In Piemonte la Comunità Laudato Sì ha dato vita a un forno solidale e collettivo che vuole portare la lunga tradizione dei grani antichi e della lievitazione naturale sulle tavole delle famiglie bisognose. Il progetto si chiama “Impastiamo umanità” e si fonda su una rete di persone che insieme collabora superando il concetto di “assistenzialismo”. L’idea è piaciuta così tanto che è stata esportata anche a Riace, dove presto nascerà il “forno dei popoli”.
A Stupinigi tutte le domeniche mattina i volontari e i cittadini si incontrano, lavorano, infornano e distribuiscono il pane ancora caldo, per donarlo alle persone bisognose. Nell’ultimo anno e mezzo hanno rimesso in funzione l’antico forno del paese rimasto inattivo dagli anni ’50, restituendogli una nuova vocazione non solo ecologica ma anche ambientale e sociale. Insieme producono un centinaio di pagnotte con ingredienti di alta qualità, a lievitazione lenta e realizzate con pasta madre attraverso un processo collettivo e condiviso per” impastare” insieme un’umanità dove le diversità sono gli ingredienti che rendono unica questa ricetta.
L’esperienza del forno collettivo e solidale è nata un anno e mezzo fa per aiutare il territorio da sempre considerato “fragile” per via dell’alto tasso di povertà delle famiglie che qui vivono. Si pensi che dall’inizio della pandemia sono aumentate vertiginosamente le persone che hanno richiesto assistenza alimentare.
Come ci raccontano Francesca Miola e Alessandro Azzolina della Comunità Laudato si’ di Stupinigi, «in questo periodo ci stiamo mettendo in contatto con le famiglie bisognose e la semplice azione di offrire il pane diventa “una scusa” per incontrarsi, conoscersi, raccontarsi e cercare di capire se ci sono altre esigenze all’interno di una determinata famiglia». Superando la logica dell’“assistenzialismo” a favore dell’inclusione, il cambiamento sta già avvenendo. «Alcune di queste famiglie vengono ad aiutarci e a loro volta si attivano per dare una mano». E questa è la vera missione: ridurre l’emarginazione sociale e far sentire le persone non un peso, bensì una risorsa fondamentale.
Al forno la “domenica tipo” inizia la mattina molto presto: il gruppo lavora in squadre e la prima, quella più mattiniera, si occupa di accendere il forno a legna; successivamente la seconda, dopo che il pane è lievitato tutta la notte, impasta e inforna, per poi passare il testimone alla terza squadra che impacchetta il pane e lo distribuisce alle varie famiglie. Non manca poi un momento condiviso a fine giornata in cui i volontari si confrontano sul lavoro fatto in preparazione alla settimana successiva.
L’iniziativa nasce grazie alla collaborazione con la Cooperativa Panacea, il patrocinio dell’assessora all’agricoltura e all’ambiente della Città di Nichelino, Valentina Cera, e al prezioso lavoro dei volontari che hanno preso a cuore il progetto. «Per noi la panificazione ha due significati importanti: uno è di sostegno, finalizzato a dare un piccolo contributo, seppur simbolico, all’economia di una famiglia. L’altro consiste nel fare educazione alimentare, trasmettendo alle persone l’importanza di alimentarsi correttamente. Ciò vale soprattutto per coloro che hanno problemi economici e che spesso, per risparmiare, hanno bisogno di rivolgersi ai discount dove in molti casi i prodotti non sono di qualità».
Uno degli aspetti più interessanti del forno solidale è la sua capacità di essere replicabile ovunque. Proprio per questo la Comunità Laudato Si’ è in contatto con realtà di altre regioni interessate al progetto. Una di queste è la comunità di Riace, piccolo comune dell’entroterra calabro conosciuta ai molti per essere diventata un caso virtuoso sul tema dell’accoglienza grazie al sindaco Mimmo Lucano e alla sua capacità di aver trasformato, negli anni passati, un luogo a rischio spopolamento in un esempio di riattivazione territoriale e di creazione di un nuovo tessuto economico locale.
Come ci raccontano Francesca e Alessandro, «siamo attualmente in contatto con l’ex sindaco Mimmo Lucano, che abbiamo avuto modo di conoscere durante un’esperienza a Riace e che ha molto apprezzato il nostro progetto». L’idea è quella di realizzare un vero e proprio “forno dei popoli” dove, attraverso la panificazione collettiva, le famiglie multiculturali racconteranno i loro territori di provenienza.
«Il bello del nostro gruppo è vedere che è composto da persone che prima non si conoscevano e nel tempo la comunità è cresciuta, portando automaticamente un impatto positivo sul territorio. E proprio in questo modo sconfiggiamo emarginazione e solitudine».