“La scienza della libertà. A cosa serve la sociologia?” è un saggio che raccoglie le nuove conversazioni, chiare, fresche e illuminanti di Zygmunt Bauman (Erickson, 2014, 154 p., euro 15).
Gli esseri umani fanno esperienza dei variegati fenomeni naturali e sociali e fanno esperienza delle ambivalenti reazioni personali ai diversi ambienti sociali. L’antropologo Frederick Barth ha documentato che anche tra comunità molto simili, i gruppi umani tendono a tracciare confini per rafforzare le identità e creare delle rivalità: “le differenze vengono cercate avidamente, e solitamente trovate o inventate nonché zelantemente registrate perché i confini, una volta tracciati, richiedono fortificazioni e legittimazione” da parte di tutta la comunità (p. 33).
Comunque la necessità di raccontare delle buone storie accumuna la letteratura e la sociologia: “il loro rapporto è un mix di rivalità e mutuo supporto” (p. 36). Le metafore sono sempre fondamentali, “poiché lo stesso linguaggio non è altro che una espressione metaforica dell’esperienza umana” (Carol Shields, scrittrice canadese). Per i sociologi il conformismo istituzionale è il pericolo più presente. In questi casi la scienza diventa uno strano congegno che permette a persone non creative di partecipare a un lavoro creativo (Abraham Maslow).
Inoltre i sociologi e gli scrittori possono perdere il controllo dell’interpretazione dei loro messaggi: “Una volta inviati, i messaggi assumono proprie vite autonome. Nella comunicazione, il significato voluto dei messaggi e il loro significato percepito sono legati, ma il secondo non è mai totalmente determinato dal primo” (p. 119). Le persone capiscono quello che vogliono (o possono) capire.
Del resto le relazioni umane sono ambigue, “l’agonia delle istituzioni sociali inizia il giorno dopo la loro nascita” e la civiltà è un compromesso in cui alcuni valori vengono sacrificati a beneficio di altri. Ad esempio si scambia la sicurezza personale e familiare con le libertà personali (Freud).
La conoscenza sociologica aumenta le possibilità di fare buone scelta personali e comunitarie, si sviluppa in ambienti culturali in continua trasformazione e negli anni di rapida trasformazione generazionale deve barcamenarsi sulle onde tempestose della realtà per descrivere le crisi dell’interregno gramsciano: “La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere” (Quaderni dal carcere). Per influenzare i fenomeni sociali a livello statale, bisogna sapere quali canzoni la nazione vuole cantare, ma nessuno può dire quali canzoni la nazione avrà voglia di cantare in futuro (Vaclav Havel). Però qualche suggerimento è sempre possibile.
In definitiva la sociologia è la scienza della libertà, poiché “Se il pensatore di professione ha un dovere assoluto, è quello di conservare la mente lucida di fronte agli idoli che imperano nel nostro tempo, e se necessario nuotare controcorrente” (Max Weber). Il sociologo deve anche pensare al futuro: “Coloro i quali hanno avuto l’opportunità di dedicare la propria vita allo studio del mondo sociale non possono restare neutrali e indifferenti di fronte alle lotte che hanno come posta il futuro del mondo” (Pierre Bourdieu, La miseria del mondo, 1993).