Erano in tanti quel giorno alla favela. L’unica stanza del posto avanzato dell’Unità Sanitaria Locale, strapiena. Finalmente qualcuno organizzò una fila, ma la parvenza di ordine durò poco: presi da una smania incontenibile, tutti volevano guardare da vicino, partecipare e soprattutto timbrarsi la mano con Pluto, Minnie, Batman, l’Uomo Ragno, dinosauri, mostri e le principesse disponibili. Pochi anni prima, quell’unica stanza non era che una baracca miserabile, nata e cresciuta tra i liquami della fogna a cielo aperto e i topi. Tre metri per quattro, senza porta, senza finestra.
La stanzetta miserabile di cartone e compensato, grazie al lavoro capillare e instancabile del gruppetto di mamme volontarie, nel corso degli anni si era trasformata in una sala polivalente, e poteva funzionare come classe dei corsi di alfabetizzazione per adulti, sala di riunioni e feste, ambulatorio medico, ufficio, cappella pluriconfessionale, centro comunitario. Quella domenica era diventata il posto avanzato dell’Unità Sanitaria Locale. E niente di meglio che iniziare le attività con la campagna di vaccinazione infantile.
Zé Gotinha, la simpatica mascotte non poteva certo mancare. In ogni campagna di vaccinazione, il pupazzo, beniamino di grandi e piccini, accoglie le persone direttamente sulla porta, saluta, stringe la mano, abbraccia e consola chi possa aver paura. Gotinha, significa goccia, la piccola goccia di vaccino che salva i bambini dalla poliomielite. Zé, il suo nome, diminutivo affettuoso di José, il nome proprio più comune, il nome di milioni di brasiliani, Giuseppe. Anche quel giorno Zé Gotinha aspettava i bambini sulla porta della baracca, che baracca non era più, ma sala di vaccinazione.
Eccoli i bambini. Dieci, cento…, eppure tutto scorre in una inimmaginabile tranquillità. Uno ad uno, bocca aperta, e l’infermiera gentilmente sgocciola il vaccino contro la polio. Ogni bimbo viene premiato con un bel tatuaggio di Pluto Minnie Batman Uomo Ragno dinosauri principesse e eroi a scelta, e per ultimo, l’abbraccio di Zé Gotinha. A fine pomeriggio, ormai si può chiudere, quello che si pensava fosse una domenica bestiale, lo fu davvero, una domenica incredibile. Quattrocento bambini vaccinati. Quattrocento bambini in una manciata di ore.
Vent’anni dopo la stanzetta di tre metri per quattro è ancora là. Ma non funziona più, ora è un garage, un deposito, uno sgabuzzino. Cento metri più avanti è stata costruita una scuola per cinquemila bambini. Un complesso di edifici per la scuola a tempo pieno con piscina, campo sportivo, palestra, laboratori, e un bellissimo teatro. Una struttura totalmente pubblica. Fino a pochi mesi fa era là, nel cortile della scuola, che le campagne promosse dai governi anteriori riuscivano a garantire agli abitanti del quartiere, di avere accesso rapido e gratuito ai vaccini contro la polio, la febbre gialla, la malaria, l’influenza, e via dicendo. Non più quattrocento bambini in una baracca, ma migliaia di persone accolte in un ambiente nel quale era possibile, e lo sarebbe ancora, la somministrazione sistematica e organizzata. Attraverso il Sistema Unico di Salute e la sua capillare distribuzione su tutto il territorio nazionale, attraverso il know how del suo personale specializzato, le periodiche campagne di vaccinazione promosse dai governi anteriori a Bolsonaro, riuscivano a raggiungere nello spazio di un fine settimana, quattro milioni di persone. Adesso lo riscrivo perché sia ben chiaro, altrimenti nessuno mi crede e faccio la figura dello scemo: “Attraverso il Sistema Unico di Salute e la sua capillare distribuzione su tutto il territorio nazionale, attraverso il know how del suo personale specializzato, le periodiche campagne di vaccinazione promosse dai governi anteriori a Bolsonaro, riuscivano a raggiungere nello spazio di un fine settimana, quattro milioni di milioni di persone”.
Le prime parole del discorso di Lula alla nazione, in seguito all’annullamento del processo e delle conseguenti condanne subite, sono dirette ed enfatiche: Dov’è Zé Gotinha? Domanda il vecchio leader. Dov’è Zé Gotinha?… La simpatica mascotte, sempre presente in ogni evento sanitario di massa, da quando Bolsonaro è diventato presidente, non si è più vista. Il governo, dopo l’immensa ripercussione delle parole di Lula, corre ai ripari e rilancia l’immagine del pupazzo con un nuovo slogan: “adesso la nostra arma è il vaccino”. Zé Gotinha, da amico dei bambini che era, nelle mani di Bolsonaro si trasforma in un truce miliziano, un guerriero, un giustiziere con tanto di mantello. Tra le mani, un mitra a forma di siringa, o meglio, una siringa in forma di mitra. Zé Gotinha trasformato in maniaco assassino. L’indignazione è al massimo. La nuova immagine viene prontamente ritirata dalla circolazione, ma il danno è fatto. Maledetti.
Concludo con le parole manzoniane di Padre Cristoforo davanti a don Rodrigo: Verrà un giorno…