Il progetto di realizzazione di uno studentato nell’Area Ponte Mosca da parte della multinazionale olandese The Student Hotel è stato discusso pubblicamente presso la IV Commissione della Circoscrizione 7.
Durante la presentazione del progetto, investitori e amministratori hanno posto l’enfasi sullo stato di “degrado” di Aurora e sul potere salvifico di uno studentato di lusso come volano per la riqualificazione dell’intero quartiere.
Chi abita il quartiere conosce bene i suoi problemi: disoccupazione, povertà, sfratti, scarsità di presidi sanitari, mancanza di servizi educativi, difficoltà a pagare un affitto, tutte condizioni degradanti per chi si trova a viverle sulla propria pelle. Questi problemi non arrivano dal nulla, al contrario sono il frutto di una gestione politica i cui obiettivi da molto tempo non coincidono con le necessità delle persone.
Il vero degrado di Aurora è il disinteresse dell’amministrazione pubblica a risolvere i problemi di chi il quartiere lo abita!
La vicenda dell’area Ponte Mosca non è che l’ennesima conferma: dopo due aste andate a vuoto, la Città metropolitana (ex-provincia) ha (s)venduto a un privato 23.358 mq di terreno pubblico che per 20 anni gli amministratori di tutti i colori non hanno saputo rendere vivibile all’interno di un quartiere più che mai bisognoso di spazi pubblici. Come se non bastasse, l’acquisto dell’area per quattro soldi da parte di una multinazionale è presentato come una manna dal cielo, “nonostante quello del TSH non sia il miglior progetto immaginabile” (parole del Presidente della Circoscrizione Luca Deri).
Ecco che il degrado di Aurora si svela per quello che è: la connivenza dei nostri amministratori con le multinazionali di fronte alle quali la gestione politica della cosa pubblica non è nemmeno più contemplata.
Come se non bastasse, sotto il ricatto di un investimento privato che verrà usato per sanare in piccola parte il debito del comune e non reinvestito per migliorare le condizioni del quartiere, i nostri amministratori non si preoccupano nemmeno di ottenere gli standard e le compensazioni alla cittadinanza che un progetto privato di tali dimensioni deve garantire per legge. Nella società in cui viviamo ognuno può vendere e comprare senza dover rendere conto a nessuno, ma questo non può valere anche nel caso in cui ad essere (s)venduto è uno spazio pubblico e con esso i bisogni di un intero quartiere!
Purtroppo, dietro a questa logica, che difende gli interessi economici del privato a discapito dei nostri bisogni, si nasconde un progetto ben più ampio che finirà per turbare profondamente le vite di tutti e tutte coloro che oggi abitano il quartiere.
L’assessore all’urbanistica di Torino Antonio Iaria e il Presidente di Circoscrizione Luca Deri, dopo aver ammesso l’impotenza di comune e circoscrizione di fronte ai problemi del quartiere, hanno provato a convincerci che solo l’avvento di una grande multinazionale può colmare il vuoto di un pubblico senza soldi e senza idee. Non possiamo essere così ingenui da credere che una multinazionale si faccia carico di risolvere i problemi del quartiere, quando per definizione il suo unico interesse è produrre profitto per sé stessa!
Se la grande multinazionale parla di “aree verdi”, “iniziative culturali” e “connessioni con il quartiere” è solamente perché oggigiorno è impossibile vendere un prodotto del genere senza abbellirlo di una presunta tutela dell’ambiente, di una proposta culturale e di un sentimento di bontà verso tutti e tutte, in quanto tutti consumatori e tutte consumatrici. Nella realtà dei fatti una spruzzatina di verde farà da sfondo a eventi in cui la cultura sarà il pretesto per trarre profitto dai consumi di un pubblico abbiente da cercarsi al di fuori delle 41 mila persone che risiedono oggi nel quartiere Aurora.
Non finisce qui. Iaria e Deri si sono premurati di informarci che l’arrivo di uno studentato di tali dimensioni avrà da subito una ricaduta positiva sulle attività commerciali circostanti apportando un incremento del loro giro di affari. Una teoria interessante che purtroppo non si tradurrà in un fatto reale. Infatti, chi soggiornerà al TSH godrà di una vasta gamma di servizi già inclusi nel canone mensile, tra cui un bar, un ristorante, una palestra, un auditorium, una piscina sul terrazzo con vista panoramica della città, una lavanderia, una sala giochi, un’aula studio e una bicicletta… una bicicletta con cui attraversare ecologicamente il Ponte Mosca per trovarsi nel pieno centro della città con tutte le sue attrattive commerciali, sicuramente più soddisfacenti di quelle offerte dal nostro quartiere per chi è in grado di pagare fino a 900 euro al mese per una stanza. Ecco perché questi nuovi “abitanti” di Aurora spenderanno pochissimo nelle botteghe e nelle attività commerciali del nostro quartiere, senza contare che non avranno di certo bisogno di un idraulico, un muratore o un piastrellista!
Ma i nostri amministratori, ben più lungimiranti di noi, ci suggeriscono di pensare in prospettiva ai benefici che un “grosso” investimento privato può apportare al nostro quartiere, di come questo possa incoraggiare altri privati a imitare The Student Hotel. Purtroppo è sufficiente osservare i casi di altre città europee in cui simili piani di riqualificazione hanno raggiunto uno stadio ben più avanzato (Parigi, Londra, Lisbona, Amsterdam) per prevedere le conseguenze di una simile traiettoria. Per farlo interroghiamoci sul bizzarro motivo per cui una multinazionale dovrebbe investire 65 milioni di euro nella costruzione di uno studentato/hotel dove una stanza doppia costa 450 euro al mese e una singola supera i 900 euro mensili in un quartiere con un reddito medio pro-capite di 11.393 euro, decisamente inferiore al valore medio della città (17.000 euro).
Questa multinazionale – che è meglio ribadirlo: pensa al proprio profitto e non al bene della gente – lo fa con la consapevolezza che il suo arrivo, insieme a quello di altri privati di fronte ai quali il comune chinerà il capo per estinguere spicciolo dopo spicciolo il debito accumulato, contribuirà ad alzare notevolmente il costo della vita in quartiere fino al punto in cui chi lo abita oggi sarà costretto a spostarsi altrove, in una zona più periferica, lasciando spazio a chi potrà permettersi di comprare o affittare casa a pochi passi dal centro e da uno studentato di lusso. In poche parole, chi fa grossi investimenti oggi in Aurora li fa perché sa che nel giro di qualche anno ad abitarlo non saranno più i “poveracci” di oggi, ma persone la cui capacità di acquisto risponderà al loro cliente ideale.
In vista di quel grande giorno, al “degrado” di oggi si vuole sostituire il “decoro” di domani, un “decoro” dove finalmente non ci saranno più famiglie costrette ad occupare una casa pur di non rimanere per strada, o meglio lo faranno un po’ più in là, lontano dalla vista dei futuri abitanti di Aurora.
Ecco che i nostri amministratori, spinti da un irrefrenabile sentimento di protezione verso i propri cittadini, ci fanno notare che grazie a questa trasformazione del quartiere, i piccoli proprietari di casa di Aurora vedranno finalmente riconosciuto il valore della loro proprietà conquistata con “il sudore di una vita” (in italiano si dice “lavoro”). Per difendere gli interessi di questa fetta di popolazione di Aurora sarebbe il caso di far presente che il valore della rendita non si misura solo in relazione alla valorizzazione urbana, ma soprattutto in base alla capacità di ristrutturare l’immobile.
Gli affitti oggi in quartiere sono moderati non perché il quartiere sia in uno stato di “degrado”, ma perché in quello stato lo sono le case. I nostri amministratori dimenticano di dire che la “riqualificazione” da loro tanto agognata attirerà in quartiere i grandi fondi immobiliari (anche detti palazzinari) che costringeranno i piccoli proprietari di oggi a svendere le loro case, in quanto incapaci di sostenere le spese di ristrutturazione dei loro alloggi necessarie a soddisfare gli standard dei futuri abitanti di Aurora. Secondo le regole di questo gioco, i piccoli proprietari di casa sono destinati a essere espulsi esattamente come chi in Aurora alloggia in affitto, per giunta impoveriti dalla fine della loro rendita, con alle spalle quel “sudore di una vita” che a ben poco sarà servito. Far credere che questa riqualificazione porti alla ricchezza di chi oggi abita il quartiere è pura mistificazione!
Oggi l’amministrazione della nostra città finge di porre rimedio alle profonde contraddizioni del nostro quartiere svendendo un’area pubblica a una multinazionale. In realtà, questa svendita è funzionale solo allo scopo di sanare il debito che il comune di Torino ha accumulato con le banche, di fatto privando i cittadini e le cittadine della possibilità di vedere sorgere in quello spazio una serie di servizi atti a soddisfare i loro bisogni reali. The Student Hotel è solo un mattoncino in un progetto di riqualificazione che finirà per rendere il nostro quartiere invivibile e inospitale per chi lo vive oggi.
Per ora il bilancio è di poco conto per chi non l’ha ancora vissuto sulla propria pelle: un’ordinanza di sfratto colpisce un’officina presente in quartiere da 40 anni, una storica palestra di arti marziali frequentata da sportive e sportivi del quartiere, il doposcuola del nostro comitato a cui decine di famiglie si sono rivolte in mancanza di un simile servizio pubblico, per lasciare posto a uno studentato di lusso di gran lunga più decoroso. Ma quanto tempo manca prima che un ferramenta lasci spazio a un più decoroso cocktail bar, o una panetteria a una più decorosa galleria d’arte, o un bar di quartiere a un più decoroso ristorantino gourmet?
D’altronde, chi non vorrebbe che un pezzo (volutamente) abbandonato del nostro quartiere venisse riqualificato? Lo vogliamo tutti, anche noi! La questione centrale resta: che cosa si intende per riqualificazione? Infatti, con le stesse belle parole e visioni architettoniche accattivanti del TSH si sarebbero potuti progettare un grande spazio verde e una serie di edifici per quei servizi pubblici che continuano a mancare. Servizi indispensabili in un quartiere abbandonato a sé stesso e che nessuno pare abbia intenzione di fare, che ci sia o meno il TSH.
Discutiamone insieme e organizziamoci per riprendere in mano le sorti del nostro quartiere!
la vostra idea di riqualificazione fa rima con esclusione. la nostra, invece, fa rima con inclusione.