Mentre gli omicidi di Rafael Nahuel e Santiago Maldonado restano impuniti, nella cosiddetta causa “La Trochita” sei imputati mapuche sono stati portati a processo per aver rivendicato il loro diritto di riappropriarsi dei territori usurpati.
La foto di Emilio Haula con la mandibola perforata e insanguinata ha raggiunto e superato il territorio Mapuche. Il messaggio della foto non ha lasciato trasparire alcun dubbio e ha racchiuso in sé un intero contesto storico e socioculturale. Un odio stantio e viscerale si scarica e colpisce costantemente un determinato gruppo di persone della società, da quando l’Argentina stessa esiste.
Più nello specifico, questa foto riguarda il secondo giorno di rivolta nel quale Fausto Jones Haula è stato vittima di un attacco in cui ha perso l’udito a un orecchio a causa di un colpo sparato dalla polizia di frontiera. Il giorno prima, il 10 gennaio 2017, durante le prime ore del mattino e nel corso della giornata, le guardie di frontiera nazionali e la polizia provinciale della Provincia del Chubut hanno effettuato perquisizioni, vessazioni ed umiliazioni senza precedenti nella storia recente dell’Argentina. Spari con proiettili di piombo e gomma, donne trascinate per i capelli lungo i pavimenti, ragazzi e ragazze Mapuche cosparsi con le polveri chimiche degli estintori, torture nelle celle delle centrali di polizia e repressioni nei territori che erano stati recuperati. Paradossalmente, non saranno queste forze dell’ordine a stare sul banco degli imputati, bensì le vittime stesse. Di seguito, il racconto di Ariel Garzi e Mirta Curruhuinca, due delle sei persone che hanno visto la morte da vicino e che, nonostante tutto, sono ancora in piedi a difendere un territorio minacciato da manovre a favore di attività estrattive e immobiliari.
Ariel Garzi è uno dei principali testimoni della sparizione e dell’omicidio di Santiago Maldonado durante la repressione attuata a Pu Lof en Resistencia a Cushamen il 1° agosto 2017. Tuttavia, l’ex Ministra della Sicurezza Nazionale, Patricia Bullrich, ha reso pubblico il suo nome, mettendo in pericolo la vita di questo giovane per la seconda volta.
“Il processo riguarda la repressione che ha subìto la comunità di Pu Lof en Resistencia nel Dipartimento di Cushamen il 10 gennaio 2017, intorno alle 7:30 del mattino. Eravamo meno di dieci uomini intenti a difendere le donne, i bambini e le bambine della comunità, contro più di 350 soldati in posizione appartenenti a diverse forze repressive, tra cui la gendarmeria nazionale e la polizia federale e provinciale (di Chubut). La repressione finì con tre detenuti nel penitenziario 14 di Esquel. Le accuse in quel momento erano varie. Ne è stata archiviarne una, ovvero il taglio della linea ferroviaria ‘La Trochita’, ma restavano le accuse di ‘Resistenza a pubblico ufficiale’ e ‘Danno aggravato’ ai soldati della polizia di frontiera e a una giumenta del comando di cavalleria della polizia”.
Da parte sua, Mirta Curruhuinca, imputata nel processo giudiziario insieme ad altre quattro persone (Ricardo Antihual, Vanesa Millañanco, Ailinco Pilquiman y Nicolás Hernández Huala), riferisce che in quel momento si era tenuto un incontro tra Mario Das Neves (ex governatore del Chubut) e la Corporación de Fomento de Chubut (CORFO), convocato dalle comunità di modo per rispettare la consultazione preventiva, libera e informata contemplata dalla Convenzione Internazionale 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, dato che la linea ferroviaria turistica “La Trochita” attraversa le terre ancestrali recuperate. La risposta di Das Neves, come quella di molti altri dirigenti politici argentini attuali, è stata violenta, superba e caricata di un razzismo incommensurabile: “Non darò ascolto ad un gruppo di delinquenti, né tantomeno gli chiederò il permesso”.
Il progetto turistico della ferrovia “La Trochita”, così come la diga Proyecto Multipropósito de Nehueve, le torri di fracking della piattaforma di Vaca Muerta e l’enorme miniera nel Chubut fanno parte della stessa struttura neo-estrattiva e usurpatrice, in cui le famiglie preesistenti allo Stato Nazionale vengono lasciate alla mercè delle città o incriminate legalmente con accuse ingiuste a causa delle loro posizioni in difesa delle fonti d’acqua e della biodiversità naturale. Per questo caso ancora non esiste un autentico responsabile per l’omicidio di Rafael Nahuel e Santiago Maldonado. Sono i poteri giuridici e politici provinciali insieme al Ministero della Sicurezza Nazionale di turno, quelli che usano tutti i loro strumenti istituzionali a beneficio dei proprietari terrieri e di progetti statali etnocidi. Dal 2017 ad ora, inclusa questa tappa di isolamento sociale obbligatoria, tutto questo è aumentato e continuerà ad aumentare verso un percorso di coscienza e resistenza, di repressioni e persecuzioni legali.
“Oggi siamo noi, ma domani saranno altri nostri compagni, forse perché questa lotta che si sta combattendo qui nel sud, in Patagonia, non si fermerà. C’è una rivolta da parte del nostro popolo, di persone povere che sono stanche di essere calpestate e represse. La gente si sta ribellando! E’ incoraggiante sapere che la nostra gente si sta ribellando, che ci sono gruppi di resistenza in diversi luoghi e gruppi che stanno tornando nei territori per difenderli. Il ‘ngenko’ (spirito che gestisce e governa le risorse dell’acqua, N.d.T) ci sta facendo ribellare e stiamo resistendo in vari luoghi della Patagonia!”.
Mentre trascrivo il racconto di Mirta Curruhuinca, Ariel Garzi mi comunica al telefono che quel 10 agosto un proiettile di gomma lo ha colpito alla testa e che nel pomeriggio di quello stesso giorno vari fratelli Mapuche sono stati torturati nel commissariato di El Maitén. “Quella che ha avuto la peggio è stata una nostra sorella Mapuche alla quale hanno rotto una mano. Allo stesso modo, gli uomini sono stati riempiti di botte e il furgone con il quale si muovevano è stato crivellato con proiettili di piombo. I segni erano all’altezza della testa”. Tuttavia, nessuno di questi atti di violenza ha portato in tribunale agenti o gendarmi e i rappresentanti politici della Provincia del Chubut non hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche.
Ancora una volta la Storia dell’Argentina registra solo i caduti di un lato del campo di battaglia e intanto i soldati patrioti continuano a essere intoccabili, impuniti e impunibili.
Traduzione dallo spagnolo di Caterina Mauriello. Revisione di Thomas Schmid.