Un’indagine condotta da Amnesty International nel Donbass a fine agosto e fine settembre ha accertato che in Ucraina orientale vi sono stati casi isolati di uccisioni sommarie e deliberate da parte dei gruppi separatisti filo-russi e delle forze pro-Kiev, ma non della dimensione riferita dai media e dalle autorità della Russia.
Nel corso dell’indagine, Amnesty International ha intervistato vittime di violazioni dei diritti umani e loro familiari, testimoni oculari, autorità locali delle regioni di Luhansk e Donetsk, personale medico e combattenti di entrambe le parti in conflitto.
“Non c’è dubbio che in Ucraina orientale entrambe le parti stiano compiendo uccisioni sommarie e atrocità, ma è come se alcuni episodi non fossero stati resi noti e altri volutamente riferiti in modo erroneo. È chiaro, inoltre, che alcune delle denunce più sensazionali, riferite soprattutto dai media russi, sono state ampiamente esagerate” – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.
“Anziché accusarsi a vicenda, entrambe le parti dovrebbero sforzarsi di indagare sulle uccisioni sommarie e porvi fine” – ha aggiunto Dalhuisen.
Le “fosse comuni” nella regione di Donetsk
Il 23 settembre i media russi hanno dato la notizia della scoperta di “fosse comuni” a Komunar e Nyzhnya Krynka, due villaggi adiacenti della regione di Donetsk che fino a due giorni prima erano stati controllati dalle forze pro-Kiev. La stampa russa ha riferito della scoperta di corpi di donne recanti segni di tortura, una delle quali incinta. È stata poi data eco alla dichiarazione del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov secondo il quale nella zona erano stati ritrovati oltre 400 corpi ed era necessaria un’indagine internazionale.
Amnesty International ha visitato la zona il 26 settembre, rinvenendo prove stringenti a carico delle forze pro-Kiev circa l’esecuzione extragiudiziale di quattro uomini sepolti in due fosse nei pressi del villaggio di Komunar. Altri cinque corpi rinvenuti in una fossa adiacente appartenevano a membri di gruppi separatisti. Amnesty International ne ha avuto conferma da combattenti dell’unità di cui i cinque facevano parte.
“A prescindere dalle dichiarazioni russe, la realtà riscontrata sul terreno da Amnesty International è già sufficientemente amara. Quattro civili locali sono stati uccisi sommariamente, dalle forze armate ucraine o dai gruppi pro-Kiev. Su questo è necessario indagare in modo approfondito. L’episodio tuttavia rivela fino a che punto le denunce di abusi vengano gonfiate, soprattutto dalle autorità russe, nella parallela guerra di propaganda” – ha commentato Dalhuisen.
Uccisioni di prigionieri da parte di gruppi filo-russi
Dall’aprile 2014, Amnesty International sta ricevendo un numero sempre maggiore di denunce di uccisioni sommarie e deliberate da parte delle forze separatiste. Tra le vittime, figurano attivisti pro-Kiev, persone sospettate di simpatizzare per il governo centrale, criminali comuni e combattenti fatti prigionieri.
La prima apparente conferma di queste denunce è stata la scoperta di due corpi, il 19 aprile, nei pressi della città di Raigodorok, nella regione di Donetsk. Si trattava di Volodymyr Rybak, un attivista pro-Kiev e deputato del partito “Patria”, e di Yury Popravko, uno studente di Kiev. I loro corpi recavano segni di torture.
Amnesty International ha riscontrato prove convincenti dell’uccisione di due prigionieri il 22 luglio, quando erano nelle mani delle forze separatiste nelle celle della stazione di polizia di Severodonetsk, nella regione di Luhansk.
Un uomo d’affari detenuto nella stessa struttura, sospettato di far parte del partito “Patria”, ha raccontato ad Amnesty International: “Alle 4.30 un combattente ci ha svegliato urlando ‘In piedi! Evacuazione!’. Hanno aperto tre o quattro celle e ho sentito una serie di colpi, sei od otto. Era come la roulette: alcuni li uccidevano, altri li rilasciavano, altri li portavano via”.
“Amnesty International non ha rinvenuto, né le sono state presentate, prove convincenti su uccisioni di massa o fosse comuni. Abbiamo verificato episodi isolati di esecuzioni sommarie che, in alcuni casi, costituiscono crimini di guerra. Questi abusi devono cessare. Tutti i casi sospetti dovrebbero essere oggetto di indagini efficaci e i responsabili da entrambe le parti dovrebbero essere sottoposti alla giustizia” – ha concluso Dalhuisen.