Giornalista armeno di cittadinanza turca, Hrant Dink, scrisse questo articolo, presso il quotidiano nazionale in lingua armena Agos, il 14 giugno del 1996. Dink fu assassinato, il 19 gennaio del 2007, a Istanbul, due passi dalla sede centrale del suo quotidiano. Tradussi quest articolo dal turco all’italiano nel 2012, purtroppo ancora oggi preserva la sua importanza e attualità. L’articolo è stato riproposto dal quotidiano Agos, il 24 aprile di quest anno, proprio 106 anni dopo il genocidio armeno.
“Alcuni cittadini importanti di Zara, quella notte, si unirono a casa di Haci Izzet. Discussero a lungo, esaminarono tutte le possibilità, valutarono i pro e i contro. Alla fine si rassegnarono a non poter risolvere il problema da soli: era un affare troppo grande e il futuro sarebbe stato buio. Avrebbero dovuto prenderne atto.
Decisero tutti quanti di andare dal governatore distrettuale. Prima parlò Haci Izzet.“Signore” disse. “Abbiamo notato che state portando via tutti i nostri vicini, gli Armeni. Noi non possiamo contestare quello che il nostro stato-padre decide. Voi sapete meglio di noi cosa fare. Tuttavia, se ci perdonate, abbiamo una richiesta che riguarda una questione vitale per tutto il paese e siamo venuti a parlarne con voi”.
“Smetti di allungare il discorso Haci dimmi cosa vuoi”, disse il governatore.
“Signore mio, sono loro a costruire le nostre case in questo Paese, loro raccolgono il grano, loro cuociono il pane. Falegnami, maniscalchi, sarti sono parecchi dei lavori che fanno. Se portate via tutti quanti cosa faremo noi? Almeno lasciatene un po’.”
Il governatore restò in silenzio per un attimo. Si alzò dal suo posto e si risedette. Mise le mani in tasca, si trovava in una situazione molto difficile. All’improvviso pensò al suo cavallo. Non era un Armeno il maniscalco del suo cavallo? Aveva ragione Haci Izzet. Si guardò intorno, si alzò nuovamente e guardò fuori senza considerare quelli che erano nella stanza:
“Ascoltatemi signori, voi non avete detto quello che mi avete appena detto e io non vi ho sentito parlare. Andate via e fate come credete. Ma fate attenzione a non avere a che fare con delinquenti”.
Serkis il sarto, Artin il panettiere, Kegam il falegname, Migitar il muratore e tanti altri si salvarono con le loro famiglie in questo modo da quella grande migrazione. Rimasero a Zara e continuarono a vivere… Ma guardate un po’ come…
Prima di tutto, ciascuno di loro si convertì, diventarono tutti Musulmani, poi cambiarono i propri nomi. Sarkis diventò Zeki, Artin diventò Ali, Kegam si chiamò Kenan e Migitar, invece, Hakki… Persero tutto ciò che avevano: le case, i terreni, tutto. Persero tutti i documenti che attestavano le loro proprietà in un giorno. La chiesa di Zara divenne un fienile.
Passarono alcuni anni. Ormai gli abitanti di Zara avevano accettato che ogni cosa avesse preso una nuova forma. Tuttavia quello che successe quel venerdì incasinò tutto all’improvviso.
In quel periodo fu firmato l’accordo di Sevr. I Paesi europei stavano per inviare degli ispettori in Turchia per accertare alcuni accadimenti sollevati attraverso denunce che li avevano raggiunti. Ovviamente, come negli altri luoghi, anche a Zara. Per questo, gli amministratori del paese erano preoccupati.
Quel giorno davanti alla moschea si notava un movimento insolito: il signor Hakki non riusciva a dare un significato a tutto questo. Quel giorno era arrivato in moschea prima del solito. Davanti alla fontana si era lavato per la preghiera. Voleva stare in prima fila dentro alla moschea. Haci Izzet si era fermato davanti ad Hakki proprio all’ingresso della moschea. All’improvviso disse: “Benvenuto Migitar”. Hakki si era stupito un attimo. L’uomo che gli stava davanti indicava con l’indice la chiesa che stava di fronte e disse “E’ quello il tuo posto, Migitar” nonostante tanti anni fossero passati.
Hakki non ci badò, pensando che Haci Izzett stesse mettendo alla prova la sua fedeltà.
“Ci mancherebbe zio Haci! Grazie al Signore siamo tutti Musulmani. Cosa ho da fare da quella parte?” disse Hakki ma venne interrotto da Haci.
“No, no Migitar, ognuno al suo posto. Sai anche tu che sei al cento per cento cristiano, vai nella tua chiesa. Domani passa dal governatore distrettuale così ti fai ridare i fogli di proprietà dei tuoi averi, dovrebbero essere pronti. E non solo i tuoi, anche gli averi dei tuoi parenti che sono andati via sono stati intestati a tuo nome. Non ti dimenticare, vai da lui domani. Me l’ha detto il governatore distrettuale personalmente.”
Come mai mi è venuta in mente questa storia che mi è stata raccontata dal mio vicino di Zara ed è stata vissuta in prima persona da suo padre? Vi ricordate che l’Habitat (un ciclo di convegni sull’urbanismo e la cittadinanza) si è concluso da poco e tutti i partecipanti sono andati via? Hanno tirato fuori il concetto di “sostenibilità della vita umana”. Ripetiamo questo concetto velocemente per tre volte dopo aver letto questa storia:
“sostenibilità della vita umana”
“sostenibilità della vita umana”
“sostenibilità della vita umana”
E’ faticoso dirlo perfettamente e velocemente, no?
La vita e l’umano sono facili da pronunciare ma la sostenibilità non è molto facile, vero?”