Tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre, l’uragano Eta, di 4^ categoria della scala Saffir-Simpson, ha prima impattato sulla Regione autonoma della costa caraibica nord (Raccn) del Nicaragua con venti ad oltre 240 km/h, e ha poi proseguito la sua traiettoria verso l’Honduras e il Guatemala già declassato a tormenta tropicale. Dietro di sé ha lasciato morte e distruzione.
La protezione civile honduregna (Copeco) ha riportato la morte di 74 persone, più di mezzo milione di famiglie colpite (quasi 3 milioni di persone), di cui 60 mila quelle evacuate. In Guatemala la furia di Eta ha fatto 46 morti, 96 dispersi e ha colpito quasi un milione di persone. Distrutte anche le coltivazioni di circa 700 mila persone. Incontabili i danni alle strutture e infrastrutture pubbliche e private e alle attività produttive.
Forte anche l’impatto su altri paesi della regione come la Costa Rica e Panama, con piogge battenti, violente inondazioni e gravi danni alle infrastrutture.
Non sono nemmeno mancate le polemiche che hanno accompagnato l’impatto di Eta sull’America centrale, sia per la mancanza di piani di emergenza adeguati che per la lentezza nella risposta al grave pericolo di cui si era a conoscenza da diversi giorni.
In modo particolare, l’amministrazione Hernández in Honduras è stata accusata di avere atteso fino all’ultimo momento prima di disporre lo stato di massima allerta su tutto il territorio nazionale1, privilegiando gli interessi dei magnati del turismo che speravano di rimpinguare le proprie casse durante la cosiddetta ‘settimana morazanica’, a scapito della sicurezza della popolazione.
Diversa invece la situazione in Nicaragua dove l’immediata attivazione di un efficiente ed efficace sistema di prevenzione dei disastri ha permesso che non ci fossero vittime, nonostante l’impatto devastante di Eta su strutture e infrastrutture pubbliche e private.
Arriva Iota
Nemmeno il tempo di rialzare la testa e contare i danni che l’uragano Iota, il trentesimo di questa stagione, di 5^ categoria, si è abbattuto nuovamente sull’America Centrale, seguendo quasi lo stesso percorso di Eta e impattando con raffiche di quasi 280 km/h sulla costa nicaraguense all’altezza della comunità di Haulover, a 45 chilometri a sud di Bilwi/Puerto Cabezas.
Impressionanti le immagini di lunedí 16 novembre diffuse dal National Hurricane Center di Miami, che mostravano l’intero Nicaragua completamente coperto dalla spessissima coltre di nubi dell’uragano, il più potente che abbia mai toccato suolo nicaraguense.
Durante il suo percorso, tutto quasi in linea retta fino ad arrivare in Honduras e poi in El Salvador, ha lasciato una nuova sequela di morte e devastazioni. Colpita anche l’isola colombiana di Providencia.
Secondo i dati diffusi fino a questo momento dalla protezione civile nicaraguense (Sinapred) sono 18 le persone che hanno perso la vita in Nicaragua e 2 i dispersi come conseguenza di alluvioni e frane. I decessi potrebbero aumentare nelle prossime ore quando continueranno le ricerche dei sopravvissuti dopo una frana nel Massiccio di Peñas Blanca, Tuma la Dalia, che ha travolto varie case, i cui abitanti si sono rifiutati di evacuare.
Devastata la costa caraibica nord, già messa a dura prova da Eta, in particolare le comunità di Haulover, Walpasiksa, Waspam, Wawa Bar, Alamikambang e il capoluogo Bilwi/Puerto Cabezas. Ingenti danni anche nel resto del paese, specialmente nel sud (Rivas) e nord (Matagalpa).
La vicepresidente del Nicaragua, Rosario Murillo, ha informato che sono state evacuate e messe al sicuro più di 160 mila persone in 1.195 rifugi e 2.300 ‘case solidali’, i cui proprietari hanno dato la disponibilità ad accogliere temporaneamente gli sfollati. Due giorni dopo il passaggio di Iota sono ancora quasi 51 mila le persone nei rifugi. Più di 103 mila sono invece le persone schierate a livello nazionale per affrontare l’emergenza.
Già attivate tutte le risorse umane e tecniche per una prima valutazione dei danni, per assicurare l’assistenza agli sfollati, garantire il ripristino dei servizi pubblici essenziali (elettricità, acqua potabile, telecomunicazioni e vie di comunicazione) e per preparare i piani di ricostruzione.
In Honduras, Iota è entrato già declassato a tormenta tropicale. I danni sono comunque ingenti, soprattutto nel nord (Valle de Sula, Aguán e Costa Caraibica) e nel sud (Choluteca, Valle, El Paraíso). Completamente inondato l’aeroporto di San Pedro Sula che tornerà operativo solo tra un mese.
Quattro presidenti centroamericani (Costa Rica, Honduras, Guatemala e Nicaragua) si sono riuniti virtualmente con il presidente del Banco centroamericano di sviluppo economico (Bcie) per sollecitare aiuti economici immediati per far fronte all’emergenza e promuovere misure di adattamento ai cambiamenti climatici. Hanno inoltre chiesto facilitazioni per l’accesso ai fondi verdi.
Intanto arrivano i primi aiuti. La discussa Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid) destinerà 17 milioni di dollari a Honduras (8,5 milioni), Guatemala (7 milioni) e Nicaragua (1,5 milioni).
I rappresentanti diplomatici di questi tre paesi si sono riuniti lunedí 16 novembre con l’Instituto Italo-Latino Americano (IILA). L’obiettivo è quello di stabilire meccanismi per facilitare il flusso di aiuti a breve e medio termine provenienti dall’Italia
Prevenzione e organizzazione
Il dramma che vivono in questi giorni milioni di centroamericani lascia importanti insegnamenti che i governi devono cogliere.
La creazione di un efficace sistema di prevenzione dei disastri e l’immediata attivazione di piani di emergenza ed evacuazione, insieme alla promozione di politiche pubbliche che mettano al centro la sicurezza della persona, sono elementi imprescindibili per la salvaguardia della vita. L’esperienza del Nicaragua è un esempio per il resto della regione.
Tutto ciò non sarebbe comunque sufficiente senza l’esistenza di un’efficiente rete territoriale a livello nazionale, un’adeguata preparazione della popolazione in caso di disastri naturali e senza il coinvolgimento diretto della popolazione organizzata, al fianco delle istituzioni pubbliche preposte alla prevenzione, mitigazione e preparazione alle catastrofi.
Elementi fondamentali sono quindi la creazione di una cultura nazionale di previsione e prevenzione e la promozione della cultura della solidarietà.