paese. Con i limiti vigenti sarà dunque quasi impossibile garantire servizi adeguati senza “sforare” le esposizioni, come tra l’altro dimostrato sia da modelli previsionali che da misurazioni reali.
Nel nostro Paese gli operatori di telefonia mobile sono già stati in passato “aiutati” a superare questo problema. Infatti, i limiti che fino al 2012 erano considerati “puntuali” (non dovevano MAI essere superati neanche per brevi periodi secondo il regolamento recante i tetti compatibili con la salute umana – 381/1998 ex lege 249/97, art. 1), sono ora valutati come media delle 24 ore e, quindi, in buona parte della giornata possono ampiamente superare i 6V/m rispettando comunque la legge.
A questo si aggiunga l’altro grosso problema del monitoraggio delle esposizioni. L’utilizzo di un mix così ampio di frequenze e le nuove tecnologie adottate nel network 5G (MIMO, small cells, beamforming) rendono estremamente più complicato monitorare l’esposizione individuale e rendono arcaici, superati e inadeguati gli strumenti e i regolamenti di monitoraggio che abbiamo oggi a disposizione per tutelare la salute pubblica. La caratteristica che distingue profondamente il 5G dalle precedenti tecnologie consiste nell’adozione di sistemi che consentono di ottenere fasci direzionali di emissione d’antenna con caratteristiche spaziali di tipo dinamico, con enormi oscillazioni di intensità, nel tempo e nello spazio. Questa modalità di esercizio consente di “seguire” l’utilizzatore del servizio in tempo reale e nello spazio ed è estremamente difficile da monitorare, anche in considerazione del possibile utilizzo di dispositivi che saranno a stretto contatto con la superficie corporea.
Ad oggi non esiste ancora una normativa tecnica di riferimento per il monitoraggio delle esposizioni da reti 5G che sia consolidata, universalmente riconosciuta e realmente efficace a tutelare la salute pubblica. Nonostante non vi siano strumenti, protocolli e normative adeguati al monitoraggio di questa nuova tecnologia di ricezione/trasmissione, il network 5G è già in fase avanzata di implementazione, soprattutto nel nostro Paese. La normativa vigente andrebbe dunque riformata non per favorire gli operatori ma perché siano disponibili regole adeguate e strumenti adeguati di monitoraggio già prima dell’implementazione del network. Non sembra che si stia procedendo in questa direzione e, come spesso avvenuto in passato, gli interessi privati delle compagnie stanno prevalendo sul principale interesse pubblico: la tutela certa di ambiente e salute e la minimizzazione del rischio.
Secondo recenti studi il 5G avrebbe anche un forte impatto sull’ambiente, sugli insetti, sul cibo e sul clima. Di cosa si tratta?
Non siamo gli unici organismi viventi che abitano il pianeta Terra. Se effetti biologici sono stati descritti in organismi complessi come l’essere umano, è facile immaginare come e quanto l’esposizione a radiofrequenze possa avere conseguenze su organismi più semplici. Gli entomologi, in particolare, sono molto preoccupati per gli effetti sugli insetti (soprattutto insetti utili come le api), anche questi ben documentati.
Sulla prestigiosa rivista “Science” è stato descritto come la rete 5G potrebbe ostacolare le previsioni meteo a causa dell’interferenza con alcune delle frequenze utilizzate nei sistemi di previsione di eventi meteorologici estremi come gli uragani, con conseguenze facilmente immaginabili.
Esperti di sicurezza informatica temono conseguenze derivanti da numerosi possibili utilizzi fraudolenti della rete 5G, tanto da ipotizzare addirittura una minaccia alla sicurezza nazionale.
Per finire, se oggi abbiamo in ambito urbano, in media, una stazione radio-base ogni Km2, con l’utilizzo delle “small cells” si potrà arrivare circa a 350 small cells/Km2. Se consideriamo la quantità di materie prime necessarie per realizzare dispositivi e network 5G bisognerebbe interrogarsi, oltre che sulla sostenibilità economica del progetto, sulla disponibilità, sul pianeta Terra, di abbastanza silicio, litio e fossili necessari per la produzione di tutto questo. Senza considerare le conseguenze ambientali legate ai cicli produttivi e allo smaltimento dei rifiuti prodotti. A proposito, avete già gettato via i televisori che a brevissimo non funzioneranno più solo perché le frequenze attualmente in uso per il digitale terrestre passeranno agli operatori mobili per far funzionare i servizi 5G?
I sostenitori del 5G affermano che numerosi ripetitori sarebbero meno dannosi rispetto a quelli già utilizzati. E’ possibile?
Questa affermazione si basa sulla minore potenza emissiva degli impianti per la ricetrasmissione del 5G, rispetto a quelli utilizzati con le attuali tecnologie di radiotelefonia.
Il problema è che la minore potenza si accompagnerà ad un numero di impianti enormemente superiore, all’aumento della densità espositiva, alla concentrazione dei fasci di trasmissione e alla riduzione della distanza tra antenne, dispositivi e corpo umano. Inoltre, come già detto, il network 5G non sostituirà l’esistente ma si sommerà ad esso, rendendo irrilevante la questione del confronto tra vecchio e nuovo standard. Infine, bisogna considerare ancora una volta il mix di diverse frequenze e la differente tecnologia di ricezione e trasmissione. Studi di autori della Georgia Southern University suggeriscono come l’esposizione umana da 5G in downlink (trasmissione diretta dall’antenna verso i dispositivi e la persona che li utilizza) sia superiore a quella delle trasmissioni cellulari attuali. In particolare, in ambito urbano, l’esposizione in downlink da 5G può essere da 10 a 15 volte superiore, in termini di SAR (energia assorbita), rispetto al 4G.
E’ giusto che i colossi del digitale abbiano firmato protocolli con i comuni per avviare sperimentazioni sul 5G?
La vera ingiustizia (ma non è solo un problema Italiano) è aver permesso che questo potesse accadere in assenza di adeguate garanzie a tutela della salute pubblica e in assenza di adeguate informazioni alle amministrazioni comunali e ai cittadini. Il tutto è aggravato dall’assenza di efficaci strumenti legali a disposizione delle amministrazioni comunali per limitare i rischi derivanti da vecchi e nuovi impianti. Di fatto sono imposizioni, più che scelte.
La pervasività del 5G, in futuro, come potrà permettere al consumatore di tutelarsi e informarsi?
Quando l’infrastruttura della rete 5G sarà completamente implementata e pienamente operativa sarà praticamente impossibile per chiunque tutelarsi. D’altra parte si può fare molto poco anche oggi, con le esposizioni attuali. L’unica via d’uscita sarebbe un’attenta revisione della normativa vigente in senso più cautelativo. La realtà, tuttavia, sta rapidamente procedendo in direzione esattamente opposta. A differenza delle cosiddette “abitudini voluttuarie” (fumo di sigaretta, abuso di alcolici etc.), l’esposizione ad elettromagnetismo ad alta frequenza non rende possibili scelte individuali, delegando interamente la decisione sull’esposizione ai decisori politici e all’imprenditoria privata del settore. Sono loro a decidere per noi. A farne le spese, ancora una volta, saranno le fasce più deboli e vulnerabili della popolazione.
Come procedono oggi le rivendicazioni ambientaliste contro l’elettrosmog?
Da almeno un quinquennio gli avvertimenti provenienti dal mondo scientifico e le proteste di ampie fasce della società civile proseguono incessanti e a livello internazionale. Unico risultato è stata la presa di coscienza di alcune importanti istituzioni internazionali (ad es. il Parlamento Europeo), alla quale non è però corrisposto un atteggiamento prudenziale da parte dei decisori politici nazionali.
Dal punto di vista scientifico, le evidenze disponibili continuano ad essere ignorate o sottovalutate e la mancanza di informazioni essenziali è declassificata in modo superficiale come irrilevante. Questo, dal punto di vista sanitario, genera una grave minaccia in termini di salute pubblica ed è inaccettabile persino sul piano etico.
La pandemia ci ha insegnato che la potenza economica e tecnologica degli stati non sono serviti ad evitare la catastrofe e, anzi, spesso hanno agito da amplificatore dei danni. Ci ha insegnato anche che nel bilancio dello sviluppo economico di uno stato deve essere considerata anche la salute della popolazione. Le esternalità negative (i costi legati ai rischi e ai danni sanitari) possono infatti pesantemente controbilanciare gli apparenti benefici derivanti da forme di sviluppo non sostenibile.
Come imposto in Italia dall’articolo 41 della Costituzione, non possiamo e non dobbiamo slegare le iniziative tecnologiche dalle possibili ricadute sanitarie, né rischiare che una qualunque innovazione tecnologica possa essere imposta a chiunque e senza adeguate tutele, specie quando esistono alternative sostenibili.