“In dieci anni il debito dello Zambia è triplicato, mangiandosi il bilancio e innescando tagli a catena della spesa sanitaria”: Francis Mupeta, capo del dipartimento Malattie infettive alla University Teaching Hospital, parla con l’agenzia Dire dopo il default di Lusaka. Il medico è uno dei firmatari di un appello rivolto al G20 da oltre mille professionisti della sanità, impegnati in 66 Paesi, in rete con l’ong Oxfam, in favore di una cancellazione del debito contratto dagli Stati più fragili del mondo.
“Nello Zambia [il debito] è aumentato dai circa tre miliardi e mezzo di dollari del 2011 agli 11 miliardi e 600 milioni di quest’anno” dice Mupeta. “Questo ha reso difficile per il governo rispettare la tabella dei pagamenti: il presidente della Repubblica ha perfino sostenuto che il servizio del debito vale il 90 per cento del bilancio e che per il resto avanza solo il 10”.
Secondo stime del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, quest’anno Lusaka avrebbe dovuto versare solo per il servizio del debito un miliardo e 700 milioni. Troppo, anche a giudicare dall’esito di venerdì, quando è stata dichiarata la condizione di insolvenza. Secondo il ministro delle Finanze Bwalya Ng’andu, la responsabilità è di banche e fondi di investimento che si sono rifiutati di sottoscrivere un impegno di “riservatezza” sulle clausole relative a debiti contratti da Lusaka con la Cina per circa tre miliardi di dollari. Il consorzio di creditori Zambia External Bondholder Committee ha però rovesciato l’accusa, denunciando una mancanza di “trasparenza” che avrebbe reso impraticabili misure di sostegno straordinarie.
Secondo Mupeta, il risultato rischiano di pagarlo i cittadini, anzitutto in termini di assistenza. “Già negli ultimi anni lo Zambia si era allontanato dall’obiettivo fissato dalla Dichiarazione di Abuja, che impegna gli Stati africani a devolvere nella tutela della salute almeno il 15 per cento dei loro bilanci” ricorda il medico. “Nel 2012 il nostro dato era di circa il 12 per cento: oggi è crollato al nove”.
Tagli, questi, che in tempi di pandemia fanno ancora più male. “L’approvvigionamento di attrezzature mediche e farmaci essenziali è sempre più difficile a causa dell’inflazione e dell’aumento dei costi delle importazioni” osserva Mupeta. “Molti dottori restano disoccupati nonostante di loro ci sia estremo bisogno, mentre le catene delle forniture vanno in tilt perchè mancano i fondi”.
Allo University Teaching Hospital, oltre 1.600 letti, la struttura più grande dello Zambia, in prima fila nella formazione dei professionisti di domani, sperano ancora che qualcosa possa cambiare. Per il mese prossimo, con l’ipotesi di un nuovo prestito da un miliardo e 300 milioni, a Lusaka è attesa una missione del Fondo monetario. “Servirebbe un programma di ristrutturazione” dice Mupeta: “Il debito deve essere gestibile; solo così l’assistenza medica può essere garantita”.