La storia del colpo di stato è già tutta scritta, dall’Operazione Lava Jato – la fantomatica inchiesta contro la corruzione, rivelatasi il principale strumento della sistematica distruzione economica e sociale – in poi, conosciamo tutti i suoi dettagli, abbiamo assistito in disparte alla distruzione della credibilità democratica.
Abbiamo visto la deposizione della presidente Dilma Rousseff; abbiamo visto Michel Temer, il suo sostituto, affogare nella palude del malaffare e la sua riforma del lavoro creare milioni di disoccupati, precarizzare i rapporti, distruggere i sindacati. Abbiamo visto la logica del profitto dilapidare il patrimonio nazionale, prima rovinando e poi vendendo a prezzo stracciato le aziende statali più redditizie ed efficienti, come la Petrobras e le Poste. Abbiamo visto la riforma della previdenza sociale mettere fine alle garanzie del sistema pensionistico. Abbiamo visto il più grande leader popolare delle Americhe venire esposto al pubblico ludibrio ed essere gettato in galera, abbiamo visto l’elezione del nuovo fascismo che di nuovo non ha proprio nulla. Abbiamo visto tutto. Abbiamo visto l’attacco del capitale speculativo distruggere la città di Brumadinho, sepolta sotto un fiume di fango fuoriuscito da una diga che avrebbe dovuto contenere gli scarti delle estrazioni minerali; abbiamo visto l’Amazzonia in fiamme e il Pantanal ridotto in cenere. Abbiamo visto massacrare i popoli indigeni, abbiamo visto le favelas di Rio saccheggiate dalle milizie e mitragliate da elicotteri assassini, abbiamo visto i morti sul selciato, a decine.
Abbiamo visto la cultura brasiliana umiliata e distrutta in favore dei conglomerati economici che trattano l’insegnamento e la scuola come un affare lucrativo. Abbiamo visto i nostri musei crollare sotto il peso dell’incuria. Abbiamo visto interi quartieri storici di San Paolo distrutti dall’avidità della speculazione edilizia perché abbandonati dagli enti comunali che avrebbero dovuto preservarli. Abbiamo visto la pandemia negata, abbiamo visto la nostra gente morire senza ossigeno. Abbiamo visto i generali, gli stessi che oggi sfilano a Brasilia, occupare il ministero della salute, battere i tacchi ad affaristi senza scrupoli per speculare sulla vita di ognuno di noi. Abbiamo visto medicine inefficaci distribuite come panacea e tocca sana a migliaia di persone lasciate morire nei corridoi di ospedali immondi. Abbiamo visto la fame tornare a tutta forza e la nostra gente in file chilometriche per ricevere ossa di bue e e ceste alimentari semivuote. Abbiamo visto le code nelle favelas e nelle baracche, abbiamo visto il potere del denaro distruggere le nostre cose più belle. L’abbiamo visto davvero. Abbiamo visto tutto. Abbiamo visto bambini scomparire per non tornare mai più, abbiamo visto le mitragliatrici dei soldati sparare alle famiglie nelle loro auto, abbiamo visto Marielle Franco in una pozza di sangue e la targa in sua memoria essere fatta a pezzi dalle mani vigliacche del governatore e i suoi scagnozzi. Abbiamo visto la risata cinica del potere deridere il dolore e la sofferenza del popolo brasiliano.
Il giornale inglese The Guardian si sbaglia di grosso. Definisce quello che è successo come un pagliacciata degna della peggior Banana Republic.
Ma quello a cui assistiamo oggi non è una semplice esibizione muscolare di qualcuno che ha dichiarato essere immune al covid a causa del su o passato di atleta. I suoi muscoli rachitici, il suo ventre deforme, la sua andatura incespicante, il suo discorso intasato da difetti di pronuncia, non ci fanno ridere. Quello a cui stiamo assistendo non è una minaccia di colpo di stato. È il colpo di stato in atto, anzi, è il golpe già avvenuto. E noi abbiamo perso malamente. Abbiamo perso perché non eravamo e non siamo capaci di reagire. Abbiamo permesso che tutto questo accadesse senza avere la capacità di coordinare una risposta all’altezza della provocazione. Perché a provocazioni simili, reagire non è solo un diritto, reagire è un dovere.
La parata militare di carri armati proprio nel momento in cui in parlamento si discute sul cambiamento del sistema elettorale è l’ultima minaccia alla sopravvivenza democratica della nazione. E dico di più, è il dito puntato contro ognuno di noi. Non è una pagliacciata. Ed è stato proprio lui, il presidente, a imporre questa discussione, minacciando la sospensione delle elezioni del prossimo anno se il sistema elettorale non venisse cambiato.
La storia del colpo di stato ha voltato pagina. Ora, mentre i carri armati percorrono i viali della capitale della nazione, i nostri nemici insultano e accusano un prete. Sì, un semplice prete che non sopporta più tanta miseria intorno a sé e ha deciso di aiutare fisicamente ognuno degli uomini di strada che incontra nel suo cammino: aprendo la porta della sua chiesa per proteggerli dal freddo polare che devasta la città, distribuendo cibo agli affamati, condividendo il marciapiede con i tossici. Un prete. Ora è accusato di favorire il crimine organizzato. Pranzo frugale e coperte, abbracci e sorrisi, per i nostri nemici danno l’avvallo e favorisco la più grande fazione criminale del Brasile. Lo dicono ufficialmente dal pulpito dell’assemblea legislativa dello Stato di São Paulo, usando le prerogative di deputati. Il loro discorso ripugnante è la sintesi del golpe, è più forte dei carri armati, è l’essenza del nuovo e sempre vecchio fascismo al quale non abbiamo saputo dare una risposta adeguata. E tu da che parte stai? I carri armati o la democrazia? Da che parte stai? I deputati o un prete di strada?
Beth Carvalho, leggendaria sambista, da sempre in prima linea in ogni momento cruciale del paese, già indebolita dalla malattia, registrò nei giorni dell’impeachment un samba memorabile in cui invitava la nazione: Vamos honrar nossa raiz, vamos sair e dar as mãos para salvar nosso país: Não vai ter golpe de novo, reage, reage meu povo! Onoriamo le nostre radici, usciamo di casa e diamoci le mani per salvare il nostro paese: Non ci sarà più nessun colpo di stato, reagisci, reagisci popolo mio!
E faccio mie le sue parole. Ora la lotta è per la sopravvivenza, la lotta è per la vita: è arrivato il momento di reagiere. Reagisci popolo mio! Reagisci!