Il bando “Time To Care” continua a essere sconosciuto ad alcune persone, mentre per coloro che hanno fatto domanda, il solo sentirne il nome genera una smorfia sul viso accompagnata da un senso di amarezza e incompletezza.
Lanciato nel lontano mese di agosto 2020 dal Dipartimento delle Politiche Giovanili, il bando Time To Care mira a identificare 1.200 giovani under trentacinque da impiegare nel sostegno e nell’assistenza alle persone anziane. Il duplice obiettivo, in linea con la finalità di promuovere azioni di sistema nei territori, è quello di offrire attraverso il lavoro delle reti associative un’occupazione, seppur temporanea, ai giovani e di aumentare l’aiuto alle persone anziane in situazioni di vulnerabilità e fragilità. Così come vengono denominati dal bando, i giovani operatori dovranno essere “impegnati” con un contratto di collaborazione a 375 euro, per sei mesi, nelle attività che promuovono lo scambio intergenerazionale. Un contributo opinabile in termini di lavoro dignitoso, ma in assenza dell’inizio del progetto, coloro che sono stati selezionati non hanno nemmeno potuto percepirlo.
Arrivati ad aprile 2021, i progetti nell’ambito del bando Time to care non sono ancora stati avviati. Siamo quindi in presenza di un bando che è stato caratterizzato da una lunga attesa e da una protratta assenza di comunicazione e trasparenza amministrativa.
Dopo una proroga, le selezioni sono state chiuse alla fine di ottobre 2020 e, all’inizio del mese successivo, giovani e rappresentanti degli enti del terzo settore hanno iniziato a svolgere i colloqui. Il processo di selezione è proseguito, ma al termine della valutazione dei candidati, tutto è caduto nel silenzio, sperando in un’amnesia collettiva. Le graduatorie non sono state pubblicate e se alcuni sono stati avvisati per telefono o via mail, altri non hanno ancora ricevuto la lieta novella. In questo modo, si è articolata la tipica catena dei tempi di attesa in cui i giovani aspettano la pubblicazione ufficiale delle graduatorie e gli attori del terzo settore attendono la conferma dell’avvio dei progetti. Non bisogna inoltre dimenticarsi dei beneficiari, gli anziani, anche loro in attesa dei fantomatici aiuti.
Ad oggi, non siamo ancora riusciti a venirne a capo, il bando Time To care rimane un mistero, né avviato, né chiuso: nessuna comunicazione da parte dei dipartimenti coinvolti. «Se si perde altro tempo, un bando che nasce con requisiti di emergenza e necessità dovuti alla situazione epidemiologica, è destinato a perdere l’essenza stessa dei suoi presupposti», commenta una giovane ragazza che ha presentato domanda.
Parallelamente alla mancanza di comunicazione e trasparenza amministrativa, bisognerebbe quindi chiedersi che tipo di attenzione viene data agli stati di precarietà giovanile durante questo anno pandemico. Come raccontano le frustrazioni dei giovani nella ricerca quotidiana di un lavoro? Chi si preoccupa della mancanza di feedback riguardo alle loro candidature? Rappresentare il fenomeno della disoccupazione giovanile significa anche andare oltre le statistiche nazionali o regionali, e pertanto interessarsi agli stati d’animo e ai nodi biografici di ogni giovane.