Riceviamo e pubblichiamo
Il servizio civile dovrebbe aiutare la formazione dei nostri giovani, ma avere come unica possibilità d’inserimento il progetto suddetto rappresenta una palese violazione dei diritti della persona disabile stabiliti una volta per tutte dall’ONU nel 2006 in una delle sue “Dichiarazioni”. Lo affermiamo con forza perché anche nostra figlia avrebbe il diritto di fare nuove esperienze che arricchiscano la sua formazione, così come tutti gli altri e le altre coetanei, e ne è invece privata.
Ha comunque deciso di candidarsi per il progetto Biblioteche, pur sapendo di non avere praticamente alcuna possibilità di successo, perché sarebbe stata posta esattamente sullo stesso piano degli altri, senza alcuna facilitazione. E così è naturalmente avvenuto: anche se si era preparata sulle tematiche richieste, al colloquio le è stato “naturalmente” chiesto solo il perché si fosse candidata, quale era stata la sua esperienza precedente in biblioteca e quali libri avesse letto… Già ascoltando il colloquio abbiamo capito come sarebbe andata, e così è stato. Ha dovuto così rendersi conto per l’ennesima volta che le strade verso una effettiva cittadinanza le sono sbarrate, che le sue effettive capacità non interessano e che sarà sempre etichettata nello stesso modo, alla faccia dei suoi diritti. Gli unici diritti che ha e che vorrà avere ha dovuto e dovrà letteralmente strapparli e tenerseli stretti con la sua lotta personale e con la lotta di chi come la famiglia e i suoi gruppi di amici ed educatori che la sostengono. Per ora lo stato non ha delle risposte degne, siamo ancora nel buio più assoluto. Noi continueremo a lottare con lei e per lei e per quelli che vogliono come lei essere rispettati come persone con diritti.