Che la questione green pass sia uno specchietto per le allodole, utile a stornare l’attenzione dalle enormi e tragiche ricadute sulla popolazione più “debole” della politica economica del governo Draghi, si evince dai servizi delle reti televisive a commento dello sciopero dell’11 ottobre. Lo sciopero nazionale dei Sindacati di base è stato frettolosamente liquidato come protesta contro il green pass.
Se andiamo a leggere un comunicato dello sciopero, ci rendiamo subito conto che la piattaforma presentata è ben altra: in prima battuta, viene denunciato che il tanto decantato PNRR (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza) non è affatto uno strumento di supporto delle fasce sociali con maggiori difficoltà di reddito, ma essenzialmente un elargizione di denaro alle imprese. L’indebitamento della società italiana fino alla terza generazione dopo la nostra, di fatto serve per rendere più ricche e potenti le aziende.
A sostegno di tale tesi, vengono anche riportati degli esempi: sblocco dei licenziamenti. attacco al reddito di cittadinanza e tentativo di riformare in peggio ammortizzatori sociali e pensioni, nessun investimento sul trasporto pubblico locale, sulla sanità pubblica, sulle strutture scolastiche, rifinanziamento di maxi progetti inutili o addirittura dannosi come la TAV od il MOSE, tentativi di sdoganare l’energia nucleare ed il ponte sullo Stretto di Messina.
Insomma, una denuncia articolata, derivata da un’analisi complessa che non può essere ridotta al semplice “il green pass limita la nostra libertà”.
Secondo questa piattaforma i problemi sono molto più gravi.
Eppure fatichiamo a trovare un media che abbia non dico riportato, ma anche solo letto attentamente il documento di critica e le proposte; ne riportiamo alcune, selezionate quasi a casaccio, ad esempio il rilancio degli investimenti pubblici nella scuola, nella sanità e nei trasporti e per il contrasto alla precarietà e allo sfruttamento: abrogazione del Jobs Act, superamento degli appalti e del dumping contrattuale, contrasto all’utilizzo indiscriminato dei contratti precari, abolizione dello sblocco dei licenziamenti ecc.
Liquidando frettolosamente qualunque opposizione sotto l’ombrello della polemica green pass, ancora una volta i media si rendono utili al governo, sposando la narrazione di regime secondo la quale tutto sta andando per il meglio e la meravigliosa ruota dell’economia liberista, nella sua fase di crescita e rilancio, porterà pace e prosperità.
Questa narrazione fa acqua da tutte le parti.
E’ evidente che le cose non stanno andando per il meglio, che il divario tra ricchi e poveri si sta facendo sempre più ampio e profondo.
E’ sotto gli occhi di tutti che, nel tentativo di recuperare quote di guadagno messe a repentaglio dalla crisi economica (in atto ben prima della pandemia), si sta rendendo sempre più invivibile il nostro territorio.
Al cittadino non viene fatta ascoltare qualsivoglia voce che si levi a mettere in discussione questo processo, non viene fatta arrivare quella narrazione che mette in primo piano le sofferenze di ormai milioni di persone sempre più allontanate dalle fonti di reddito e costrette a città invivibili, inquinate e con scuole ed ospedali in stato pietoso oppure a campagne a rischio di esondazione continua o disseminate di rifiuti tossici.
Gli scomodi contenuti e le fastidiose (per il governo ed i suoi sostenitori) rivendicazioni dello sciopero dei sindacati di base sono stati banalizzati ed affogati in un marasma generale di semplificazione e distorsione.
Quando la sofferenza sociale diventa troppo forte da canalizzare, rimangono sempre i vecchi metodi del manganello e della prigione ma, attenzione, la storia insegna che nessun regime riesce a mantenersi a lungo con questi metodi.