L’iconografia ufficiale lo ritrae con la spada sguainata su un imponente cavallo attorniato dai suoi generali: è il famoso “Grito do Ipiranga“, quando il futuro imperatore, don Pedro I, ai margini del fiume chiamato appunto Ipiranga, sfida il potere centrale esclamando a gran voce: Indipendenza o morte. L’immagine è su tutti i libri di storia che però deturpano, o manipolano, la verità dei fatti. Don Pedro arrivava a São Paulo, proveniente da Santos. La strada di quell’epoca era poco più di un sentiero costruito sugli antichi percorsi indigeni. Una salita terribilmente scivolosa in mezzo alla foresta tropicale, tra tafani grossi come pipistrelli e serpenti velenosi, costeggiata da precipizi di centinaia di metri e cascate d’acqua da vertigine. Un percorso di un centinaio di chilometri la cui durata variava a seconda della comitiva, tre, quattro, cinque giorni. E certamente non a cavallo, ma a dorso di mulo. Men che meno in alta uniforme, con medaglie sul petto e feluca in testa, come il famoso quadro ci vuole far credere.
Insomma, il gesto iniziale dell’indipendenza brasiliana potrebbe anche essere stato il grido Indipendenza o morte, ma fu certamente proferito da un uomo stanchissimo, sudato, maleodorante, accompagnato da una corte dei miracoli di servi e schiavi, e soprattutto, a dorso di un indecoroso mulo. Altro che generali, alta uniforme e spada sguainata. Al massimo un bastone da pellegrino. Ecco quindi che il mito fondatore da Farsa (il dipinto) si trasforma in Storia.
Da allora, in quel giorno si commemora la festa dell’indipendenza. Era il 7 settembre del 18… ma non importa. Invece quello che succederà il prossimo 7 settembre importa eccome. Le minacce di Bolsonaro all’ordine democratico sono tali che l’ambasciata americana ha emesso un comunicato in cui si avvisano i cittadini statunitensi del pericolo imminente di scontri. La data commemorativa sarà usata per mobilitare la popolazione e le forze di sicurezza contro le istituzioni democratiche, principalmente il Supremo Tribunale Federale, i cui membri sono stati singolarmente e fisicamente minacciati più volte dallo stesso presidente o dal suo diretto entourage.
Bolsonaro ha un forte seguito nelle strutture delle polizie militari dei singoli stati. Alcuni comandanti hanno convocato la truppa a partecipare alle manifestazioni, rompendo la linea gerarchica che li sottopone agli ordini dei governatori di stato e non certo della presidenza della repubblica.
In questa data da quasi trent’anni si svolge in tutto il Brasile il “Grido degli Esclusi”, una grande manifestazione organizzata dai movimenti sociali, dai senza tetto, i senza terra, i giovani, gli studenti, i lavoratori disoccupati, gli indios, le favelas, i dannati della Terra. Quest’anno abbiamo il presidente in persona ad organizzare l’ammutinamento delle polizie militari, a minacciare i membri del Supremo Tribunale e ad annunciare il colpo di stato.
La manifestazione del Grido degli Esclusi è stata confermata. L’ambasciata americana avverte i suoi cittadini del pericolo, come a Kabul. Il presidente sempre in cerca del facile applauso bovino, dichiara in pubblico: Nel mio futuro ci sono tre possibilità: la mia morte, il mio arresto, o la vittoria!
Hanno tentato di ucciderci attraverso la gestione della pandemia che ha lasciato seicentomila cadaveri esposti, il 7 di settembre ci possono sparare addosso tra le risate della nazione. Lo annunciò l’allora candidato alla presidenza, Bolsonaro, in un comizio davanti alla sua accozzaglia di fanatici: li fucileremo tutti.
Dicono che al ripetersi la Storia diventa Farsa. In Brasile invece l’eterna successione di Farse si è sempre ripetuta come Storia.
Stavolta, contraddicendo me stesso, le mie affermazioni proferite in queste pagine, rinnegando ogni principio di sicurezza, sarò in piazza anch’io. Magari mi sparano addosso davvero. Magari qualche candelotto lacrimogeno me lo becco sul serio, magari mi arrestano, mi torturano, mi ammazzano, fanno sparire il mio cadavere e divento un martire della resistenza. Magari invece sarà la solita innocua manifestazione democratica con le famiglie, le suocere, i bambini e i cartelli colorati. Prigionieri della Farsa, aspettiamo che si faccia la Storia. Ci vediamo in piazza.