Il taser, cioè la pistola che spara scariche elettriche, e la telecamera integrata nella divisa stanno per fare il loro ingresso ufficiale nell’equipaggiamento della polizia italiana. Siamo ancora a livello sperimentale, ovviamente, come peraltro accade da inizio anno con lo spray al peperoncino, ma ci sono pochi dubbi che la strada sia ormai tracciata.
Infatti le microcamere applicate al gilet dei reparti mobili potrebbero essere utilizzate già il 2 ottobre a Napoli, in occasione delle manifestazioni di protesta contro il vertice Bce, mentre è di ieri la notizia che alla Camera le competenti Commissioni hanno approvato un emendamento che introduce il taser.
Dei famosi numeri identificativi sul casco degli agenti dei reparti mobili di Polizia e Carabinieri, invece, non si parla più nemmeno a Chi l’ha visto?. Eppure si tratterebbe di una misura tutt’altro che sovversiva, visto che quel numero se lo portano addosso in quasi tutti i paesi europei, dalla Germania alla Francia, e persino nell’autoritaria Turchia. Ce l’hanno semplicemente perché i superiori vogliono sapere chi fa che cosa.
E qui da noi? È risaputo che nelle questure e negli equilibri interni alla polizia di stato i reparti mobili e le loro rappresentanze hanno ormai acquisito notevole potere contrattuale e, quindi, sembra che nessun Ministro o partito di governo (e non solo di governo) abbia voglia di porre seriamente il problema. E soprattutto fa terribilmente comodo non porre il problema, specie quando mandi la celere a reprimere senza nemmeno pagare gli straordinari oppure quando metti in campo operazioni violente e palesemente illegali, come la macelleria messicana alla Diaz nel 2001.
È così l’asimmetria, che nelle vicende di piazza c’è sempre stata, si fa però davvero insopportabile. Grazie alla microcamera sul gilet dei reparti mobili, le forze dell’ordine potranno ora riprendere anche quel poco che finora era fuggito alle numerose telecamere già presenti in occasione di manifestazioni, scioperi e presidi, ma in cambio, addirittura in caso di abusi palesi e documentati, non sarà possibile identificare i dirigenti o agenti di pubblica sicurezza responsabili
Ma quello che indigna veramente è la leggerezza e la naturalezza con la quale si coltiva quella asimmetria. Del numero identificativo non si può nemmeno discutere, ma l’introduzione del taser viene fatta in un batter d’occhio, senza alcun dibattito, sebbene sia universalmente noto che l’arma “non letale” abbia provocato numerose conseguenze letali in giro per il mondo. Infatti, secondo Amnesty International i morti per taser sarebbero 864 soltanto in Usa e Canada, dal 2001 a oggi. E cosa potrà mai succedere nel paese di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi?
Davvero, a parte le solite voci che per fortuna non si spengono mai, nessuno sente il dovere di dire o fare qualcosa? Davvero non c’è il coraggio di affrontare la questione ora e qui, prima di dover piangere altre vite rubate.