Una conferenza stampa corale, polifonica, per prospettare la riconversione della fabbrica di bombe RWM Italia Spa di Domusnovas – da trasformare in polo caseario regionale – si è svolta lunedì 7 dicembre, davanti al Ministero dello sviluppo economico a Roma. Ad intervenire attivisti di Sardegna Pulita, una esponente di DonneAmbiente Sardegna, Don Angelo Pittau della Pastorale del Lavoro, tre attiviste di Wilpf Italia.
Angelo Cremone ha parlato dell’incoerenza dei politici che hanno consentito gli anni scorsi la vendita di bombe prodotte in Sardegna a Paesi belligeranti come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti contravvenendo la Legge 185/90 (Sardegna Pulita ha sporto denuncia alla Procura di Cagliari per cinque ministri, tutt’ora in esame), politici passibili di essere giudicati perché la legge è uguale per tutti. Forte nel suo intervento il desiderio di pulire la macchia infamante caduta sulla Sardegna per le morti di tanti civili, soprattutto bambini. Pesante da constatare l’approvazione di certa produzione da parte di sindacati compresa la CGIL sarda, politici di sinistra e destra, leghisti, per garantire sviluppo e posti li lavoro.
Ennnio Cabiddu, sociologo rurale, agronomo, tre volte sindaco, è l’ideatore del progetto di riconversione la cui particolarità è di inaugurare una produzione biologica, perché l’involucro per la realizzazione dei formaggi è la terra cruda, l’adobe. Il latte ovino troverebbe un impiego diversificato, contro la destinazione monopolistica per la produzione del pecorino romano, il cui prezzo finisce per condizionare il costo del latte al punto da esasperare ciclicamente i pastori. Si direbbe, in altre parole, che il progetto mira alla sovranità alimentare. Essendoci in Yemen molti capi di ovini e caprini, più che in Sardegna, è prevista una filiale della fabbrica anche lì, a parziale risarcimenti del danno provocato a causa delle bombe.
Don Angelo Pittau ha affrontato due aspetti: l’importanza del lavoro e la necessità di superare l’adozione della cassa integrazione per restituire dignità ai lavoratori e alle lavoratrici; il dramma della desertificazione della Sardegna, che richiede il ritorno alla cura della terra, della campagna, della pastorizia. (Pacifista sin dalla guerra in Vietnam, dove si recò, padre Pittau realizza in Sardegna corsi di formazione professionale per gli stranieri e ritorni assistiti di persone con un mestiere acquisito. Si occupa di piccoli progetti in America latina, HaÏti e Ciad. Sa cos’è la progettazione e condivide l’iniziativa).
Lidia Frailis ha citato il ricatto occupazionale in Sardegna che obbliga a fabbricare bombe, centrali a carbone o a lavorare nei poligoni militari. Si è rivolta a tutte le donne sarde invitandole a solidarizzare con la chiusura della fabbrica RWM.
Patrizia Sterpetti ha ricordato lo sviluppo del disarmo nella storia della Wilpf per mostrare come oggi si possa cambiare la Storia: dal Manifesto per il disarmo del 1921, al protocollo contro le armi chimiche del 1925, alla lotta contro le armi nucleari, alla pressione all’interno dell’ONU per correlare il commercio delle armi con le violazioni dei diritti umani. E’ stata aperta una prospettiva in base alla quale tutti i Paesi, in occasione dell’Universal Periodic Review presso il Consiglio dei diritti umani a Ginevra, vengono esaminati e monitorati in relazione all’attenzione dimostrata all’impatto delle armi esportate e acquisite sui diritti umani della popolazione civile, specie donne e bambini. L’Italia è stata incalzata nel novembre 2019 per avere consentito la vendita di armi a Paesi belligeranti e ancora nel giugno 2021 dovrà rispondere alle raccomandazioni di Namibia, Ecuador e Islanda su questo aspetto. E’ il caso, quindi, di rinnovare la sospensione per 18 mesi della vendita di bombe alla coalizione saudita, decisa nel giugno 2019 dal Parlamento italiano. Il tema dell’impatto del commercio delle armi è attecchito anche in ambito CEDAW (Convenzione per l’eliminazione di ogni discriminazione delle donne) e nel 2017 l’Italia è stata criticata per la sua parte di responsabilità nel conflitto yemenita. La Wilpf è riuscita ad inserire l’azione del Disarmo nel IV Piano di Azione Nazionale (2020-2024) che 86 Paesi nel mondo formulano per implementare la Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza, che riconosce le donne come mediatrici di conflitti e vittime specifiche degli stessi, destinando una parte dei fondi della cooperazione a rafforzare queste capacità e questo intervento. Il progetto, supportato dalla rete de “La Società della cura” si trova in sintonia anche con la discussione della rete “Sbilanciamoci” sulla riconversione dei 6 miliardi previsti nella Lagge di bilancio del 2021 per dotazioni d’arma.
Enrica Lomazzi ha esposto un progetto Wilpf dedicato al network tra pacifiste italiane e yemenite, riferendo un aggiornamento sulla situazione in Yemen esposto da Muna Luqman, presidente della “Food4Humanity Foundation”. Oltre a descrivere la pandemia, le alluvioni, la difficoltà degli spostamenti, l’esposizione maggiore delle donne al contagio per la cura di anziani e malati, Muna ricorda che le donne prima dell’ONU hanno chiesto il cessate il fuoco . Gli accordi di Riyadh dell’aprile 2020 hanno assorbito tanti suggerimenti delle donne ma il Consiglio di Sicurezza con la Risoluzione 2216 ha limitato il processo di pace coinvolgendo solo la coalizione saudita e gli Houthis, troppi attori locali sono stati esclusi. Il processo di pace deve aprirsi a tutti se vuol’essere effettivo. Infatti ancora le ostilità sono in corso.
Sancia Gaetani ha suggerito di dedicare il progetto di riconversione a Lidia Menapace, morta durante la notte, figura simbolica del Pacifismo.
All’iniziativa hanno aderito molti singoli e associazioni (vedi la lista sotto), in loco erano presenti l’U.S.B. e i COBAS. Cremone e Cabiddu hanno consegnato l’idea progettuale per farla protocollare. La sottosegretaria Todde ha dato la disponibilità ad un confronto in data da stabilire.
(Adesioni: La società della cura, Disarmisti Esigenti (Alfonso Navarra), Donne in Nero (Serenella Angeloni), Periodico Adista (Valerio Gigante), Periodico Italialaica (Mirella Sartori), Power and gender (Irene Giacobbe), Rete Rosa (Nadia Palozza), Mondo senza guerre e senza violenza (Tiziana Volta), Rete No War Roma, Emergency (Gino Strada), Unione Sindacale di Base Cagliari, Casa Internazionale delle Donne di Roma (Maura Cossutta), Association Women’s Mediterranean Region- Italia (Ada Donno), Comunità cristiana di base San Paolo di Roma (Nino Lisi).
(a cura di Patrizia Sterpetti)