Noi vogliamo ricordare, anche a chi è indifferente, distratto o complice, che il 3 luglio Julian Assange compie 50 anni. Dobbiamo farlo.
Nonostante sia stata rifiutata, con sentenza, l’estradizione in USA da oltre due anni Assange è rinchiuso nella prigione britannica di Belmarsh (paragonata da molti a Guantanamo e a un vero e proprio lager). Quello che vogliamo rimarcare è l’assoluto silenzio calato sul “caso Assange”. Un silenzio soffocante che impedisce di conoscere, di sapere che un uomo innocente, colpevole solo di aver svelato la verità sulle guerre di vero terrore scatenate per lo più dagli Stati Uniti, Nato e alleati sedicenti democratici. Da tempo (si direbbe “da sempre”) non ne parlano i grandi giornali, non ne parlano i governi, non ne parla la UE. Tutti quelli, cioè, pronti a pretendere la garanzia dei “diritti civili” nei paesi che loro definiscono “dittature”.
Noi abbiamo coscienza che la “colpa” di Julian Assange è quella di aver detto la verità al mondo rendendo accessibili a ognuno notizie e informazioni sulle varie guerre scatenate nel mondo e sui comportamenti a dir poco censurabili dei governi e degli eserciti di molti stati importanti e potenti. Per queste verità inconfutabili si è scatenata la persecuzione verso Assange che, prima, si è dovuto rinchiudere nell’ambasciata dell’Ecuador di Londra come rifugiato politico e, poi, quando il governo di quello stato si è sottomesso alla volontà statunitense, è stato arrestato. In questi anni è stato accusato di vari crimini tra i quali, in Svezia, quello di violenza sessuale. Questa accusa è risultata inconsistente per il fatto che quella violenza non era mai avvenuta. Ed è di questi giorni la notizia che uno dei principali testimoni dell’accusa, Sigurdur Ingi Thordarson, ex volontario di WikiLeaks diventato informatore dell’FBI, ha dichiarato che le sue accuse erano “inventate”.
Ma questo non importa al potere imperiale. Per il suo ipocrita senso di “giustizia”, Assange non può essere libero, deve passare quello che resta della sua vita in carcere. Soprattutto non deve parlare né comunicare e tantomeno pensare. Che sia di monito ad ogni dissenso, a qualsiasi voce fuori dal coro osannante, a ogni schiena che non si piega.
Assange è “reo” di aver svelato i crimini dei potenti, di aver detto la verità e di averla diffusa al mondo. Per questo e non per altro deve restare in una prigione di massima sicurezza in condizioni di tortura fisica e psicologica, in attesa di un’estradizione che potrebbe costargli oltre 150 anni di carcere, quindi la vita.
Gli “altri”, quelli che hanno deciso il massacro di centinaia di migliaia di persone, quelli che rispondono ai nomi di Tony Blair, George Bush, Colin Powel (vi ricordate la provetta contenente “armi chimiche” sbandierata all’ONU?) … sì, proprio loro, hanno “ammesso” che le prove grazie alle quali hanno invaso e distrutto l’Iraq (e altri paesi) erano “fallaci”, del tutto false, anzi “volutamente falsificate”. Così, quei potenti che, adesso, confessano le loro responsabilità ma chiedono scusa, non sono condannati come criminali di guerra ma vivono liberi, ricchi e tranquilli. Questa è la “giustizia” dei padroni della guerra, i veri dittatori del nostro pianeta.
Assange è un simbolo e deve essere un esempio. La persecuzione alla quale è sottoposto deve servire da monito per tutti i giornalisti e gli organi di informazione. Devono sapere, tutti, che non possono dire la verità se questa risulta scomoda al potere. L’obiettivo del “caso Assange” è quello di zittire chiunque si oppone con la verità, persino con le opinioni, a una realtà costruita e imposta da chi comanda. Tutti, grandi e piccoli organi di informazione, giornalisti più o meno famosi, devono uniformarsi al pensiero dominante. Non possono né devono fare altrimenti.
Si abbia coscienza che restare in silenzio di fronte alla persecuzione contro Assange, in atto da troppi anni non è solo indifferenza, è complicità.
Oggi, oltre ad abbracciare virtualmente Julian Assange nel giorno del suo compleanno, vogliamo che si abbia coscienza del suo coraggio e vogliamo essere vicini a chiunque stia diffondendo una informazione veramente libera e indipendente. Chiunque lotti per questo è vicino a Julian Assange. E Julian Assange è vicino a lui.
Il potere corrotto ha paura della verità, non può permettere che si sappia che sono state fatte cose ignobili contro i popoli per gli interessi economici dei paesi imperialisti e delle multinazionali. Ne ha vero terrore perché, parafrasando Marx e Engels, l’informazione libera, quella che svela i crimini di chi ha in mano le sorti del mondo, è uno spettro che si aggira per l’Europa (e nel mondo).
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