“Benedetta”, dell’ottantaduenne regista olandese Paul Verhoeven, è uno dei film che qui a Cannes ha fatto più discutere. Molti rimproverano all’autore di non aver dato una risposta chiara sulla natura mistificatrice, o al contrario santa, della protagonista storicamente esistita: suor Benedetta Carlini, nata a Vellano, oggi Toscana, nel 1591. Ma la domanda è: si può scientificamente esaudire il quesito se ciò che chiamiamo “miracoli” sia stato reale o frutto dell’immaginazione? Il pirandelliano “così è se vi pare” è la fotografia del mondo, sulla quale il film ci aiuta a riflettere. Altri rimproverano all’autore di aver calcato la mano sul feuilleton, o melodramma, per farne un B-movie. Dubito che scene drammatiche, adatte a suscitare il riso, siano frutto di secondi fini in un autore esperto che ha superato l’ottantina: forse si può sostenere che il paradosso e l’ironia non siano facili da cogliere.
E ora veniamo al film. Principale fonte biografica di Benedetta Carlini è il testo di Judith Brown “Atti impudici. Vita di una monaca lesbica nell’Italia del Rinascimento” pubblicato nel 1986, che stimolò un’ampia discussione sulla sessualità, sul lesbismo e sul misticismo delle donne. Su tale libro è basato il film di Verhoeven, che fa della vera storia il pretesto per un discorso più approfondito e ironico sulla superstizione – ad esempio nel racconto delle stigmate – sulla credulità, la repressione sessuale e l’uso distorto del potere che utilizza verità e menzogna per assoggettare i più deboli.
La vicenda che si tramanda di Benedetta Carlini è questa: ancora bambina la sua famiglia acquistò per lei un posto in un convento esclusivo e tranquillo. Benedetta all’età di trent’anni divenne badessa. Poi fu vittima di visioni nelle quali alcuni uomini cercavano di ucciderla. Temendo che venisse molestata da entità demoniache le sorelle consigliarono a suor Bartolomea, sua amica, di vivere nella sua cella. Malgrado ciò Benedetta continuò a dire di essere in contatto con presenze soprannaturali. Le autorità ecclesiastiche, influenzate dalla Controriforma, presero la decisione di censurare le sue visioni come segni di spiritualità indipendente ed eretica. Tuttavia la Carlini non fu mai sottoposta a interrogatorio, fino a quando non venne a galla che Benedetta e Bartolomea erano amanti…
Il film di Verhoeven è un affresco sulla superstizione, sulla repressione sessuale, sull’attribuzione di una natura demoniaca al diverso. Sulle fissazioni e paure incontrollabili in tempo di pandemia – la peste all’epoca di Benedetta rimanda al Covid 19 – capaci di influenzare i rapporti e distorcerli, sulla smodata sete di dominio. Il regista costruisce un film attualissimo che, dietro i riti in costume, parla del nostro attuale inconscio: le visioni di Benedetta sono ricondotte a una sofferta isteria, la manipolazione mentale è una pratica usata ieri come oggi. Né tanto minore appare l’odierna irrazionalità, se si pensa a chi crede che la terra sia piatta, che il vaccino cambi il nostro DNA, che Nostradamus sia un profeta. Il film di Verhoeven non fa sconti ai bigotti di qualsivoglia epoca, si prende gioco delle ipocrisie di un’istituzione come la Chiesa e il re appare nudo, come le figure femminili protagoniste del suo film. In questa nudità, che non si può tacciare come oscena, il cuore pulsante della condizione umana si mostra nella sua antieconomica e fragile complessità.
Un film di Paul Verhoeven con Charlotte Rampling, Lambert Wilson, Virginie Efira, Olivier Rabourdin, Daphne Patakia, Clotilde Courau, Louise Chevillotte, Hervé Pierre.
Genere: Biografico
Produzione: Francia, Paesi Bassi 2021