La monopolizzazione del dibattito e del dissenso sul green pass sta trascurando una serie di problemi reali
Tempo fa scrissi un articolo, che venne anche criticato, su alcune ragioni alla base del dissenso sul green pass.
Pressenza ha pubblicato di recente un’analisi di Antonio Minaldi che affronta una serie di aspetti che attengono al dibattito in atto sulla questione.
La protesta sul green pass è certamente determinata dal dissenso di una minoranza, il che non significa naturalmente che non vada tenuta in considerazione, ma in primo luogo, come testata nonviolenta, non possiamo non porre l’attenzione su aspetti che hanno caratterizzato, a più riprese, le manifestazioni.
Inoltre l’effetto è di ribaltare un dibattito, anche qui spesso surreale, sui media, monopolizzati dalla questione.
Il primo tema che salta agli occhi è l’assenza della critica sui decreti sicurezza a firma Salvini, di cui gli inasprimenti repressivi del dissenso, non emendati, sono assenti dalla discussione.
Di fatto proprio quelle destre sovraniste, che tanto cavalcano la protesta sulle decisioni di salute pubblica del Governo, sono incorse nella contraddizione dell’applicazione, anche a Trieste, di norme sulle manifestazioni che loro stessi hanno voluto.
Inoltre per quanto riguarda Roma: un conto è l’ottica di evitare un’ignobile carneficina come quella di Genova nel 2001 – della quale occorre tenere ben alta la memoria – per cui non sono state intraprese azioni che avrebbero potuto scatenare un’ondata di violenza, decisioni che da un punto di vista nonviolento sono assolutamente condivisibili; altro conto è non aver tutelato adeguatamente la sede CGIL con mezzi a protezione dell’entrata e un numero adeguato di agenti, cosa che avrebbe avuto con ogni probabilità l’effetto di prevenire la violazione e la devastazione della sede.
Questo, al netto di teorie complottiste, è difficile non definirlo un grave errore da parte della Questura di Roma. Difficile capire eventuali responsabilità di Lamorgese durante gestione della manifestazione del 9 ottobre, ma certamente le decisioni – e soprattutto certe non decisioni – che verranno prese al riguardo la vedranno interamente responsabile.
A fronte di questa sconcertante gestione romana dell’ordine pubblico Draghi, “a caldo”, ha dichiarato che occorreva “una stretta” sulle manifestazioni: un’altra?
Inoltre ci sono problemi ben più ampi che scatenano la rabbia: la pandemia ha creato ulteriori nuovi poveri, ha evidenziato una drammatica carenza del servizio sanitario nazionale che è stato letteralmente depredato in un decennio, e ha creato cambiamenti tanto repentini quanto radicali nell’occupazione.
Il dissenso, appiattito sulla questione green pass, sta trascurando tutte queste questioni che attengono letteralmente al nostro futuro, sta distraendo il dibattito con l’effetto di lasciare “mano libera” ai decisori su questioni vitali, primo tra tutti il PNRR e le sue implicazioni.
Questo dissenso, così manifestato e per molti incomprensibile, sta creando una spaccatura tra chi, proprio su problemi come sanità, occupazione, giustizia sociale e ambientale, parità e tutela di genere, tutela delle fragilità, diritti delle persone migranti (anch’essi lavoratori), sarebbe coeso nel dibattito.
La povertà aumentata, l’incertezza del futuro, dell’occupazione, dell’efficienza della sanità, creano conflitto sociale e rabbia, occorre ampliare lo sguardo, non dimenticare questioni che coinvolgono una platea molto più ampia di cittadini.
Occorre ristabilire una pace sociale, un’unità, in primo luogo nel dissenso.