C’era una volta l’orgoglioso impero della Gran Bretagna, che a fine 800 era espanso nei 4 continenti non europei, poi nel 1931 travestì il dominio diretto con un legame più sottile ma molto forte con il Commonwealth delle nazioni, un’organizzazione intergovernativa di 54 Stati indipendenti, tutti accomunati (eccetto il Mozambico e il Ruanda) dalla passata appartenenza all’impero britannico. Ma la boria imperiale, rafforzata dall’orgoglio di avere resistito all’attacco nazista nella seconda guerra mondiale, venne definitivamente umiliata, insieme a quella della Francia, nella supponente ma fallimentare occupazione militare del Canale di Suez nel 1956.1
Dal 2021 – per quanto è a mia diretta conoscenza – le ambizioni imperiali di quella che Mussolini denominava “la perfida Albione” sembrano risvegliarsi prepotentemente: sempre, ormai, in funzione subalterna agli Stati Uniti.
In un precedente articolo2 avevo discusso brevemente negli Aggiornamenti l’inattesa decisione della Gran Bretagna di un aumento significativo del limite superiore del proprio arsenale nucleare, decisione che a dire il vero si aggiunge all’ambizioso, e costosissimo (e tutt’altro che pacifico!), programma di costruzione di nuovi sommergibili e missili balistici nucleari: tanto più che, come insistono Kristensen e Korda, <<Il deterrente nucleare del Regno Unito dipende pesantemente dall’infrastruttura nucleare americana, al punto che la sua indipendenza è stata a lungo in discussione. Il Regno Unito non possiede missili propri, ma ha titolo a 58 Trident SLBM da un pool di missili condivisi con la Marina degli Stati Uniti.>>
Questa decisione ora si intreccia e, direi, assume un significato nuovo, con il patto AUKUS tra Usa-Gran Bretagna-Australia, nel contesto del quale vi è la collaborazione per acquisire una flotta di sottomarini a propulsione nucleare (anche se non armati con armi nucleari). Una conseguenza diretta di ciò è l’annullamento da parte dell’Australia di un contratto, del valore di decine di miliardi di dollari, firmato nel 2016 con la Francia per sottomarini diesel-elettrici. È naturale che il patto AUKUS, oltre ad aver sollevato le ire della Cina, abbia provocato un reazione ancora più forte della Francia, ma come opportunamente ci ricorda Alberto Negri3 conferma anche la fregatura dell’Italia la quale già a giugno si era vista sottrarre la maxi-fornitura di fregate (mai nome è stato più appropriato) Fremm alla marina australiana della statale Fincantieri, un progetto di cui sono partner anche i francesi di Naval Group: <<“La coltellata alla schiena” di cui parla il ministro degli esteri francese Le Drian a proposito del patto AUKUS è l’inizio di una grande partita geopolitica che da una parte ha come obiettivo quello di esercitare pressioni sulla Cina ma dall’altro ha pure quello di ridefinire le aree di espansione militare ed economica in un mondo che investe l’Eurasia e il Pacifico. Gli Stati Uniti vogliono lasciare le briciole anche agli alleati e insieme qualche trappola che tenga impegnati amici e nemici, dall’Afghanistan all’Iraq>>. E intanto noi continuiamo a rimanere subalterni alla Nato, subendo gli incrementi della spesa militare, investendo altre risorse umane e materiali nelle missioni militari all’estero, e ricevendo in cambio schiaffoni!
L’Econmist del 19 settembre titola “I riverberi strategici dell’accordo AUKUS saranno grandi e duraturi. Sta avvenendo un profondo cambiamento geopolitico”.
Non mi sembra un caso che nel quadro di questo nuovo slancio la Gran Bretagna stia proiettando la propria potenza militare e le proprie ambizioni verso il Pacifico e i mari della Cina. Dalla fine di luglio, infatti, Londra è impegnata con il suo Queen Elizabeth Carrier Strike Group (CSG21) unitamente ad ad altre sei forze navali – di Stati Uniti, Giappone, Australia e India – per esercitazioni militari congiunte nei mari della Cina meridionale e orientale.4 Queste esercitazioni coinvolgeranno anche potenze regionali – Corea del Sud, Singapore e altri – e hanno già incluso complicate manovre di “interoperabilità” con il gruppo di portaerei statunitensi Carl Vincent e vari jet da combattimento F-35.
Le tensioni di questa regione, è bene ricordarlo, risalgono a questioni irrisolte della seconda guerra mondiale e alle persistenti divisioni della guerra fredda. Si pensi ad esempio al Giappone che, nonostante l’inclusione nella sua costituzione nel 1947 della clausola “niente guerra” (articolo 9), non ha mai affrontato pienamente le brutalità delle sue occupazioni imperialiste della seconda guerra mondiale, per le quali permangono problemi nelle sue relazioni con i suoi vicini, la Cina e le due Coree. Allo stesso tempo gli strascichi della guerra fredda permangono dalla “sospensione” della Guerra di Corea (1950-1953) che ha sancito la divisione fra le due Coree ma non è mai stata suggellata da un trattato di pace; come anche nella separazione di Taiwan dalla Cina. Si pensi che gli Stati Uniti mantengono 28.000 soldati in Corea del Sud, ed hanno installato sistemi di difesa missilistica ad alta quota. D’altra parte l’arrogante politica di Washington nei confronti della Corea del Nord ha indotto quest’ultima a sviluppare l’armamento nucleare5. Intanto nel Mar Cinese Meridionale – dove la Cina, il Vietnam, le Filippine, la Malesia, il Brunei e l’Indonesia sono tutti in disputa per le rivendicazioni sul territorio marittimo – le esercitazioni statunitensi per la “libertà di navigazione” hanno ovviamente esasperato le tensioni.
La spedizione CSG21 si inserisce in questo complesso scacchiere come componente di una nuova fase di militarizzazione, dove Biden aumenta le incursioni navali, comprese le provocazioni nello stretto di Taiwan. Il disegno è chiaramente di unire l’Australia e il Giappone, insieme all’India, in un’alleanza anti-Cina.
La Gran Bretagna sta evidentemente sviluppando un’operazione indo-pacifica per insinuarsi nei giochi dietro gli Stati Uniti per mantenere il dominio imperialista sul Pacifico. Senza contare poi che la spedizione CSG21 da alla Gran Bretagna l’opportunità di promuovere le tecnologie militari della BAE systems, in particolare le capacità di combattimento delle portaerei e di vendere le sue tecnologie.
La spedizione CSG21 prevede, e in parte ha già sviluppato, un’esercitazione con la marina di Singapore comprendente la Malesia, l’Australia e la Nuova Zelanda; con il Giappone per costruire una partnership militare attraverso un programma di esercitazioni bilaterali marittime e aeree con le forze di ‘autodifesa’ del Giappone; con la Corea del Sud con il proposito di incrinare la politica di pace del presidente Moon Jae-in verso la Corea del Nord, poiché la presenza della Gran Bretagna da effettivamente una spinta all’opposizione di destra che sta sfidando il partito di Moon nelle elezioni del prossimo anno. Corrispondentemente la Corea del Nord ha denunciato il dispiegamento del gruppo di portaerei come una provocazione che potrebbe infiammare la situazione.
Dietro (ovviamente) la politica sempre più aggressiva degli Stati Uniti verso la Cina, la Gran Bretagna promuove attivamente la militarizzazione e la destabilizzazione della regione. Così il governo di Sua Maestà ha annunciato che schiererà permanentemente due navi da guerra in Giappone o nelle sue vicinanze, stabilendo una base per ulteriori interferenze.
Ritorna dunque la vocazione imperialista britannica, se pure ormai accodata a quella statunitense, ma non meno pericolosa.
1. <<Il 29 ottobre del 1956 l’esercito israeliano, segretamente d’accordo con i governi di Francia e Regno Unito, oltrepassò il confine egiziano e iniziò l’invasione della penisola del Sinai, con l’obiettivo di conquistare il canale di Suez, che pochi mesi prima era stato nazionalizzato dal presidente egiziano Nasser, che lo espropriò ai suoi azionisti francesi e britannici. Il conflitto, durato appena otto giorni, segnò la fine delle ambizioni globali delle antiche potenze coloniali europee e l’affermazione di Israele come potenza militare del Medio Oriente, e chiarì a tutti che nel mondo erano rimaste soltanto due superpotenze: gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.>>, sintesi dal Post, La crisi di Suez, 60 anni fa, 29 ottobre 2016, https://www.ilpost.it/2016/10/29/crisi-di-suez-sinai/.
2. https://www.pressenza.com/it/2021/09/allarme-riarmo-nucleare-della-cina-e-il-vero-pericolo-o-un-pretesto-in-piu/
3. Alberto Negri, “L’«anglosfera» fa fuori anche Fincantieri”, Il Manifesto, 19 settembre 2021.
4. Le informazioni che seguono sono basate sull’articolo di Jenny Clegg, “Biden has been hotting up the new cold war with China and Britain is proving a willing ally”, Stop the War Coalition, 16 settembre 2021, https://www.stopwar.org.uk/article/global-britains-military-mission-to-destabilise-east-asia/?link_id=9&can_id=886c7703fafc4e176499711442c665ec&source=email-coming-up-this-week-11&email_referrer=email_1293674&email_subject=statement-on-the-aukus-alliance-and-coming-up-this-week-20th-anniversary-events.
5. Ho presentato un’accurata ricostruzione delle relazioni fra la Corea del Nord e gli USA 5 anni fa, “La resistibile ascesa nucleare della Corea del Nord”, Pressenza, 3 maggio 2017, https://www.pressenza.com/it/2017/05/la-resistibile-ascesa-nucleare-della-corea-del-nord/.