Gli ex presidenti vengono indagati, processati e persino incarcerati in tutto il mondo.
In Bolivia, l’ex Presidente Jeanine Áñez è stata arrestata il 13 marzo con l’accusa di terrorismo, cospirazione e sedizione. Una settimana prima, l’ex Presidente francese Nicolas Sarkozy è stato condannato al carcere per corruzione e clientelismo.
Il Primo Ministro israeliano in carica Benjamin Netanyahu è attualmente sotto processo. Jacob Zuma, ex presidente del Sud Africa, dovrà affrontare un processo a maggio. E negli Stati Uniti, i procuratori di New York stanno indagando sugli affari dell’ex Presidente Donald Trump.
A prima vista, perseguire gli alti funzionari (che siano attuali o passati) accusati di condotta illegale sembra una decisione ovvia per una democrazia: tutti dovrebbero essere ritenuti responsabili e soggetti alla legge.
Procedimenti giudiziari che destabilizzano
Ma i presidenti e i primi ministri non sono persone qualunque. Sono stati scelti dai cittadini o dai loro partiti per guidare una nazione, sono spesso popolari e a volte venerati. Per questo motivo, i procedimenti giudiziari contro di loro sono inevitabilmente percepiti come politici e diventano controversi. Qualora l’imputazione di un leader passato viene portata avanti da un rivale politico, può causare un ciclo di ritorsioni.
Questo è uno dei motivi per cui il Presidente degli Stati Uniti Gerald Ford ha graziato Richard Nixon, il suo predecessore, nel 1974. Nonostante le prove evidenti dei reati nello scandalo Watergate, Ford temeva che il Paese “sarebbe stato inutilmente distolto dall’affrontare le nostre sfide se noi, come popolo, fossimo rimasti nettamente divisi sulla punizione dell’ex presidente”.
La reazione pubblica, ai tempi, era divisa tra linee di partito, ma molte persone oggi hanno capito come l’assoluzione di Nixon fosse necessaria per guarire gli Stati Uniti.
La nostra ricerca sulle denunce ai leader mondiali dimostra che sia l’immunità radicale sia i procedimenti penali troppo zelanti possono minare la democrazia. Ma tali azioni penali comportano rischi diversi per democrazie mature come la Francia rispetto alle democrazie nascenti come la Bolivia.
Democrazie mature
Le democrazie forti sono generalmente abbastanza competenti – e il sistema giudiziario sufficientemente indipendente – da perseguire i politici che infrangono la legge, compresi i massimi leader. Sarkozy è il secondo presidente dei giorni nostri della Francia dichiarato colpevole di corruzione dopo Jacques Chirac nel 2011. Il Paese non è crollato dopo la condanna di Chirac.
Nicolas Sarkozy / File concesso in licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.5 Generic
Nelle democrazie mature, i processi possono portare i leader di fronte alla giustizia e consolidare lo Stato di diritto. La Corea del Sud ha indagato e condannato cinque ex presidenti a partire dagli anni Novanta, un’ondata di processi politici culminata nell’impeachment del Presidente Park Geun-hye nel 2018.
Ma anche nelle democrazie mature, i pubblici ministeri e giudici possono trasformare le azioni penali in arma.
Secondo alcuni osservatori, la pena di tre anni di carcere inflitta a Sarkozy (la cui condanna per corruzione comprende tangenti e un tentativo di corrompere un magistrato) è stata troppo dura.
Accuse troppo zelanti contro lo Stato di diritto
I processi politici troppo zelanti sono più probabili, e potenzialmente più dannosi, nelle democrazie emergenti in cui i tribunali e altre istituzioni politiche potrebbero non essere sufficientemente indipendenti dalla politica. Laddove la magistratura non è abbastanza forte, per i leader è più facile sfruttare il sistema per consolidare il proprio potere o per sconfiggere un avversario.
Il Brasile incarna questo dilemma. L’ex Presidente Luiz Inácio “Lula” da Silva, un ex lustrascarpe diventato popolare nella sinistra, è stato incarcerato nel 2018 per aver accettato tangenti in quello che molti brasiliani ritenevano fosse uno sforzo per porre fine alla sua carriera.
Un anno dopo, la stessa procura ha accusato l’ex Presidente conservatore Michel Temer di aver accettato milioni in tangenti. Terminato il suo mandato nel 2019, è stato arrestato. Il suo processo è stato successivamente sospeso.
Entrambi i processi agli ex presidenti brasiliani fanno parte di un’indagine anti-corruzione durata anni durante la quale il tribunale ha arrestato dozzine di politici. Anche il procuratore è stato accusato di corruzione.
La crisi in Brasile può dimostrare che nessuno è al di sopra della legge oppure dire alla gente che il loro governo è irrimediabilmente corrotto. Quando questo succede, diventa più facile per i politici e gli elettori considerare tali trasgressioni come un normale prezzo da pagare per fare affari.
Per Lula, una condanna non ha necessariamente posto fine alla sua carriera. Nel 2019 è stato rilasciato dal carcere e lo scorso marzo la Corte Suprema ha annullato la sua condanna. Un nuovo sondaggio dimostra che Lula mantiene il 50% del sostegno pubblico e probabilmente si candiderà di nuovo alla presidenza nel 2022.
Stabilità contro responsabilità
Messico condanna gli ex presidenti in modo diverso: non lo fa. Durante il XX secolo, il Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) al governo ha istituito un sistema di clientelismo e corruzione che ha tenuto i suoi membri al potere e danneggiato gli altri partiti di minoranza. Pur fingendo di dare la caccia ai pesci più piccoli per corruzione e altre indiscrezioni, il sistema legale gestito dal PRI non ha toccato gli alti funzionari del partito, neanche i più apertamente corrotti.
Tale impunità ha fatto sì che il Messico si mantenesse stabile durante la transizione alla democrazia negli anni Novanta, placando le paure dei membri del PRI di essere perseguiti dopo aver lasciato l’incarico. Ma la corruzione al governo è fiorita, e con essa la criminalità organizzata.
Autori: Victor Menaldo, James D. Long, Morgan Wack
Traduzione dall’inglese di Rossella Crimaldi. Revisione di Thomas Schmid.