Nonostante prosegua il disinvestimento di molte delle principali compagnie assicurative dal settore del carbone, gli impegni presi dal comparto assicurativo globale non sono ancora sufficienti per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e contrastare l’emergenza climatica in corso sul Pianeta. È quanto emerge dall’ultimo report della campagna internazionale Insure our Future – di cui fanno parte Re:Common e Greenpeace – che, da questa edizione, valuta anche gli impegni del settore assicurativo nel comparto di petrolio e gas. Se il carbone è infatti responsabile del 40 per cento delle emissioni globali di CO2 relative al settore energetico, la combinazione di petrolio e gas arriva al 55%.
Secondo quanto contenuto nel report di Insure our future, la maggior parte degli assicuratori europei e australiani non fornisce più copertura a nuove miniere o centrali a carbone. Tuttavia, le principali compagnie statunitensi e asiatiche, come Liberty Mutual, Chubb, Tokio Marine e Sompo, nonché la londinese Lloyd’s, assicurano ancora pesantemente il settore del carbone. Inoltre il comparto assicurativo globale non è finora riuscito a intraprendere iniziative di rilievo su petrolio e gas.
Assicurazioni Generali, principale compagnia assicurativa italiana e leader a livello mondiale, pare invece aver fermato il suo contributo al contrasto all’emergenza climatica in corso. Se si escludono i recenti impegni relativi al settore delle sabbie bituminose, gli ultimi impegni di rilievo rispetto all’esposizione nel settore del carbone sembrano fermi al 2018, e sono insufficienti.
«Con il suo ostinato sostegno a PGE, la più importante società energetica polacca e controllata dallo Stato, Generali sta ostacolando la giusta transizione della Polonia verso un futuro all’insegna delle rinnovabili», affermano Re:Common e Greenpeace.
Nonostante nel 2019 la produzione energetica di PGE dipendesse dal carbone per il 91%, il Leone di Trieste si ritiene soddisfatto dei progressi di PGE in materia climatica e ambientale. «È davvero difficile comprendere questa soddisfazione, dal momento che il piano di transizione di PGE, reso pubblico il 19 ottobre 2020, ha più incognite che certezze», aggiungono le due associazioni.
Il riferimento è alla Strategia 2030 della società polacca, che vorrebbe cedere i suoi asset del carbone a un non meglio precisato nuovo ente. Ciò che è certo, è che la “transizione” sarà trainata dal gas fossile, e che gli asset del carbone ceduti non faranno altro che produrre perdite, pagate quindi dai contribuenti. PGE si trova poi al centro di due contenziosi: la causa mossa da ClientEarth per la centrale di Belchatow, e l’esposto della Repubblica Ceca al Parlamento Europeo per la minera di Turow – passo propedeutico a portare il caso dinanzi alla Corte di Giustizia europea.
Se il legame di Generali con il carbone desta ancora molte preoccupazioni, quello con petrolio e gas non è da meno. Di recente, rispondendo al questionario di CDP (ex-Carbon Disclosure Project) in relazione alla propria azione climatica, Generali ha fatto sapere di avere meccanismi interni che permettono, in via eccezionale, di assicurare società petrolifere e del gas.
«Questi meccanismi interni non sono certo una policy, e Generali lo sa bene avendone adottata una sul carbone, soggetta a pubblico scrutinio. Se la compagnia triestina è seria nel suo impegno per contrastare il cambiamento climatico, è ora che si doti di una policy pubblica anche su petrolio e gas, come hanno fatto di recente altri assicuratori, tra cui Swiss Re e Aviva», concludono Re:Common e Greenpeace.
Dal lancio della campagna Insure Our Future, nel 2017, almeno 23 compagnie assicurative hanno terminato o limitato la loro copertura a progetti del settore del carbone, mentre 65 hanno adottato politiche di disinvestimento o si sono impegnate a non effettuare nuovi investimenti nel carbone. Il comparto assicurativo globale si trova nella posizione privilegiata di facilitare una giusta transizione, cessando di assicurare progetti e compagnie che alimentano il riscaldamento globale ben oltre la soglia di 1,5°C: senza la loro copertura assicurativa, queste aziende non potrebbero operare.