“Non c’è nulla di nuovo, né nell’occupazione né nelle umiliazioni inflitte ai palestinesi; solo ennesime scelte irresponsabili, conseguenza di una competizione per la supremazia politica in Israele tra il Likud e altri partiti della destra”. A parlare con l’agenzia Dire, da Gerusalemme, è Meir Margalit. Già consigliere comunale della città, animatore di iniziative di pace e contro ogni discriminazione, da alcuni anni insegna all’Ono Academic College, un’istituzione che mira a includere negli studi superiori chi è meno rappresentato: palestinesi, ma anche israeliani con origini etiopi, beduini o drusi.
Le cronache di ieri e di oggi dicono di almeno 24 morti nei raid compiuti nella Striscia di Gaza. Le vittime sono terroristi per l’esercito di Israele, civili senza difese per l’Autorità nazionale palestinese e Hamas. I bombardamenti sono cominciati dopo sgomberi, scontri e tensioni proprio a Gerusalemme est, la parte a maggioranza araba della città, ricorda Margalit: “E’ cominciato tutto perché la polizia ha deciso di impedire ai palestinesi di star seduti sulla scalinata della Porta di Damasco, come fanno per tradizione in questo periodo di Ramadan; ci sono stati spintoni, manganellate e poi inevitabilmente reazioni e violenze”.
Secondo il professore, eletto consigliere con il partito Meretz, già fondatore dell’associazione per i diritti umani Israeli Committee Against Housing Demolitions, il contesto è però lo stesso da decenni. “Dalla guerra del 1948 Israele vive in uno uno stato di conflitto perenne, rispetto al quale i cessate il fuoco sono solo intermezzi di tranquillità relativa” sottolinea Margalit. “Qui a Gerusalemme dal 1967 oltre 300.000 palestinesi sono sottoposti a un regime di occupazione, con repressioni e umiliazioni continue; e la dignità, per gli arabi e i palestinesi, come per tutti i popoli, è una dimensione essenziale della vita”.
Gli sgomberi a Gerusalemme est e gli scontri alla Porta di Damasco, accesso alla Città vecchia e alla Spianata della moschea dai quartieri orientali, sarebbero dunque gli ultimi capitoli di uno stesso libro. E però pesano anche fattori della cronaca politica più recente.
La settimana scorsa è fallito il tentativo del premier uscente Benjamin Netanyahu, alla guida del governo per 15 anni, di dar vita a un esecutivo di coalizione di destra con il partito Yamina di Naftali Bennet. L’incarico di trovare la maggioranza è stato affidato a Yair Lapid, dei centristi di Yesh Atid. Secondo Margalit, dopo quattro elezioni in due anni che non hanno sciolto nodi e consolidato maggioranze “oggi c’è una competizione interna tra i partiti della destra per dimostrare chi è il più forte”. Il risultato sarebbero state scelte “irresponsabili” anche da parte di Netanyahu, come il via libera a un corteo per celebrare la Giornata di Gerusalemme o l’ordine di far entrare la polizia nella Spianata di Al-Aqsa. Oggi il ministro della Difesa, Benny Gantz, ha annunciato la mobilitazione di 5mila soldati per rafforzare il fronte sud al confine con Gaza. “L’ultima di una serie di decisioni”, secondo Margalit, “destinate chiaramente a creare nuova violenza”.