Dal Summit NATO in Galles rimbalzano preoccupanti notizie di possibili esportazioni di armi in Ucraina, paese che sta sperimentando una cruenta guerra civile. La Rete Italiana per il Disarmo ricorda i principi e le regole – pienamente da rispettare – della legge 185/90 sul commercio di armi.
Nelle ultime Relazioni al Parlamento si è già persa una quota di trasparenza sull’export militare, il rischio è che si ignorino anche i criteri e le norme su cui tali vendite dovrebbero essere basate.
In merito alle notizie di stampa – diffuse nella giornata di giovedì 4 settembre e provenienti dal Summit NATO in corso in Galles – secondo cui il Governo Renzi avrebbe concesso l’autorizzazione ai negoziati con Kiev per l’acquisizione da parte delle forze armate ucraine di 90 veicoli armati dell’Iveco, Rete Disarmo chiede al Ministro degli Esteri Federica Mogherini di riferire prontamente in Parlamento a riguardo.
La Rete Italiana per il Disarmo ribadisce la propria contrarietà ad ogni fornitura di armi e sistemi militari a Paesi in stato di conflitto armato, come prevede chiaramente la normativa vigente (Legge n. 185 del 1990 e successive modificazioni) per cui l’esportazione di materiali d’armamento è vietata “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere” (articolo 1 comma 6).
Non bisogna inoltre dimenticare che un recentissimo (29 agosto) Rapporto dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite (UNHCHR) per i diritti umani ha documentato “gravi violazioni dei diritti umani commesse in primo luogo da parte dei gruppi armati che hanno preso il controllo su gran parte delle regioni di Donetsk e Luhansk in Ucraina orientale, dalla metà di aprile. Il Rapporto documenta inoltre le violazioni commesse dalle forze ucraine nei loro sforzi per riconquistare il territorio da cui i gruppi armati suddetti stanno conducendo operazioni e in cui hanno installato obiettivi militari”. Va ricordato come la Legge 185/90 preveda un divieto di esportazione di armamenti in Paesi in cui siano documentate da parte di Istituzioni internazionali gravi violazioni dei diritti umani.
La situazione in Ucraina è da diverso tempo drammatica e complessa, ma ancora una volta le istituzioni internazionali, compreso il nostro Governo, cedono all’istinto insensato di risolverla aumentando la presenza di armamenti nella regione, contribuendo così ad un confronto “muscolare”.
Ancora più che in altri casi, ciò appare piuttosto un appoggio commerciale per la vendita di armi “made in Italy” se consideriamo che dal momento di autorizzazione al negoziato al quello di effettiva consegna dei veicoli passeranno diversi mesi e molto probabilmente anni. Per cui con la fuorviante giustificazione di un appoggio all’Ucraina in una situazione di emergenza si sta favorendo un accordo commerciale che di fatto aggira i principi e le norme della nostra legislazione.
Se confermata, questa operazione sarà dunque in netto contrasto con lo spirito della legge 185/90 e con il Trattato Internazionale sul Commercio di Armi ratificato lo scorso anno con voto parlamentare unanime. Siamo quindi costretti a reiterare la nostra richiesta – finora inascoltata – di un incontro con il Governo sulla legge 185/90 che regola export d’armi.
Da anni denunciamo una sempre minore trasparenza – per come i dati sono esposti – confermata anche nella recente pubblicazione della Relazione relativa all’anno 2013. Riteniamo gravissimo inoltre che il Parlamento da sei anni non discuta questo documento, che dovrebbe invece fornire elementi fondamentali per la nostra politica estera.
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Le notizie di stampa che riportano l’autorizzazione al negoziato di Iveco con Kiev e da cui origina questo nostro comunicato sono:
Anche l’Italia aiuterà Kiev, l’ipotesi dei veicoli Iveco
Gli Usa: “Subito nuove sanzioni alla Russia” Ma gli europei frenano: “Prima il dialogo”