ResQ People, la nostra nave con i suoi venti membri di equipaggio, sta solcando il Mediterraneo verso il braccio di mare dove spesso avvengono i naufragi e muoiono esseri umani. Questo è ciò che fa, e questo fanno le altre navi umanitarie della flotta civile, in supplenza di chi non lo fa, ossia le istituzioni dei paesi europei.
Cinque righe in cui ribadisco l’ovvio? Forse sì, ma è questo che va detto. Se un appellativo va dato alla nave di ResQ è di “ambulanza del mare”, non certo di taxi o peggio. Se c’è qualcuno in difficoltà, lo si assiste, lo si salva. Se qualcuno è disidratato perché privo di acqua da due giorni o più, lo si disseta, se ha le bruciature sulla pelle per la mescolanza corrosiva di acqua e gasolio, si leniscono le ferite, se qualcuno ha subito bastonate, elettroshock, stupri, pestaggi, lo si cura. Se sta per affogare lo si trae in salvo.
Questo sta per fare la ResQ People. Va detto? Va detto. Perché in questi giorni ci sentiamo tirare per la giacca dentro ambiti che non ci appartengono: fini analisi geopolitiche sull’utilizzo dei migranti come “arma di guerra”, dibattiti sul ius soli, teorizzazioni sull’influenza che le navi umanitarie eserciterebbero sulla politica, propaganda che accosta addirittura i divieti d’ingresso per chi non ha il green pass con gli “ingressi indiscriminati” dei migranti (ovviamente definiti impropriamente clandestini), e altre amenità del genere.
No, a questo gioco pseudo dialettico nel quale tutte le vacche nella notte diventano nere non ci stiamo. Il ius soli non c’entra nulla, le politiche della Turchia o della Bielorussia, o ancora della Danimarca o di chicchessia non c’entrano nulla. Gli atleti italiani delle Olimpiadi non c’entrano nulla. Il Covid e le politiche di contenimento della pandemia non c’entrano nulla. C’entra soltanto che il Mediterraneo centrale è diventato la rotta più letale del mondo. Che più di mille persone vi hanno perduto le vita nel solo 2021, che più di 15 mila malcapitati si sono visti riportare dalla cosiddetta Guardia Costiera Libica in quei gironi infernali da cui erano appena fuggiti.
Occorre davvero disincrostare il tema delle migrazioni dai filtri distorsivi di chi vuole solleticare la pancia dell’elettorato, di chi vuol vendere qualche copia in più, di chi ha bisogno di visibilità politica.
Tutto ciò non ci appartiene, e non vogliamo farci tirare per la giacca. Sarebbe come se qualcuno ritenesse che un mezzo di soccorso del 118 prima di soccorrere qualcuno debba disquisire sul passaporto o il colore della pelle di chi ha subito l’incidente, se è meritevole di essere assistito oppure no, se ha pagato le tasse per aver diritto a entrare in ospedale.
Ogni essere umano ha diritto al soccorso e alla vita. Siamo un’ambulanza del mare, e siamo partiti per il Mediterraneo centrale perché il “118” italiano ed europeo ha ritirato le ambulanze e non manda più nessuno a salvare chi è in pericolo. Anzi, come nel caso della Libia, affida i soccorsi a chi ha provocato gli incidenti. A chi detiene, stupra, bastona, estorce denaro, malversa dei poveri cristi che provengono da situazioni invivibili in cerca di un futuro migliore. Anche questo è ribadire l’ovvio? Va bene, se è così, ribadiamo l’ovvio.
E sia chiaro: nessuno fermerà ResQ People dal solcare il Mediterraneo finché chi lo deve fare non lo farà al posto suo. Allora, e solo allora, saremo ben contenti di fermare la nostra nave. Per noi non c’è geopolitica e propaganda che contino di fronte a uomini, donne e bambini che pagano sulla propria pelle quella geopolitica e quella propaganda. Per noi conta che “salvare una vita è salvare il mondo intero”.
Luciano Scalettari, Presidente di ResQ – People Saving People